Il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato una società con una multa di 10.000 euro e ha ordinato l’adozione di misure per garantire il rispetto delle normative sulla protezione dei dati.
La vicenda è iniziata con il reclamo di un utente che si è ritrovato, senza il suo consenso, inserito in un gruppo WhatsApp chiamato “Zena Padel”, gestito dalla società.
Il gruppo, che contava 47 membri, aveva come scopo la promozione di messaggi pubblicitari e sconti. La società, una piccola impresa di commercio di prodotti per il padel, ha giustificato l’inserimento dei numeri telefonici tramite Amazon, basandosi su un consenso “ampio” dato durante un acquisto.
Tuttavia, il Garante ha dichiarato che tale consenso non fosse valido per
l’uso promozionale dei dati.
La questione del consenso
Un aspetto centrale di questo caso riguarda il consenso esplicito, essenziale quando si trattano i dati per finalità di marketing, come l’inserimento nei gruppi WhatsApp per la promozione di sconti.
Nonostante la società abbia giustificato l’inserimento nel gruppo basandosi su un presunto consenso implicito dato durante l’acquisto su Amazon, l’informativa di Amazon stabilisce che i dati raccolti sono destinati solo alla comunicazione tra venditore e cliente, non all’uso per scopi promozionali.
L’azienda ha trattato i dati dell’utente in modo indipendente, violando le condizioni previste dal contratto con Amazon, e avrebbe dovuto ottenere un consenso esplicito per usarli a scopi promozionali.
L’Authority non ha considerato adeguata l’argomentazione della società sull’uso dei dati per “assistenza post-vendita”. Sebbene tale supporto sia legittimo, l’inserimento in un gruppo WhatsApp, dove i numeri telefonici sono visibili a tutti, viola il principio di riservatezza, rendendo questo canale inadeguato per la protezione dei dati.
Insufficiente il meccanismo di opt-out dell’utente
Un altro punto rilevante riguarda il meccanismo di opt-out di WhatsApp, che consente agli utenti di lasciare i gruppi. Sebbene questa opzione esista, non può essere considerata come un consenso implicito, soprattutto quando si tratta di trattamenti promozionali da parte di aziende.
Se si inserisce un utente in un gruppo senza essere adeguatamente informato e senza fornire un consenso esplicito, l’azione non può essere interpretata come accettazione del trattamento dei suoi dati per scopi commerciali.
Inoltre, l’inserimento in un gruppo WhatsApp per finalità promozionali comporta la condivisione del numero telefonico con tutti i membri del gruppo, violando il principio di riservatezza.
Pertanto, nonostante la possibilità di uscire dal gruppo, l’inclusione iniziale senza il consenso esplicito e informato dell’utente non è legittima.
Il ruolo del principio di finalità
Il caso sottolinea l’importanza del principio di finalità, che prevede che i dati personali possano essere utilizzati solo per scopi specifici e chiaramente comunicati all’interessato.
In questo caso, il numero di telefono fornito dal cliente ad Amazon era destinato a facilitare la comunicazione sull’acquisto, non per finalità promozionali. La società ha violato questo principio utilizzando i dati per inserire l’utente in un gruppo WhatsApp senza il suo consenso esplicito, per scopi diversi da quelli per cui i dati erano stati originariamente raccolti.
L’incidente evidenzia la necessità di una gestione trasparente e conforme dei dati personali, trattati solo per le finalità per cui sono stati raccolti, sempre nel rispetto del consenso degli utenti.
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