Il lato oscuro dell’agricoltura italiana, un fenomeno da miliardi tra truffe e sfruttamento


Una parte dell’agricoltura italiana è segnata da sfruttamento lavorativo, truffe sistematiche e evasione fiscale che generano un giro d’affari illecito da miliardi di euro. Nonostante i numerosi interventi normativi, il fenomeno del caporalato continua a prosperare, alimentato dalla mancanza di controlli rigorosi e dalla crescente pressione economica sulle aziende agricole. Capiamo meglio:

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  • Il caporalato, schiavitù moderna nei campi italiani

  • Truffe e frodi nel settore agricolo, un sistema ramificato

Il caporalato, schiavitù moderna nei campi italiani

In molte zone d’Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, il caporalato è ancora oggi una delle piaghe sociali nel settore agricolo. Questo sistema di sfruttamento si basa su un’intermediazione illegale della manodopera, in cui i cosiddetti caporali reclutano lavoratori, spesso immigrati, per impiegarli in condizioni disumane. Secondo il VII Rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, nel 2023 si stimavano oltre 200.000 lavoratori irregolari nel settore, con un tasso di illegalità che sfiora il 30% tra gli impiegati.

Le condizioni in cui operano questi lavoratori sono drammatiche: salari miseri, orari massacranti, nessuna tutela sindacale e alloggi fatiscenti. La paga media si attesta su 3-4 euro all’ora, ben al di sotto dei minimi salariali previsti per legge. In alcune regioni come la Puglia, la Campania e la Sicilia, il fenomeno è talmente diffuso da costituire la norma piuttosto che l’eccezione.

In Basilicata si stima la presenza di oltre 10.000 lavoratori sfruttati, tra residenti e stagionali, concentrati nei periodi di maggiore richiesta di manodopera. Nel Trentino-Alto Adige, tra agricoltura e lavorazione delle carni, si contano oltre 6.000 lavoratori irregolari, inclusi 1.500-2.000 richiedenti asilo ospitati nei centri di accoglienza.

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A Crotone, il numero di impiegati in condizioni non regolari oscilla tra 11.000 e 12.000, con una forte incidenza di lavoratori stranieri, soprattutto nei periodi di raccolta. In Piemonte, il settore agricolo impiega tra 8.000 e 10.000 lavoratori sfruttati, con 2.000 casi nella sola provincia di Asti, dove persistono forme di caporalato e intermediazione illegale di manodopera.

Truffe e frodi nel settore agricolo, un sistema ramificato

Oltre al problema del caporalato, l’agricoltura italiana è afflitta da frodi finanziarie e contributive che danneggiano le casse dello Stato e alterano la concorrenza nel mercato agricolo. Una delle pratiche più comuni riguarda l’uso illecito dei contributi previdenziali, che vengono dirottati a soggetti mai impiegati nei campi, tra cui familiari e affiliati ai clan mafiosi. Questo meccanismo ha causato un’evasione contributiva annua stimata in oltre 1,8 miliardi di euro.

Secondo le indagini condotte dalla Guardia di finanza, molte aziende agricole dichiarano manodopera fittizia per ottenere incentivi e agevolazioni fiscali. Queste frodi arrecano un danno economico e minano la credibilità delle filiere agroalimentari, penalizzando le imprese oneste che operano nel rispetto delle regole.

Negli ultimi anni, il legislatore ha adottato diversi provvedimenti per contrastare il fenomeno del caporalato e delle frodi nel settore agricolo. La legge 199 del 2016 ha introdotto pene più severe per chi sfrutta illegalmente la manodopera, ampliando le responsabilità anche ai datori di lavoro che impiegano personale reclutato illegalmente.

Le operazioni di contrasto delle forze dell’ordine hanno portato a numerosi sequestri e arresti, ma viene invocato un approccio più strutturato che includa iniziative di prevenzione, maggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria e incentivi per favorire il lavoro regolare. La digitalizzazione delle filiere agricole può aumentare la trasparenza e ridurre le possibilità di frode, permettendo un monitoraggio più efficace delle attività lavorative e sono viste come possibili soluzione.

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