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Vi spiego come creerò un polo dell’agrifood da 2 miliardi di fatturato che guarda alla borsa. Parla Maurizio Tamagnini (Fsi)




Ultim’ora news 13 aprile ore 7

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Creare un ecosistema economico e finanziario da una passata di pomodoro. Un’ambizione, quella di Maurizio Tamagnini e del suo fondo Fsi, che ha da poche settimane mosso i primi passi con l’acquisizione da Quattro R di Casalasco, azienda cremonese specializzata in conserve di pomodoro con un fatturato sopra i 600 milioni di euro. L’operazione di Fsi, dal valore di 200 milioni, è il primo tassello di un programma ad ampio respiro, che ha un obiettivo: creare un gigante dell’agrifood made in Italy con un respiro europeo e, aspetto non trascurabile, un piede ben piantato a Piazza Affari.

Tamagnini, perché proprio l’agrifood?

Fsi, nel suo ruolo di maggiore investitore europeo di capitale di rischio dedicato a un solo Paese, nel nostro caso l’Italia, è da sempre attratta dall’industria alimentare per il suo trend di crescita secolare. La popolazione mondiale cresce e vuole mangiare bene. Il mercato mondiale del cibo salutare è previsto in crescita da 1.200 miliardi di dollari nel 2024 a oltre 2.200 miliardi nel 2033. Abbiamo analizzato molte aziende. Casalasco è la perfetta piattaforma su cui costruire un’azienda di grandi dimensioni completamente basata sulla filiera italiana.

L’alimentare italiano è un buon investimento?

L’Italia ha un grande potenziale inespresso nell’alimentare. Esportiamo 70 miliardi di dollari, circa il 30% della nostra produzione. In confronto, la Germania esporta circa il 50% del loro intero settore, quasi il doppio. L’alimentare italiano è quindi ancora troppo concentrato sul mercato domestico. Le nostre aziende devono internazionalizzarsi di più. Vediamo inoltre una grande potenzialità di consolidamento: solo 40 aziende italiane hanno fatturato superiore a 500 milioni di euro e l’80% delle società ha meno di 10 addetti.

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Se il panorama è così variegato, perché avete scelto proprio Casalasco?

Perché è un’azienda medio-grande che fattura oltre 600 milioni di euro, con 5 stabilimenti e oltre 2.000 addetti nel periodo della raccolta del pomodoro. La conosciamo da 10 anni e apprezziamo sia il management guidato dall’ad Costantino Vaia, che la cooperativa rappresentata dal presidente Marco Sartori. La cooperativa ha promosso una cultura della crescita e di creazione del valore, anche tramite la trasformazione dell’azienda in società per azioni. Ha un eccellente sistema produttivo e una storia di integrazione di acquisizioni di successo, come Emiliana Conserve. Ha inoltre un modello di business diversificato con clienti industriali, la grande distribuzione, e marchi molto noti come Pomì e De Rica e, da poche settimane, anche Pummarò, acquisito da Star. Non dimentichiamo che esporta il 65% del suo fatturato verso oltre 70 Paesi in Europa e nel mondo, e infine, parlando di sostenibilità, è veramente un esempio di catena certificata.

Sostenibilità: una parola molto inflazionata fino all’inizio della guerra in Ucraina, ma che ora non va più tanto di moda. Cosa ne pensa?

In questo specifico settore è davvero centrale. Casalasco ha abbracciato la sostenibilità dall’inizio degli anni 2000, opera a chilometro zero, ha un network che include 800 produttori e sistemi di irrigazione con l’obiettivo di ridurre di un ulteriore 30% i consumi idrici a parità di produzione.

Tornando alla parte finanziaria, come è stata strutturata l’operazione Casalasco?

È un investimento di oltre 200 milioni di euro che si inserisce nella tradizione di partenariato di Fsi con istituzioni cooperative e consortili. In questo caso, la nostra partnership coinvolge una filiera di 800 aziende agricole socie. È un modello in cui molti dei produttori sono azionisti di Casalasco assieme a Fsi. Crédit Agricole, che ha accompagnato la crescita della filiera di Casalasco in tutti questi anni, investirà con noi tramite il suo veicolo agrifood Idia Capital.

Che obiettivi di crescita vi siete posti e come pensate di raggiungerli?

Abbiamo l’obiettivo di arrivare a 2 miliardi di fatturato. Vogliamo promuovere un progetto aggregativo che parte dall’Italia, ma di respiro europeo, aperto ad altre aziende e imprenditori che ne condividano i valori. Vogliamo far crescere Casalasco sia organicamente che tramite acquisizioni e partnership. La dimensione è un fattore determinante nell’industria alimentare. Purtroppo l’Italia ha solo due aziende tra le prime 50 al mondo.

Casalasco produrrà solo pomodoro?

Oltre a essere il primo operatore nazionale e tra i leader europei nelle conserve di pomodoro, ha già sviluppato diverse tipologie di prodotti come legumi, zuppe, minestre e sta potenziando la lavorazione del pesto garantendo una filiera integrata del basilico fresco. Stiamo già lavorando per identificare aziende con prodotti e competenze distintive compatibili con il modello di Casalasco per ampliare dimensione e offerta del gruppo.

Pensate a una quotazione?

Casalasco ha tutti gli elementi per diventare tra qualche anno una protagonista della borsa di Milano. Prima della borsa occorre però realizzare l’ambizioso percorso di crescita dimensionale condiviso con la cooperativa e tutto il management. (riproduzione riservata)



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