«Ha usato il suo peso mafioso»

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MILANO «Quando è morto Vittorio loro si sono presentati a casa di Debora e hanno preso la cassa del gruppo, come se fossero loro i detentori del comando. Noi ci presentiamo con Marco a casa di questo Mimmo, e Mimmo si attacca con Marco (…) viene fuori una cosa che non ne veniamo a capo. Allora Marco decide di chiamare Antonio Bellocco e organizziamo…». È un fiume in piena Andrea Beretta, l’ormai ex capo ultrà dell’Inter, davanti ai pm della Dda di Milano. Decine e decine di pagine di verbali che stanno contribuendo a dipanare ombre e dubbi sulla gestione delle curve di San Siro, ma anche sui rapporti del tifo organizzato con la criminalità e, in particolare, con la ‘ndrangheta calabrese.

Le dichiarazioni

Accusato dell’omicidio di Antonio Bellocco, il classe ’88 ucciso lo scorso settembre a Cernusco sul Naviglio, “Berro” nelle dichiarazioni rese il 22 novembre 2024 ha parlato, tra le altre cose, dei rapporti con gli “Hammer” e delle ingerenze del rampollo del clan di ‘ndrangheta. «(…) Io, Marco, Antonio, c’erano due amici di Marco, di Carugate, che erano di quella zona lì, che erano venuti su per lavoro e poi sono tornati giù, non mi ricordo (…) io lo chiamavo uno il cacciatore, perché c’aveva il cappello e andava sempre in giro con gli scarponi tipo quelli da montagna, e un altro ragazzo che aveva a che fare con (…), quello dei cioccolati, lavoravano per lui… facciamo quest’incontro e secondo me il veicolo che ha portato Antonio sono questi due (…) dicono “ci potrebbe essere questa persona che ti potrebbe risolvere il problema”. Antonio quando sale dice che “tu devi dire che io e te già lavoravamo insieme, che eravamo già insieme in questa storia qua dello stadio, ero un socio occulto, quando andiamo da Mimmo” (…)».

Il “peso” di Totò Bellocco

«Perché poi dopo siamo andati da Mimmo… a fare le nostre rimostranze (…) “Guarda che dietro ci siamo noi”, gli ha detto Antonio, “Che ci conosciamo già con Andrea”, io non l’avevo mai visto in vita mia… “C’è Andrea, lo conosciamo da tempo, ti devi spostare” e in quel caso abbiamo ritirato tutti gli striscioni, no? Antonio subentra, Antonio subentra proprio per il discorso degli Hammer (…)».
Come raccontato da Beretta, dunque, «Antonio (Bellocco ndr) ha usato il suo peso, per approcciare questo qua… gli ha detto “Dovete spostarvi…”». E alla domanda se per caso Bellocco avesse fatto valere la sua “mafiosità”, Beretta risponde: «Sì». Secondo l’ex capo ultrà dell’Inter, però, la controparte non si sarebbe arresa tanto facilmente, anzi. «È sempre un continuo, continuano a chiamare gente, le loro conoscenze, questo Mimmo continua a chiamare persone, si presenta sempre qualcuno…». E tra queste “conoscenze” ci sarebbero altri soggetti calabresi. «(…) tramite questo Mimmo Bosa, è stato in galera, ha queste conoscenze del mondo dei calabresi, ogni tanto saltava fuori magari un personaggio che conosceva Antonio, il cugino, “No, dobbiamo sistemarci, dovete tenerci in considerazione”, capito?».

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Gli “altri” calabresi

E alla domanda del pm Dolci se, effettivamente, “Mimmo Hammer” fosse vicino a qualche soggetto calabrese, l’ultrà ha risposto: «(…) Morabito, Mancuso, De Stefano, tutti li conosce, conosce tutti, capito? (…) erano venuti al centro sportivo a minacciarmi, questo vecchio calabrese che mi sembra che faceva parte dei Mancuso o dei Morabito, ed è venuto insieme a questo (…) e con il cognato di (…) al centro sportivo a fare delle pressioni a me, no?». E ai pm spiega anche le sue ragioni: «Perché loro avevano detto “Tu non hai aiutato ‘Mimmo Hammer’, detenuto, non l’hai aiutato, non l’hai sostenuto”. E io ho detto “Ma questo non è che è stato arrestato per robe di stadio, è stato arrestato per i cazzi suoi” (…) Io personalmente ho dato un contributo, non è che posso prendere i soldi della cassa, siccome è stato arrestato perché andava a fare i cazzi suoi (…) gli avevo detto “guarda che gli Irriducibili sono l’unico gruppo che fa il merchandising e non versano niente nelle casse di curva Nord, quest’accordo è stato fatto proprio per aiutare il vostro leader”». E alla domanda del pm Storari su quanto effettivamente donasse, Beretta ha risposto: «Gli davo 50, 100, magari quando vedevo delle persone vicino a lui, Pedro così, “Toh, sono 50 euro per …”, 100 euro». (g.curcio@corrierecal.it)

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