Milano, cronaca della conferenza sull’estremismo pro pal nelle università

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Le Università sono ancora uno spazio sicuro? Un evento in Regione Lombardia

Molto sentito per il tema affrontato, a maggior ragione in questo periodo in cui studenti ebrei e israeliani vengono attaccati negli atenei italiani, è stato l’evento tenutosi mercoledì 26 febbraio presso la sede di Palazzo Pirelli della Regione Lombardia, dal titolo Lo spirito critico e la ricerca della verità. Le Università sono ancora uno spazio sicuro?. Organizzato dall’ADEI-Wizo (sezione di Milano) e dall’Associazione Setteottobre, l’incontro è stato moderato dalla scrittrice e giornalista Luisa Ciuni.

Nell’introdurre la serata, il consigliere regionale della Lombardia Matteo Forte ha ricordato che “oggi sembra, non più solo da alcuni segnali, che le università, più che il luogo della ricerca della verità, siano diventate il luogo della censura e della propaganda”, diventando l’opposto di quella che in teoria dovrebbe essere la loro ragion d’essere.

La voce delle associazioni

Nel commentare la situazione, la presidente nazionale dell’ADEI-Wizo Susanna Sciaky ha dichiarato che “la domanda posta nel titolo di questo incontro non può lasciare nessuno indifferente, e impone a ciascuno di confrontarsi con il significato di quei valori che abbiamo considerato imprescindibili per la formazione degli individui, e che oggi sembrano messi alla prova dallo spirito dei tempi”.

Ha aggiunto che “siamo consapevoli di vivere in un momento storico, in cui nemici potenti sono riusciti a rivitalizzare e a diffondere il germe dell’antisemitismo. Lo ritenevamo impossibile, dopo l’orrore della Shoah, e a maggior ragione dopo che Hamas ha perpetrato l’eccidio più atroce subito dal popolo ebraico dopo il 1945. Siamo qui perché ci sbagliavamo: ignoranza e pregiudizio, per loro stessa natura, non sanno guardare né al passato né alla realtà oggettiva dei fatti, ma solo come riprodursi, contagiando ogni aspetto della vita pubblica”. Il risultato “lo vediamo nelle difficoltà che incontra persino un’associazione come la nostra, che si occupa di assistere donne e famiglie in difficoltà”.

Altrettanto sentita la testimonianza di Stefano Parisi, presidente dell’Associazione Setteottobre, il quale ha invitato all’evento i rettori di tutti gli atenei milanesi, ma sono venuti solo rappresentanti della Bocconi e della Bicocca. “Io penso che questo evento oggi non avrebbe potuto essere organizzato dentro un’università”, ha detto, a causa dei problemi di sicurezza che più volte si sono presentati. Ha spiegato che ai suoi tempi non vi erano “spazi sicuri” nelle università perché si era costantemente esposti ad opinioni discordanti dalle proprie e si imparava ad esporre le proprie tesi, mentre oggi “i campus di tutte le università occidentali sono diventati luoghi di intolleranza e di violenza”, a causa della “preoccupazione di non offendere le sensibilità degli altri”.

Il declino dell’università

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Diversi docenti universitari hanno portato la loro esperienza sul campo per illustrare qual è la situazione negli atenei italiani. La politologa Sofia Ventura, che insegna presso l’Università di Bologna, intervenendo da remoto sullo schermo ha affermato che “un momento di riflessione del genere è praticamente impossibile da immaginare in una università in questo momento”. Ha spiegato che “le università oggi da un lato non danno spazio ad un dibattito dalla tante voci, dall’altro invece sono in qualche modo dominate da un pensiero unico sul tema del conflitto israelo-palestinese”.

Ha portato una testimonianza simile anche Asher Colombo, presidente dell’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna, il quale ha proiettato sullo schermo delle slide che illustravano i risultati di un sondaggio da loro condotto tra settembre e ottobre 2023, che mostra come già subito dopo il 7 ottobre e prima ancora che iniziasse l’operazione militare israeliana a Gaza si era riscontrato un aumento dei pregiudizi antisemiti tra gli studenti delle università di Bologna, Padova e Milano Bicocca.

Passando dall’esposizione dei dati alle considerazioni personali, Colombo ha aggiunto che “anch’io ho un ricordo piuttosto chiaro dei movimenti studenteschi degli anni ’80 e ’90, e anche noi eravamo vittime di ignoranza e di idealismo. Ma quando contestavamo i professori, i professori ribattevano, ci rispondevano e ci dicevano ‘state dicendo delle scemenze, e vi spieghiamo perché’. Oggi, invece, questo non succede più”, forse perché le università non vogliono avere problemi o perché una parte del corpo docenti aderisce a certe narrazioni.

Dello stesso avviso è stato Luca Mocarelli, docente di storia dell’economia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Questi ha spiegato che la congiunzione tra internet, social e smartphone hanno portato sempre di più gli studenti ad illudersi di avere sempre tutte le informazioni a portata di mano e, di conseguenza, a studiare sempre meno sui libri di testo e in maniera sempre più superficiale, tanto che “oggi io insegno in maniera completamente diversa non solo rispetto a vent’anni fa, ma anche rispetto a dieci anni fa”.

Il vissuto degli studenti

Passando dai docenti agli studenti, è intervenuto Pietro Balzano, studente di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano e promotore del Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio. La sua iniziativa “è nata nell’aprile dell’anno scorso, quando sono stato invitato ad un dibattito che doveva essere aperto a tutti gli studenti” alla Statale, e ci è andato “pensando che fosse ancora possibile esprimere la propria opinione a prescindere da quale essa sia”. Tuttavia, “già quando sono arrivato, ho trovato quella che ormai era una situazione di non ritorno, perché era un’aula completamente piena di bandiere della Palestina, con mediatori che già si sono presentati dando per scontato che ci sia un genocidio”, minando alla base i presupposti per un dibattito equo.

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