La ‘Ndrangheta tra Roma e Latina: il ponte della droga sulla Pontina – ArtesTV

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La via Pontina non è solo una delle arterie più pericolose d’Italia per numero di incidenti stradali, ma rappresenta anche un asse strategico per il traffico di droga e le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Lazio. Il collegamento tra il quadrante sud di Roma e il litorale pontino ha visto, nel corso degli anni, una crescente presenza delle cosche calabresi, che hanno messo radici tra Anzio, Nettuno e Latina, estendendo la loro influenza fino alla Capitale. Se le mafie tradizionali romane hanno sempre avuto un ruolo nel traffico di stupefacenti, la ‘ndrangheta ha saputo inserirsi in modo silenzioso ma efficace, sfruttando la propria rete di contatti con i cartelli sudamericani e una struttura organizzativa capace di garantire affidabilità e continuità negli affari illeciti. Storicamente, la ‘ndrangheta ha trovato nel Lazio un terreno fertile per riciclare denaro, investire in attività commerciali e controllare il traffico di droga. Già negli anni ‘80 e ‘90, alcune famiglie calabresi si erano stabilite nel sud della regione, approfittando della vicinanza con il porto di Civitavecchia e con il litorale, punti di accesso strategici per l’importazione di cocaina. Negli ultimi vent’anni, l’infiltrazione si è consolidata, trasformando la Pontina in un vero e proprio corridoio della droga, utilizzato per rifornire non solo Roma ma anche l’intera provincia di Latina. I clan calabresi, rispetto alla criminalità autoctona, hanno imposto il loro metodo: meno clamore, più affari. A differenza dei gruppi criminali romani, spesso legati a figure carismatiche e violente, la ‘ndrangheta opera con una strategia di lungo periodo, basata su legami familiari e su una gestione quasi imprenditoriale del traffico di stupefacenti. Le città costiere di Anzio e Nettuno sono tra le zone più infiltrate dalla ‘ndrangheta nel Lazio. In questi territori, le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia hanno accertato la presenza di clan legati direttamente ai cartelli calabresi, in particolare ai Mancuso, ai Bellocco e ai Nirta, famiglie storiche della Locride e del Vibonese. Negli ultimi anni, diversi sequestri di droga e operazioni delle forze dell’ordine hanno rivelato che il litorale romano e pontino non è solo un mercato fiorente, ma anche un’area di stoccaggio e smistamento della cocaina destinata a rifornire la Capitale. La ‘ndrangheta gestisce i carichi con un sistema collaudato: le sostanze stupefacenti arrivano via mare o attraverso il traffico su gomma, con corrieri che percorrono la Pontina sotto l’apparente normalità del trasporto merci. A dimostrazione della forza delle cosche in questa zona, diversi locali e stabilimenti balneari sono stati sequestrati negli anni per sospetto riciclaggio di denaro, confermando che il controllo del territorio avviene non solo con la violenza, ma anche attraverso un dominio economico che soffoca la concorrenza legale. Se il litorale pontino è una base operativa, i veri affari si concludono a Roma Sud, soprattutto nelle zone di Spinaceto, Tor de’ Cenci e Laurentino, dove la criminalità calabrese ha trovato il modo di inserirsi nel tessuto economico e sociale della città. Qui, gli “epigoni” delle famiglie calabresi, ovvero i figli e i nipoti dei boss storici, hanno preso le redini degli affari, gestendo il traffico di stupefacenti e investendo in attività commerciali di copertura. La tecnica è sempre la stessa: bar, ristoranti, autolavaggi e società immobiliari usati per ripulire il denaro sporco e reinvestirlo nel mercato lecito. Roma Sud è anche il punto di connessione tra le ‘ndrine e le altre organizzazioni criminali romane, in particolare quelle legate agli ex Casamonica e alla malavita autoctona, con le quali si dividono il mercato degli stupefacenti. Latina rappresenta uno degli esempi più evidenti di come la ‘ndrangheta abbia saputo radicarsi nel tessuto economico e sociale della provincia. La città e il suo hinterland sono stati protagonisti di numerose operazioni antimafia che hanno portato alla luce un sistema di corruzione, estorsioni e narcotraffico legato alle cosche calabresi. I clan hanno qui un ruolo ben definito: controllano l’importazione di cocaina, gestiscono il pizzo su diverse attività e investono pesantemente nel settore immobiliare, approfittando della crescita demografica e del mercato delle seconde case.Negli ultimi anni, numerose aziende edili e imprese di servizi sono finite sotto sequestro per presunti legami con la ‘ndrangheta, confermando il processo di colonizzazione criminale che ha trasformato Latina in un hub strategico per il riciclaggio di denaro sporco. La risposta dello Stato e le sfide future Le operazioni antimafia hanno colpito duramente le cosche calabresi attive nel Lazio, con arresti eccellenti e sequestri di beni per milioni di euro. Tuttavia, la ‘ndrangheta ha dimostrato una capacità di rigenerazione impressionante, riuscendo a riorganizzarsi ogni volta che un’operazione giudiziaria smantella una parte della rete.Il problema principale resta l’invisibilità di questa organizzazione, che a differenza di altre mafie non si espone con atti eclatanti di violenza, ma lavora nell’ombra, corrompendo e infiltrando il tessuto economico e politico. La vera sfida per lo Stato non è solo colpire i boss, ma spezzare la rete di complicità e collusioni che permettono alla ‘ndrangheta di prosperare.La via Pontina, da sempre strada di collegamento tra Roma e il sud del Lazio, continua a essere una linea di confine tra legalità e criminalità organizzata, un corridoio della droga che, nonostante gli sforzi delle istituzioni, rimane strategico per il traffico illecito. Solo un’azione coordinata tra magistratura, forze dell’ordine e cittadini potrà impedire che questa arteria diventi sempre più un ponte della ‘ndrangheta nel centro Italia.



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