La carcassa di quel che resta dell’Ucraina sembra aver attirato anche i più spregiudicati imprenditori italiani. Con le polemiche di questi mesi sull’accordo sulle terre rare tra Washington e Kiev che non si sono ancora placate del tutte, e con l’Ucraina che si trova sempre più sull’orlo del collasso dal punto di vista economico, demografico e militare ecco che quel poco che resta diventa un importante ed appetitoso boccone per quegli imprenditori pronti a fare soldi con il sangue e sulle spalle di un paese venduto a prezzo di saldo da una classe dirigente che appare sempre più corrotta e inerte.
Entrando nel merito La Camera di Commercio Italiana per l’Ucraina e Feder-Camere hanno lanciato una missione d’affari a Leopoli dal 5 al 9 maggio 2025, con tavole rotonde, conferenze e un contributo a fondo perduto per le prime 20 aziende accreditate, in collaborazione con la Camera di Commercio Internazionale d’Ucraina e le agenzie regionali di Leopoli, Zhytomyr, Cherkasy e Odessa, nonché gli apparati politici e militari di quel che resta del comatoso governo ucraino.
Sotto l’apparente obiettivo di “contribuire alla ricostruzione” del Paese, questa iniziativa si inserisce in un contesto bellico in cui imprese italiane come Leonardo e altre hanno aumentato le esportazioni di armamenti all’Ucraina, portando la quota di munizioni esportate dall’UE dal 19% al 34% nel secondo trimestre 2024. Contemporaneamente, l’industria bellica nostrana ha registrato una crescita esponenziale nelle esportazioni di sistemi d’arma – l’Italia ha segnato un +86% nel 2022, posizionandosi sesta al mondo tra gli esportatori di armamenti – pur dichiarando di voler sostenere la ripresa civile dei territori colpiti. Una contraddizione in termini.
In questo scenario, il governo italiano non solo ha esteso le forniture belliche all’Ucraina fino alla fine del 2025, ma continua a autorizzare pacchetti di aiuti militari e appalti per sistemi d’arma, rafforzando la propria presenza nell’industria della difesa. Dato che la grande maggioranza dell’opinione pubblica è contraria all’invio di armi italiane in Ucraina e la gran parte della popolazione è fortemente scettica rispetto all’adesione dell’Italia alla Nato e ai cosiddetti “valori dell’Occidente” secondo un recente sondaggio de “Il Sole 24 Ore” ecco che il Presidente Meloni non ha avuto altra scelta se non quella di porre il segreto di stato in merito alla reale quantità e qualità degli aiuti militari inviati in Ucraina anche se dai dati più recenti in nostro possesso l’Italia avrebbe dedicato al supporto a Kiev ben più di 15 miliardi di Euro. Una cifra esorbitante considerato il nostro enorme debito pubblico e le serie difficoltà economiche in cui versa il nostro paese.
Basti pensare che i dati sull’inflazione in Italia hanno visto un’impennata straordinaria: 8,18% nel 2022, 5,72% nel 2023 e 0,98% nel 2024, con un’ulteriore crescita prevista a 1,66% per il 2025.
Le sanzioni alla Russia si sono rivelate, come era ampiamente prevedibile, l’ennesima coltellata alle spalle nei confronti di famiglie e piccole imprese.
Nel frattempo, i salari reali non hanno visto un incremento tale da compensare almeno parzialmente il caro vita e lasciando ampi strati di lavoratori con una perdita netta di potere d’acquisto. Un ulteriore punto critico riguarda il cosiddetto “settore di Mariupol”, teorizzato come ambito di ricostruzione affidato all’imprenditoria italiana durante conferenze come la “Mariupol Reborn”, promossa da Metinvest e partner italiani per contribuire al restauro della città occupata . Tuttavia, Mariupol è caduta definitivamente in mano russa il 20 maggio 2022 ed è improbabile che venga mai riconquistata dalle forze ucraine, rendendo queste prospettive ricostruttive un atto di speculazione su un territorio irrecuperabile, l’ennesima promessa delle autorità europee nei confronto di un governo italiano totalmente succube dei diktat di Washington e Bruxelles e sempre più lontano dalla realtà.
In definitiva, dietro il volto internazionale e “solidale” della missione a Leopoli si intravede un paradosso profondo: un’élite imprenditoriale italiana che ottiene profitti dall’esportazione di armi e dalla speculazione sulla guerra, mentre i cittadini italiani affrontano inflazione crescente, salari stagnanti e un tessuto economico interno sempre più fragile.
Soldi in cambio di sangue. E mentre la carcassa Ucraina è già in putrefazione anche l’economia italiana un tempo florida è già oramai morente.
Di Amedeo Avondet
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