«No a fratture Ue-Usa». E sul fisco boccia Salvini

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L’imbarazzo c’è. Tra l’incudine “dell’amico” Donald Trump e il martello dell’interesse nazionale, stella polare del sovranismo, a cui si aggiunge la necessità di restare aggrappata al treno dell’Unione europea.

Giorgia Meloni è ancora alla ricerca di una via d’uscita per indossare i panni della protagonista anche nei consessi europei. Dove, finora, ha vestito quelli della comprimaria. «Per me la priorità è sempre difendere l’interesse nazionale italiano e credo che sia nell’interesse nazionale italiano evitare qualsiasi possibile frattura all’interno dell’Occidente perché una divisione, una frattura, divisioni in generale ci renderebbero solamente tutti quanti più deboli», ha detto la premier che, per l’occasione, ha scelto un palcoscenico mediatico “nuovo”, almeno per le sue abitudini. Lo studio del programma su Rai 1 di Francesco Giorgino, XXI Secolo.

Ciò nonostante è ottimista: «La distanza è solo nei toni». Anche se poi ha riservato all’inquilino della Casa Bianca un piccolo buffetto sulla questione dazi. «Una guerra commerciale non conviene a nessuno, neanche agli Stati Uniti», lasciando intendere che il concetto sarà ripetuto in futuro: «È uno dei temi che affronterò e in parte ho già affrontato con il presidente Trump. Il nostro interesse è completamente opposto a quello che sta dichiarando, poi vedremo che cosa accadrà nei fatti».

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Non una presa di distanza dal tycoon, ma un primo raffreddamento. Anche sull’Ucraina: «Nemmeno lui può permettersi un accordo violabile». E in generale ha puntualizzato: «Non manderemo soldati italiani, è una cosa complessa». Incalzando le opposizioni: «Dicano se loro vogliono mandarli».

Meloni, che ha ringraziato Carlo Conti per il suo «Sanremo senza soloni», ha difeso la riforma della giustizia («non è contro i magistrati») e si è occupata di economia. Ha chiarito quale sarà il prossimo passo sul fisco. Non la rottamazione delle cartelle chiesta dalla Lega, ma la riduzione delle aliquote Irpef del secondo scaglione, bandiera di Forza Italia.

«La prossima priorità deve essere il ceto medio, la nostra riforma fiscale prevede come obiettivo finale abbassare le tasse a tutti», ha ribadito la presidente del Consiglio che ha replicato alle opposizioni sull’aumento della pressione fiscale: «Aumentano i dati della pressione fiscale perché c’è più gente che lavora, perché questo governo ha portato al record storico di proventi dalla lotta all’evasione».

Le piazze di Salvini

Nell’alleanza di governo il clima di tensione è destinato ad aumentare. Matteo Salvini non è intenzionato a fare concessioni sulla linea di politica estera. Così come sull’economia, in particolare sul fisco. Il vicepremier ha infatti rilanciato le «piazze della pace» l’8 e 9 marzo. «Pace in Ucraina, finalmente, e pace fiscale in Italia (la rottamazione delle cartelle, ndr)», è lo slogan scelto dal leader della Lega per lanciare la mobilitazione, molto ambiziosa, di animare mille piazze.

«Chiediamo la fine della guerra nel momento in cui Macron e von der Leyen parlano di invio di truppe», ha ribadito il ministro delle Infrastrutture, marcando la precisa distanza dalla strategia europea. E creando una nuova frattura tra alleati: Forza Italia, con Antonio Tajani, ha una linea molto più aderente a Bruxelles.

Ma più che i problemi interni, Meloni ha letto con una certa impressione un dato: il crollo delle vendite (il 40 per cento) delle Tesla, marchio simbolo di Elon Musk, in Europa nel mese di gennaio. I numeri vanno certo contestualizzati nell’ambito europeo. Un fatto, però, non sfugge: Tesla va in controtendenza visto che le auto elettriche hanno aumentano le vendite del 34 per cento nello stesso mese di riferimento.

Può significare che c’è maggiore concorrenza, ma anche che il brand – a lungo un vero status – non riesca ad avere il fascino di un tempo per ragioni politiche. Insomma, i sospetti di una sorta di boicottaggio non sono infondati. E una leader, come Meloni, molto attenta al consenso, sta valutando l’aspetto. Nell’inner circle di palazzo Chigi il tema è stato affrontato.

Satelliti a Montecitorio

L’iter del disegno di legge sull’economia dello spazio (che tra le altre cose interviene sulle norme per la gestione dei satelliti), approdato in aula alla Camera, è una mappa utile. Fratelli d’Italia non sta perorando una causa a favore di Starlink, i satelliti di Musk, come si poteva pensare.

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Sugli emendamenti riproposti delle opposizioni, il partito di Meloni ha assunto una linea cauta: non li ha bocciati né li ha abbracciati. L’orientamento, come trapela da fonti parlamentari, è quello di non esporsi troppo, lasciando aperto ogni spiraglio.

Il Pd sta cogliendo il disagio e continua a spingere sull’acceleratore per mostrare le ambiguità meloniane sulla materia. «Non stiamo chiedendo dazi anti-Musk ma garanzie per l’interesse e la sicurezza nazionale», ha ribadito il deputato dem, Andrea Casu, spina nel fianco della maggioranza sul ddl per normare la space economy.

La sfida è sempre sul territorio dell’interesse nazionale, stella polare anche del ministro del Made in Italy, Adolfo Urso e del governo, per ammissione di Meloni. «Un principio è inderogabile: la riserva di capacità di connessione satellitare per l’Italia deve garantire sicurezza e ritorno industriale per il sistema paese attraverso una chiara indicazione di priorità per il coinvolgimento di soggetti istituzionali nazionali», ha ribadito Casu, aprendo a riformulazioni degli emendamenti.

La partita, insomma, è tutta da giocare.

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