PATRIZIA BARRESE
La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi e con gli stessi mezzi siamo forse giunti agli esiti finali della crisi russo-ucraina: dal lontano 24 febbraio 2022, è ancora conosciuta come una guerra estenuante e drammatica che ha scaraventato terreni e popoli, sopra un terreno geopolitico magmatico a livello internazionale. Perdite umane e scontri di pensiero, tra gli stati coinvolti, illusioni e dispendio economico dall’Europa all’America, continuano a creare una situazione di instabilità di tutti gli stati coinvolti. Pur essendo fenomeni bellici strettamente circoscritti e localizzati, l’incidenza sulle nostre vite ha visto anche l’Italia, a suo modo, in prima linea, non solo per la convinta adesione alla politica delle sanzioni economiche adottata dalla comunità internazionale nei confronti della Russia, ma anche per la scelta di assicurare aiuto e sostegno militare all’Ucraina, seppure non attraverso l’invio dell’esercito bensì nella forma della fornitura e messa a disposizione di armi.
Dopo circa 3 anni, dall’invasione russa nell’Ucraina che ha segnato l’escalation del conflitto russo-ucraino in corso dal 2014, forse siamo prossimi ad una svolta, il conflitto volge chissà verso una ragionevole conclusione. Nessuno aveva però percepito che le fondamenta politiche europee iniziavano a scricchiolare già da tempo e che le logiche dello “scontro tra potenze” avrebbero coinvolto contesti geografici sempre più ampi. Tra i due principali protagonisti, Vladimir Putin, con la sua folle idea di restaurare l’Unione Sovietica, una politica di potenza che si declinava da espansionismo territoriale in aggressione armata, e Zelensky, regista, attore, politico e presidente dell’Ucraina, privo di esperienza politica, si insinua Trump, presidente degli Stati Uniti, un mix micidiale di narcisismo, egotismo e determinazione.
Sul vocabolario Treccani si legge «La guerra è un conflitto armato tra due e/o più comunità politiche sovrane che si svolge secondo una precisa linea di demarcazione tra interno e esterno», ma ormai da anni il coinvolgimento dell’Europa che ha sostenuto in maniera fondamentale l’Ucraina attraverso contributi finanziari, militari e umanitari e l’appoggio alla popolazione, sta mettendo a dura prova anche l’Europa mentre Trump è tornato ad essere più realista e aggressivo che mai.
In Germania, l’Istituto per l’economia mondiale di Kiel a sostegno dell’Ucraina ha monitorato che sin dall’inizio del conflitto i flussi di sostegno da parte degli Stati Uniti, dell’Unione Europea nel suo complesso e di singoli Paesi si valuta per ben oltre 360 miliardi di euro in aiuti di cui solo 150 miliardi circa stanziati dagli USA. In questo contesto di supporto economico e morale, chi però comincia a mostrare cedimenti è l’Europa, che con buona certezza uscirà dal conflitto con i confini sbrandellati. Richiamando alla mente Tolstoj, nel suo racconto “Sebastopoli nel mese di dicembre”, in cui rappresenta la guerra in tutta la sua crudezza, pone un ovvio quesito:” Questo conflitto si poteva evitare? Poteva cessare prima?”. Forse Zalensky da attore e regista immaginava un palcoscenico di guerra, nella sua forma ordinata, bella e brillante, con la musica e il rullo del tamburo, con le bandiere al vento e i generali caracollanti. Zalensky, non partecipando attivamente alla guerra nella sua più schietta espressione di sangue, sofferenze e morte, si è prodigato a garantire il sostegno morale dell’opinione pubblica. Si è reso protagonista dello spazio virtuale, restando fisicamente a Kiev, ma partecipando in video ai dibattiti in ogni parte del globo con la sua innata passione teatrale, la sua vocazione per i palinsesti televisivi, capace di richiamare l’attenzione mobilitando le popolazioni di ogni Paese.
Forse siamo agli sgoccioli, tra gli USA che si sono preoccupati dell’aspetto militare, e l’Europa in senso lato di quello finanziario e umanitario, adesso le promesse e la posizione di Trump cambiano rotta, perché il neo Presidente parte “giustamente” all’attacco. Se con Biden, si è mantenuta una posizione cauta ma insufficiente per cambiare direzione al conflitto, l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca ha confermato la sua posizione di mantenere le promesse anticipate in campagna elettorale, sua la dichiarazione sulla possibilità di concludere la guerra in 24 ore risale all’estate del 2024 con Zelensky consapevole che ci sarebbe stata un’accelerazione da parte di Washington per cercare la chiusura del conflitto russo-ucraino. Trump comunica in modo diretto, senza mezzi termini, modalità comunicativa che se da un lato gli permette di esprimersi sinceramente e senza il desiderio di compiacere gli altri, mostrando di non prendere in considerazione i sentimenti dei suoi interlocutori, dall’altro questa modalità non gli consente di empatizzare con le persone, rischiando di inimicarsi alla gente, ma riuscendo a prendere decisioni molto velocemente e soprattutto riuscendo a mettere a posto i suoi avversari.
Non ultimo, il discorso che ha tolto il fiato al mondo, in cui Zalensky invitato alla Casa Bianca ha ascoltato duramente le posizioni di Trump, intenzionato e senza mezzi termini a valutare l’interruzione di forniture militari a Kiev e anche gli aiuti indiretti. Perché non è sempre vero che le guerre non si pagano in tempo di guerra, il conto come nel caso dell’Ucraina arriva prima e dopo, il supporto all’Ucraina ha visto da anni ormai il lato economico degli “stati aiutanti”, maggiormente interessato dagli shock bellici. La situazione è disarmante, il mondo guarda con ansia e preoccupazione le prese di posizione degli stati coinvolti in questa guerra atavica che vede Stati Uniti, Ucraina ed Europa, in un fermento intestino che ci si auspica non sfoci in un drastico effetto collaterale ma sperando nella disponibilità internazionale a rimanere uniti, sottolineando l’importanza della solidarietà e della cooperazione globale, per portare ad una pace definitiva e duratura.
L’Europa tuttavia deve svegliarsi e scevra da bandiere politiche deve ricordare che gli USA restano un partner strategico per se stessa e per l’Ucraina, visto il sostegno ricevuto nei tre anni di conflitto con la Russia. Vladimir Putin adesso sta procedendo “come se il tempo fosse dalla sua parte”, sta tessendo la tela di un ipotetico quadro dal titolo “Accordo di pace” che Trump dovrà realizzare a colpi di armi o di parole, certo è che con “il proprietario della Casa Bianca” Putin non potrà mai essere in conflitto, perché quest’ultimo oltre che essere scaltro in sordina è abile politicamente, ha uno sconfinato patrimonio economico e notevoli testate nucleari. Due leader che muovono il futuro del pianeta, con l’Europa immobile e capace solo di guardare, priva di leadership e con l’Italia incertae sedis con chi trattare. E tra i padroni del mondo, Putin, Trump e Xi Jinping, vi sono elementi che fanno pensare che l’Ucraina sia destinata a cedere visto che gli aiuti americani cominceranno a scarseggiare e le capacità militari e finanziarie degli stati europei saranno limitati.
Saranno i dettagli che emergeranno nelle prossime settimane a confermare o smentire l’annunciato disimpegno americano che sembra prendere forma. Certo alla luce degli ultimi avvenimenti la speranza tace ma la risposta migliore per gli europei sarebbe aprire gli occhi criticamente davanti a tavoli di trattative e sante alleanze oltre che attivare un rafforzamento delle proprie capacità militari, finanziarie e diplomatiche per acquisire maggiore controllo sulle sorti del continente perché dove andrà a finire l’Europa e come, resta da vedere. La risposta internazionale e la resilienza ucraina rimangono fondamentali nel plasmare il futuro di questa crisi e se anche il campionario di accuse e minacce di Trump sia vasto, sprezzante e fantasioso, a questo punto se il linguaggio diventa il campo minato, la guerra si può solo vincere o perdere proponendo una soluzione “accettabile” sia per Putin sia per il leader ucraino Volodymyr Zelensky.
Dopo l’ultimo allarmante scambio di vedute, durante l’incontro tra i due Presidenti -USA-Ucraina – c’è chi sostiene che la via più rapida per porre fine a una guerra è quella di perderla, invocando Zalensky a cedere perché spesso una battaglia perduta è un progresso conquistato, meno gloria, più libertà e la ragione a riprendere la parola, perché se non si pone fine a questa guerra, la guerra vedrà sgretolare quelle iniziali unioni fra gli stati economicamente sostenitori. In questa fase di indifferenza o di aperta ostilità, in questo scacchiere di tensioni e di scontri accesi e contemporaneamente ideologici, strategici ed economici, c’è da chiedersi quale sarà la prossima mossa del Presidente degli Stati Uniti, se sia ancora un partner o forse persino un avversario. E tra chi ancora conta le vittime di un ingiusto massacro e chi scommette sul vincitore di questa guerra, forse Trump adesso ambisce al premio Nobel per la pace, come dice la Bibbia “Beati i mediatori di pace”, Dio forse adotta le guerre per insegnare la geografia alla gente impreparata in materia.
Visite Articolo: 235
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link