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Investimenti 2025, Vanguard punta sui bond: ecco quanto possono rendere le obbligazioni dell’area euro in portafoglio #finsubito prestito immediato




Ultim’ora news 9 dicembre ore 20


Cautela sulle azioni, buone soddisfazioni dai bond. È un portafoglio da giocatori di difesa quello che Vanguard, seconda società di gestione più grande al mondo per masse (8.700 miliardi di dollari) fortemente specializzata in fondi indicizzati ed Etf, immagina per l’anno 2025. «Prosegue l’epoca del solido valore del denaro», scrive nell’outlook della società di gestione il senior economist per l’Europa Shaan Raithatha. Anche se le banche centrali stanno allentando le politiche monetarie i tassi ufficiali rimarranno, secondo Vanguard, ben più alti rispetto agli anni Dieci. Risultato? «Nel prossimo decennio per gli investitori in euro prevediamo rendimenti annualizzati del 2,2-3,2% per l’obbligazionario dell’area euro e del 2,3-3,3% per quello globale, area euro esclusa, con copertura valutaria».

Un anno per chi gioca in difesa

Una buona occasione, secondo la casa di gestione, per chi volesse cercare rendimenti abbassando la componente di rischio del portafoglio. Tanto che, si legge nell’outlook, «per gli investitori con un adeguato profilo di rischio potrebbe essere indicato un portafoglio più difensivo, visto che la remunerazione aggiuntiva per assumere rischio maggiore resta bassa in termini storici».

E le azioni? Vanguard resta più cauta, considerando soprattutto le valutazioni particolarmente alte raggiunte dal mercato americano, che da solo costituisce peraltro oltre i due terzi dell’azionario globale. «Alla fine le alte valutazioni di partenza spingeranno al ribasso i rendimenti a lungo termine», specifica l’outlook, pur ricordando che, serie storiche alla mano, «i rendimenti dell’azionario Usa possono continuare a sfidare la legge di gravità delle valutazioni a breve termine».

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Le valutazioni sono invece ben più economiche nel resto dell’universo azionario. Per il prossimo decennio, in definitiva, Vanguard si aspetta rendimenti del 5,1-7,1% per l’azionario dell’area euro e dei mercati sviluppati (Stati Uniti esclusi) mentre per gli emergenti, da un punto di vista di investitori in euro, ci si dovrebbe muovere tra il 3,1 e il 5,1%.

  • Leggi anche: Investimenti, Equita aggiorna il portafoglio per il 2025: più peso a due azioni finanziarie strategiche

Meno peso alle mosse Fed

Per quanto riguarda la prospettiva più strettamente economica, secondo il colosso del risparmio gestito l’enfasi sull’atterraggio dell’economia (duro o morbido?) che c’è stato nell’ultimo biennio verrà meno nel corso del 2025, a riprova del fatto che «questa enfasi potrebbe non spiegare appieno la crescita di eccezionale solidità coniugata alla discesa dell’inflazione che abbiamo osservato negli Stati Uniti». Sta partendo insomma, a detta di Vanguard, una nuova narrazione dell’economia e dei mercati.

L’outlook della società di gestione pertanto sta adottando «un quadro di riferimento incentrato sulle forze sul lato dell’offerta, come la crescita della produttività e l’aumento della forza lavoro disponibile, che hanno forgiato l’economia americana». Un approccio che, sottolinea il documento, «è più idoneo anche per tenere conto dei rischi emergenti, come quelli legati a politiche sull’immigrazione, fattori geopolitici e potenziali dazi».

La resilienza dell’economia a stelle e strisce insomma, secondo Vanguard, non è quindi attribuibile alle mosse della Fed. «A nostro giudizio», scrivono gli esperti, «il vigore degli Stati Uniti potrebbe essere dovuto più ai fortuiti fattori sul lato dell’offerta che a un soft landing della banca centrale».

Le pressioni sul pil

Questi fattori potrebbero proseguire ancora per tutto il 2025, anche se «i guadagni potrebbero essere controbilanciati qualora si materializzassero rischi legati a politiche come l’adozione dei tassi sulle importazioni e di stretta sull’immigrazione». In tale scenario la crescita del pil reale americano rallenterebbe dal 3% al 2%. Anche quella europea è infine vista al di sotto del tendenziale, «con il possibile rallentamento degli scambi globali che rappresenta un primario rischio per la regione». (riproduzione riservata)



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