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È difficile rimanere indifferenti dinanzi a Clair Obscur: Expedition 33, a prescindere da quanta passione ci spinge verso i giochi di ruolo a turni. Dinanzi alle immagini e ai video promozionali è quasi ingiusto voltare altrove lo sguardo, e lasciare che siano solo i grandi nomi di questi mesi ad attirare interamente la nostra attenzione.

I motivi sono tendenzialmente due: anzitutto il giovanissimo studio Sandfall è alla sua opera prima come gruppo (per alcuni sviluppatori si tratta addirittura del primissimo gioco a cui lavorano), e non è scontato che un collettivo fuoriesca dall’ombra con un prodotto che, quantomeno sul piano concettuale, sembra frutto di tanta maturità ed esperienza; in secondo luogo, la direzione artistica è talmente seducente da far invidia ai quadri surrealisti a cui si ispira (se cercate un altro gioco molto ispirato, leggete la nostra prova di South of Midnight). Certo, a voler essere un po’ più cauti frenando gli entusiasmi, alcune cose potrebbero ancora andare storte, si pensi a un disequilibrio ludico man mano che si avanza nell’avventura, o a una narrazione che, pur dinanzi a ottime premesse, magari si arena sul più bello. I dubbi verranno fugati solo nella versione completa, ma per ora la prova di circa 4 ore con Clair Obscur è riuscita a rincuorarmi.

NB: Alcune informazioni e immagini contenute in questo articolo sono tratte dal volume La Belle Époque a Parigi di Loretta Eller, pubblicato da LuoghInteriori.

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Turni d’azione

Sandfall Interactive non vuole rinunciare a niente. Non sceglie, ad esempio, di concentrarsi perlopiù sulla componente stilistica e asciugare quella ludica. Tutt’altro, a dire il vero: gioca tutte le sue idee, puntando su una stratificazione ruolistica davvero niente male. E questo “coraggio” è motivo di vanto, almeno finché la portata dell’ambizione non supera la qualità della realizzazione. Fin qui, per fortuna, tutto sembra ben bilanciato, e ogni guizzo inserito dallo studio pare avere la sua ragion d’esistere e la sua coerenza d’insieme. Speriamo si mantenga così fino alla fine.

Dato l’approccio nient’affatto scolastico, gli autori francesi hanno reinterpretato i combattimenti a turni e li hanno resi, per usare le loro stesse parole, “reattivi”, con azioni da attuare in tempo reale. Oltre ai ben noti QTE che servono per massimizzare l’efficacia dei danni inflitti, troviamo proprio manovre difensive che richiedono un tempismo notevole. Quando tocca al nemico, i membri del nostro gruppo possono schivare i colpi (anche saltando) e addirittura pararli, a patto di premere i rispettivi input al momento giusto. Scansare gli assalti è ben più facile che bloccarli, ma a rischio aumentato corrisponde un vantaggio più sostanzioso: le parate perfette attivano un contrattacco bello pesante, capace a volte di mandare KO un avversario più debole con un singolo colpo. Impegnativo ma appagante, sia perché una simile e costante alternanza di turni e azione, riflessione e istinto tiene sempre desta l’attenzione, sia perché ne beneficia il dinamismo dei combattimenti, martellanti e intensi. Per ora tutto funziona senza inciampi, e a voler essere pignoli si potrebbe dire che a tratti c’è il ricorso a un virtuosismo scenico e registico talmente esuberante da sfociare nella confusione. Come se Sandfall volesse a tutti i costi puntare sulla spettacolarità per mettere in mostra le sue doti. Un “peccato di vanità” che è comunque facilmente perdonabile.

Quando si passa all’attacco, il sistema di lotta recupera gran parte della tradizione “a turni”, a cui si affianca comunque la possibilità di usare la mira libera con l’arma da fuoco e consumare PA per colpire i punti deboli di specifiche creature o per distruggere i loro scudi protettivi. Al classico attacco da mischia si alterna l’uso delle abilità di ciascun membro: nella demo ho potuto controllare tre eroi, ossia Gustave, Lune e Maelle, tutti con determinate doti offensive. Tra chi usa le abilità elementali e chi diverse “posizioni” di lotta, c’è ampio margine per valorizzare le caratteristiche dei singoli personaggi in funzione delle debolezze dei mostri.

Già nella versione di prova i duelli si sono dimostrati piuttosto diversificati, e siccome nel gioco completo dovremo controllare un party composto da 6 membri, è lecito attendersi un bel po’ di varietà. Benissimo così, insomma. Soprattutto se consideriamo che la personalizzazione sembra offrire una buona dose di libertà.

Le armi equipaggiabili, i talenti da sbloccare nell’albero delle abilità e gli immancabili Attributi da aumentare, si muovono in a braccetto con i Picto, una sorta di “modificatori”: oltre ad alterare alcune statistiche (ad esempio aggiungendo +25% di probabilità di colpo critico, giusto per dirne una…), sbloccano anche degli effetti passivi definiti Lumina, che a loro volta arricchiscono il bagaglio dei talenti dei vari eroi. Per farla breve: pur senza – almeno per ora…- sovraccaricare il giocatore con una pletora di abilità e variabili, Expedition 33 mischia le sue carte per lasciarci liberi di sperimentare.

Esplorazione e mappa del mondo

Dove Clair Obscur sceglie di essere più contenuto è nell’esplorazione. Le varie micro aree sono prevalentemente lineari, e giusto qua e là emerge qualche piccolo sentiero opzionale che cela risorse aggiuntive, registrazioni delle Spedizioni precedenti che forniscono dettagli sul contesto narrativo, e semplicissime prove da superare per ottenere materiale prezioso (come quella che richiede di scovare tre diversi “nuclei” spari in una zona ristretta per aprire una “Gabbia di Pittura” – un forziere, per dirlo in toni meno poetici – un po’ come accade per la sfida delle Rune in God of War).

Certe parti dei livelli si estendono anche in verticale, e con l’uso di un rampino magico è possibile raggiungere posizioni sopraelevate sia per osservare i nemici che si muovono sulla mappa (e quindi scegliere se ingaggiare o meno lo scontro), sia per individuare qualche NPC pronto a proporci un incarico extra. Non posso ancora esprimermi a sufficienza sulla qualità di queste mini missioni, e al massimo vale la pena sottolineare che quelle proposte nelle prime ore dell’avventura non brillano per struttura. Magari si faranno col tempo via via più elaborate. La demo ha fornito anche un assaggio della “mappa del mondo” tridimensionale, grazie alla quale spostarsi fisicamente tra le varie regioni. Chiaramente nella versione di prova la mobilità era limitata, ma è già noto che nell’opera completa avremo l’opportunità di esplorare l’intero continente in modi che oserei definire “non convenzionali”, tramite l’aiuto di un personaggio capace di trasformarsi. Nella mappa del mondo potremo incontrare boss secondari (che a quanto pare dovrebbero garantire un alto tasso di sfida), e anche allestire accampamenti di fortuna, dove risanare le energie, chiacchierare coi compagni e persino scegliere quale musica ascoltare.

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Nelle aree più circoscritte, invece, a fungere da punto di salvataggio sono le cosiddette Bandiere della Spedizione, stendardi posizionati strategicamente che si rivelano utili sia per attivare il viaggio rapido, sia per cambiare i punti Attributo, sia ancora per riposare e ripristinare le fiaschette del mana e della salute. Il contraccolpo consiste nella resurrezione dei nemici dell’area precedentemente sconfitti. Sì, lo so che vi ricorda qualcosa.

La Belle Époque

Ed eccoci arrivati alla parte che preferisco, ossia a quella direzione artistica che rappresenta il motivo principale per cui Expedition 33 non lascia indifferenti. L’opera si ambienta in una versione alternativa della Belle Époque, nel tardo 19esimo secolo. Non vorrei dilungarmi troppo sulla vicenda, e per questioni di completezza mi limiterò a dire che lo spunto narrativo di partenza vede una creatura sovrannaturale (forse di natura divina), chiamata La Pittrice, che ogni anno su un monolite enorme, la cui maestosità sovrasta l’orizzonte, dipinge un numero: chiunque possegga l’età indicata dalla cifra “cade in polvere” (per dirla à la Victor Hugo).

Molti altri gruppi di coraggiosi esploratori si sono avventurati invano alla ricerca della Pittrice prima dei membri della Spedizione 33, quella che il giocatore seguirà passo dopo passo. Le tracce del loro fallimento assumono le sembianze di file di cadaveri e sangue, vessilli e moniti di morte, di fatalistica inettitudine. Pur con qualche pennellata di umorismo qua e là, volto a stemperare (e giustamente!) la drammaticità degli eventi, la storia di Expedition 33 traccia sin da subito i contorni di una malinconica poeticità che pare inscenata con livido pathos, lirico dolore e disperata violenza. Circa il carisma della narrazione al momento c’è poco di cui lamentarsi, visto che colonna sonora, scrittura e interpretazione si attestano su livelli apparentemente molto elevati; così come sarebbe un esercizio un po’ puntiglioso cercare il pelo nell’uovo in una qualità visiva di indubbio valore.

Sì, c’è qualche flessione al ribasso legata alle animazioni e all’espressività dei volti, ma ricordiamoci sempre che Sandfall è un piccolo studio di sviluppo che sul versante artistico sta davvero compiendo un lavoro da encomio. I riferimenti alla “vera” Belle Époque si sprecano. Facciamo un passo indietro: il periodo storico in questione parte convenzionalmente dal 1872 (dopo la fine della Guerra Franco-Prussiana) e arriva all’inizio della Grande Guerra, nel 1914.

Con una sintesi estrema, parliamo di decenni forieri di cambiamenti storici, culturali e urbanistici: sono gli anni degli Impressionisti, dei Grandi Magazzini, della ristrutturazione urbanistica operata dal barone Georges-Eugène Haussmann che cambiò il volto di Parigi (di cui si percepiscono gli echi stilistici in Expedition 33), delle Esposizioni Universali, della Tour Eiffel, del cinema.

La Spedizione 33 parte per salvare il popolo di Lumière, il cui nome è tutto un programma: d’altronde, può essere connesso sia ai due celeberrimi fratelli che il 28 dicembre 1895 al Salon Indien du Grand Cafè allestirono la prima proiezione cinematografica, sia a uno degli antichi appellativi di Parigi, “Ville Lumière”, dato che le strade della Belle Époque erano illuminate giorno e notte dalla luce elettrica. Anche il nome del protagonista Gustave probabilmente non è scelto a caso, dato che rimanda a Gustave Eiffel, figura fondamentale del periodo.

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Artisticamente Sandfall si è ispirata al surrealismo (correte fiorita negli anni 20 del ‘900, ma che comunque riconosce le sue radici nel poeta e critico Guillaume Apollinaire, vissuto in piena Belle Époque) in virtù di scelte visive di irrazionale e onirica bellezza; ciononostante Expedition 33 recupera moltissime delle suggestioni cromatiche ed estetiche della Parigi di fine ‘800.

È sufficiente osservare qualche litografia o zincografia dell’epoca per cogliere le ispirazioni artistiche, dall’uso dei colori (il rosso in particolare, ritratto nei dipinti dei giardini delle Camelie), fino agli abiti dei personaggi, che richiamano – pur in chiave moderna – la moda del periodo, soprattutto femminile. Basti vedere, sempre a titolo d’esempio, i completi “floreali” dei protagonisti, in cui domina il bianco con tocchi di vermiglio, ravvisabili in cromolitografie o cartoline postali di inizio ‘900.

L’ensemble artistico, ludico e sonoro assume dunque forme sempre più chiare. Ciò che ancora resta oscuro andrà necessariamente valutato in fase di recensione, nella speranza che il dipinto ruolistico di Sandfall Interactive possa tener fede alle sue promesse.



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