caro energia Confindustria contro il governo


«All’indomani dell’approvazione definitiva in Senato del Decreto Bollette, Confindustria esprime forte preoccupazione e contrarietà per l’assenza di misure concrete a sostegno del cuore produttivo del Paese» riferisce una nota di viale dell’Astronomia. A quasi un anno di distanza dall’insediamento del nuovo presidente Emanuele Orsini, che finora aveva mantenuto un atteggiamento molto dialogante col governo, si consuma il primo vero strappo con l’esecutivo. E del resto il tema dell’energia è vissuto dal mondo delle imprese come uno dei fattori che più degli altri frena la nostra competitività.

Giorgia Meloni, invece, ancora ieri è tornata a magnificare un provvedimento che «mette in campo misure concrete per sostenere famiglie e imprese di fronte al caro energia» prevedendo «un investimento di circa 3 miliardi, destinato ad alleggerire le bollette, promuovere l’efficienza energetica, tutelare i più vulnerabili e chi produce» senza poi escludere la possibilità di intervenire di nuovo su questa materia. E a sera è poi filtrata «l’irritazione di Palazzo Chigi» per le dichiarazioni di Confindustria, visto che come hanno spiegato poi fonti di governo Chigi il provvedimento era stato «ampiamente discusso» con tutte le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria. “Stupisce quindi che l’Associazione degli industriali abbia manifestato la sua contrarietà solo dopo l’approvazione definitiva del provvedimento da parte del Senato».

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Tante proposte cadute nel vuoto

«Nell’ottica di perseguire l’interesse generale che guida costantemente la sua azione», Confindustria aveva avanzato proposte di modifica a costo zero, finalizzate ad avviare un primo, reale e strutturale alleggerimento del peso delle bollette energetiche per le imprese» ricorda il comunicato richiamando le norme per estendere anche alle Pmi industriali la riduzione degli oneri di sistema, alla possibilità di fornire energia alle imprese industriali con contratti a lungo termine da parte del Gestore dei Servizi Energetici, alla eliminazione dello spread esistente tra il mercato europeo e quello italiano del gas che grava per 1,3 miliardi di euro all’anno, all’introduzione di una «gas e biometano release», alla rimozione dei vincoli per installare impianti rinnovabili sulle aree industriali bloccate dal DL Agricoltura dello scorso anno. «Tuttavia, tra emendamenti dichiarati inammissibili, inviti al ritiro e l’assenza di pareri da parte dei ministeri competenti, si è persa un’altra occasione utile per intervenire in maniera efficace» protesta così Confindustria. «Il Decreto Bollette, infatti, non prevede nulla per l’alimentare, il tessile, la farmaceutica, la componentistica automotive, l’arredo, la meccanica, il calzaturiero, le telecomunicazioni, per citare alcuni tra i tanti esempi che si potrebbero fare di eccellenze del Made in Italy» è l’accusa che viene rivolta all’esecutivo.

Il peso della bolletta elettrica

«Vale la pena ricordare che la bolletta di tutta l’industria italiana supera abbondantemente i 20 miliardi di euro all’anno e le nostre imprese continuano a subire uno spread energetico che supera il 35% e che arriva anche a toccare punte dell’80% nel confronto con i Paesi europei – prosegue il comunicato diramato da viale dell’Astronomia -. Inoltre, è necessario essere consapevoli che i consumi industriali italiani rappresentano il 42% del fabbisogno energetico nazionale (125 Twh) e per le imprese il prezzo dell’energia viene calcolato in base al costo dell’elettricità prodotta con il gas, che è la più cara. La produzione di energia rinnovabile che rappresenta il 45% dell’energia prodotta con 115 TWh non concorre alla formazione di un prezzo più competitivo per l’industria».

Situazione insostenibile

«E’ una situazione insostenibile per le imprese italiane. Occorre agire con urgenza» aggiunge Confindustria nella sua nota dispiaciuta per il fatto che «durante l’intero iter legislativo sia mancata, da parte del Parlamento e del Governo, la consapevolezza di questa urgenza e non sia stato fatto nulla per rafforzare il decreto e introdurre misure strutturali a supporto dell’industria italiana, nel rispetto di un equilibrio che condividevamo di ripartire equamente le risorse tra famiglie e imprese».
Per le imprese che stanno fronteggiando una crisi prolungata della produzione industriale, l’incertezza di una guerra commerciale, secondo Confindustria questo era infatti «il momento di poter ricevere un reale sostegno. Invece si è preferito agire con interventi estemporanei».

Urgente un nuovo decreto

Come rimediare? Per Confindustria, ora, «è indispensabile aprire al più presto un percorso che porti alla definizione di un piano energetico strutturale e di lungo periodo. Le misure una tantum non sono più sufficienti: servono azioni concrete e coerenti, dove sia chiara la visione del futuro». Di qui la richiesta di un nuovo decreto legge per ridurre in modo strutturale i costi energetici, che preveda interventi immediati e mirati a sostegno delle imprese e dei distretti industriali attualmente esclusi dalle misure approvate. «Non occuparsi del costo dell’energia significa mettere a rischio la sopravvivenza delle eccellenze dei nostri distretti industriali. Si tratta proprio delle imprese che realizzano quei 626 miliardi di export che tiene in vita la nostra economia» conclude la nota. Il governo,insomma, è avvertito.

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