Cade l’aggravante della finalità ‘ndranghetista che viene contestata nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano che ipotizza l’ombra della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto sugli illeciti fiscali che la famiglia Giardino avrebbe commesso in occasione dei lavori di manutenzione ferroviaria. Lo ha stabilito il Tribunale del riesame meneghino che, accogliendo la tesi dell’avvocato Roberto Coscia, difensore dei Giardino, ha anche escluso l’accusa di autoriciclaggio di denaro che la pubblico ministero, Bruna Albertini, muove agli indagati. Contestualmente, i giudici hanno confermato la misura cautelare in carcere per Alfonso Giardino mentre hanno disposto gli arresti domiciliari per Stefano Giardino. Invece, è tornato in libertà Antonio Giardino che in prima battuta era finito ai domiciliari.
L’inchiesta, venuta alla luce lo scorso novembre con otto misure cautelari eseguite dalla Guardia di finanza, deriva dall’operazione “Doppio binario” che nel 2022 consentì alla Procura antimafia di Milano di smantellare il presunto sodalizio criminale degli Aloisio-Giardino, attivo tra Varese e Verona, ritenuto responsabile di aver messo le mani, in maniera fraudolenta, sui lavori di ammodernamento della rete ferrovia con la somministrazione di manodopera ai gruppi aziendali vincitori delle gare indette da Rfi (parte offesa).
Le indagini hanno preso le mosse dal fallimento, nel 2022, della società “C.f.”, riconducibile a Domenico Giardino, in seguito alle interdittive antimafia emesse dalle Prefetture di Lodi, Verona e Bari che costrinsero l’impresa a non operare più nella manutenzione ferroviaria. Da qui la decisione dei Giardino, stando alla ricostruzione degli inquirenti, di costituire altre aziende affidandole a “tese di legno” usando il patrimonio della “C.f.”. E in questo contesto, per la pm, sarebbero stati compiuti diversi reati contabili al punto di agevolare il clan isolitano. Un’accusa, quella dell’agevolazione mafiosa, che il Tribunale del riesame di Milano ha estromesso.
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