Riforma del terzo Settore, cosa prevede tra novit� e problemi da affrontare. E quando entrer� in vigore in Italia


La riforma del Terzo Settore introduce importanti novit� per enti e associazioni. Cosa cambia, quali criticit� affrontare e quando entreranno in vigore le nuove regole in Italia

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La Riforma del Terzo Settore rappresenta un punto di svolta legislativo volto a semplificare e organizzare il variegato mondo degli enti no-profit in Italia. Introducendo un quadro giuridico unico, mira a regolamentare le attività degli Enti del Terzo Settore (ETS), riconoscendo l’importanza del loro ruolo sociale ed economico. Tra i punti centrali figurano l’istituzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e l’adozione di nuove norme fiscali, che saranno essenziali per garantire la sostenibilità di questi enti. La riforma non solo ordina un settore frammentato, ma lo proietta verso uno sviluppo più strutturato e sostenibile.

Origini e contesto della riforma del Terzo Settore in Italia

La Riforma del Terzo Settore ha le sue radici nella necessità di superare la frammentazione normativa e consolidare un sistema di regole chiare per gli enti no-profit. Questo processo è iniziato nel 2014, quando il Governo italiano, guidato dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, pubblicò le Linee guida per una riforma del Terzo Settore. Successivamente, nel 2016, venne approvata la Legge delega n. 106, seguita nel 2017 dai decreti attuativi, tra cui il Codice del Terzo Settore (Dlgs n. 117/2017).


In un contesto di crescita economica del settore no-profit, caratterizzata da un numero sempre maggiore di enti impegnati in attività di utilità sociale, emergeva la necessità di stabilire una definizione unitaria e regole comuni. Questo iter rispondeva alle richieste delle organizzazioni coinvolte, alla ricerca di maggiore riconoscimento e trasparenza.


Il Governo ha intuito il potenziale strategico del Terzo Settore come motore per una nuova economia sociale, affrontando problematiche storiche come l’eccesso di burocrazia e la mancanza di incentivi strutturali. Tra le norme abrogate, spiccano leggi come quella sulle Onlus e sulle associazioni di promozione sociale, sostituite da nuove disposizioni più moderne e integrate.

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Codice del Terzo Settore, struttura e principali novità

Il D.Lgs. 117/2017, noto come “Codice del Terzo Settore“, rappresenta il pilastro centrale della riforma. Ha introdotto:

  1. La definizione giuridica di Enti del Terzo Settore (ETS): organizzazioni che, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante attività di interesse generale.
  2. Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS): operativo dal 23 novembre 2021, sostituisce i molteplici registri precedenti (volontariato, promozione sociale, ecc.) unificando il sistema di registrazione e pubblicità degli enti.
  3. Nuove forme giuridiche e riorganizzazione di quelle esistenti:

    • Organizzazioni di Volontariato (ODV)
    • Associazioni di Promozione Sociale (APS)
    • Enti filantropici
    • Imprese sociali (disciplinate dal D.Lgs. 112/2017)
    • Reti associative
    • Società di Mutuo Soccorso

  4. Regime fiscale dedicato: con agevolazioni specifiche e un sistema di tassazione che tiene conto delle peculiarità degli ETS.

Il D.Lgs. 112/2017 ha rivitalizzato inoltre la figura dell’impresa sociale, precedentemente poco utilizzata:

  1. Ampliamento dei settori di attività: inclusione di nuovi ambiti come commercio equo, housing sociale, microcredito e agricoltura sociale.
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  3. Parziale distribuzione degli utili: possibilità di distribuire in misura limitata gli utili, superando il vincolo assoluto precedente.
  4. Incentivi fiscali e accesso a nuove forme di finanziamento: detrazioni per chi investe nel capitale delle imprese sociali e possibilità di raccogliere capitali attraverso piattaforme di crowdfunding.

Gli effetti concreti per gli enti del Terzo Settore

La Riforma del Terzo Settore ha portato cambiamenti notevoli negli aspetti operativi degli enti coinvolti. Tra i principali benefici, l’introduzione di regimi fiscali dedicati ha fornito un forte incentivo economico per migliorare la sostenibilità delle organizzazioni. Le agevolazioni fiscali, che includono esenzioni dall’imposta di bollo e crediti d’imposta per investimenti in immobili inutilizzati, facilitano la gestione economica per gli enti.


Inoltre, il processo di iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) garantisce maggiore visibilità e riconoscimento formale, migliorando la trasparenza dei dati e i rapporti con la pubblica amministrazione. I Titoli di solidarietà, uno degli strumenti innovativi introdotti, permettono agli enti di raccogliere finanziamenti attraverso canali agevolati, stimolando dunque nuove opportunità di sviluppo.


Importanti anche le novità nell’ambito dei rapporti di lavoro, con la destinazione obbligatoria degli utili al raggiungimento delle finalità statutarie e regole precise su retribuzioni e rendicontazioni. Gli enti possono beneficiare della promozione del volontariato, ampliando così il coinvolgimento della comunità nelle loro attività.


Infine, l’accesso ai Fondi progetti innovativi consente di finanziare iniziative su larga scala, mentre le semplificazioni burocratiche accelerano le tempistiche amministrative.

Il ruolo della Commissione Europea e il via libera fiscale

La Commissione Europea ha svolto un ruolo centrale nel garantire che le nuove norme fiscali a favore del Terzo Settore rispettassero le regole sugli aiuti di Stato. Dopo un’attenta analisi, Bruxelles ha riconosciuto che le agevolazioni fiscali concesse agli enti non costituiscono un vantaggio sleale, poiché tali organizzazioni perseguono finalità di interesse generale e pubblica utilità.


Il via libera ufficiale della Commissione è stato annunciato nel marzo 2025, permettendo l’attivazione delle norme fiscali a partire dal 1° gennaio 2026. Tra i punti principali riconosciuti, la defiscalizzazione degli utili reinvestiti e l’introduzione di misure per incentivare gli investimenti, come i titoli di solidarietà. Questi strumenti migliorano l’accesso ai finanziamenti e rafforzano il ruolo socioeconomico degli Enti del Terzo Settore nell’ambito delle economie locali e nazionali.

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Le nuove regole fiscali e incentivi per gli Enti del Terzo Settore

Le nuove regole fiscali introdotte dalla Riforma del Terzo Settore sono pensate per rendere economicamente più sostenibili le attività degli enti no-profit e per incentivare gli investimenti nel settore. Una delle principali misure è la defiscalizzazione degli utili reinvestiti, che consente agli enti di destinare integralmente le risorse al conseguimento delle finalità statutarie o all’incremento del patrimonio, senza l’applicazione di imposte sui ricavi.

Tra gli strumenti previsti figura il regime forfettario, riservato agli ETS non commerciali. In base alle attività svolte, i coefficienti di redditività variano dal 5% al 17%, mentre per associazioni di promozione sociale (APS) e organizzazioni di volontariato (OdV) si applicano regimi forfettari con soglie particolarmente vantaggiose (fino a 130mila euro di ricavi, con coefficienti rispettivamente del 3% e dell’1%).

Inoltre, il Social Bonus rappresenta un’opportunità per il finanziamento degli enti, offrendo crediti d’imposta fino al 65% per le erogazioni liberali finalizzate al recupero di immobili pubblici o confiscati alla criminalità. Allo stesso modo, le deduzioni e detrazioni fiscali supportano sia le persone fisiche che giuridiche a sostenere finanziariamente le attività del Terzo Settore.

Criticità e sfide ancora da affrontare nella riforma

Nonostante le innovazioni apportate dalla Riforma del Terzo Settore, restano alcune criticità e sfide irrisolte. Una delle problematiche principali riguarda la necessità di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione delle norme fiscali, in particolare sul calcolo del limite del 6% per distinguere le attività commerciali da quelle non commerciali.


Inoltre, il mancato coordinamento tra le nuove norme e il regime dell’IVA crea incertezza per gli enti, specialmente per quelli che operano in ambiti di servizio socio-assistenziale. Un altro nodo critico è rappresentato dalla mancanza di pieno funzionamento del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), che richiede maggiore velocità e trasparenza nella gestione delle iscrizioni.


Rimangono infine aperte questioni sulla corretta contabilizzazione dei costi e sull’attivazione completa di strumenti innovativi come i titoli di solidarietà.

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Prospettive future e data di entrata in vigore delle norme

La Riforma del Terzo Settore rappresenta un ambizioso tentativo di modernizzare e strutturare un settore fondamentale per il tessuto sociale italiano. Nonostante le criticità e i ritardi, il percorso di attuazione sta progressivamente completandosi, con l’attuazione delle disposizioni fiscali come ultimo tassello atteso.

Le nuove norme fiscali entreranno ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2026. Questo rappresenta una svolta per gli enti, che avranno tempo fino a tale data per adeguarsi ai nuovi requisiti normativi e organizzativi. Tra le prospettive future, vi è l’introduzione di strumenti finanziari come i titoli di solidarietà, che attendono ulteriore regolamentazione. Parallelamente, sarà fondamentale garantire l’armonizzazione tra le norme fiscali e il regime IVA, un aspetto che richiederà ulteriori chiarimenti normativi affinché gli enti possano beneficiare appieno delle nuove agevolazioni.

La riforma, una volta pienamente attuata, avrà inoltre un impatto trasformativo sul settore non profit italiano:

  1. Professionalizzazione: gli enti dovranno sviluppare competenze gestionali più strutturate
  2. Consolidamento del settore: probabile riduzione del numero di organizzazioni con possibili fusioni e aggregazioni
  3. Maggiore trasparenza: sistema informativo pubblico che permetterà di conoscere dimensioni e attività degli enti
  4. Dilazioni debiti fiscali

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  5. Rapporto rinnovato con la pubblica amministrazione: dal modello concessorio a quello collaborativo (amministrazione condivisa)
  6. Nuovi strumenti di finanziamento: ampliamento delle possibilità di accesso a capitali e risorse



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