La corsa allo spazio delle startup italiane lanciata da Cdp Venture Capital si appresta ad accogliere un altro partner di rilievo nazionale e internazionale. Intesa Sanpaolo è infatti pronta a entrare a suon di investimenti in Galaxia, il Polo nazionale di trasferimento tecnologico lanciato nel 2023 da CDP Venture Capital SGR e Obloo per sostenere le imprese innovative che nascono nei laboratori di ricerca specializzati nel settore aerospaziale.
L’investimento in Galaxia, foundraising a 30 milioni
Nelle prossime ore sarà annunciato un investimento da 2,5 milioni di euro firmato da Neva SGR (la società di venture capital del Gruppo Intesa Sanpaolo, controllata al 100% da Intesa Sanpaolo Innovation Center) tramite il proprio Fondo SEI (Sviluppo Ecosistemi di Innovazione) e dalla Fondazione Compagnia di Sanpaolo. Un contributo che sarà accompagnato da competenze, network e risorse per la creazione di ecosistemi che integrino istituzioni, università, centri di ricerca e imprese. E che consentirà a Galaxia di completare il fundraising raggiungendo una dimensione complessiva di 30 milioni di euro, aprendo così nuove opportunità di sostegno finanziario e sviluppo economico per l’ecosistema italiano della space economy.
Il polo capitanato da Cdp Venture Capital punta a investire su un settore strategico nazionale ed europeo in grande espansione, non solo a livello quantitativo ma anche qualitativo. L’immaginario di un’economia dei razzi è ormai stato superato da un’industria sempre più complessa, che accompagna alle attività core dei lanci in orbita prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico lungo l’asse terra-spazio: dalle infrastrutture di terra alla componentistica speciale, passando per la logistica spaziale, le telecomunicazioni satellitari o ancora le prospettive di turismo in luoghi stellari.
Gli investimenti europei in economia dello spazio
La chiusura del fundraising di Galaxia si inserisce in uno scenario competitivo globale che vede l’Europa investire lo 0,06% del Prodotto interno lordo nei programmi spaziali, lontana da Stati Uniti (0,26%), Russia (0,17%) e Cina (0,08%). Rimanendo all’interno del perimetro europeo, l’Italia svetta ai primi posti per investimenti. Nonostante la riduzione da 881 a 800 milioni di euro dello stanziamento per il budget dell’Agenzia spaziale europea (Esa), il nostro Paese sarà nel 2025 il terzo investitore d’Europa dopo la Germania (anch’essa con budget in calo da 1,172 miliardi di euro a 951 milioni) e la Francia, quest’anno al primo posto con un budget di 1 miliardo e 75 milioni (+26 milioni rispetto al 2024).
L’impegno economico-finanziario deve tuttavia fronteggiare alcune sfide proprie dell’ecosistema italiano, che vanno dall’aumento del numero di startup innovative in grado di scalare il mercato al contrasto dell’eccessiva frammentazione, senza contare la necessità di valorizzare le profonde competenze sparse sul territorio e nei laboratori. Ed è qui che entra in gioco la partnership tra Intesa Sanpaolo Innovation Center e il polo italiano capitanato da Cdp Venture Capital, che finora ha completato 16 investimenti PoC (Proof-of-Concept) e 16 investimenti seed per complessivi circa 18 milioni di euro. creare ecosistemi con istituzioni, università, centri di ricerca e imprese.
Bacigalupo: “L’Italia vanta eccellenze scientifiche fortissime”
“Il settore aerospaziale italiano conta attualmente circa 20 startup. Abbiamo deciso di aderire a Galaxia anche per cercare di aumentarle, individuando le eccellenze accademiche anche di altri settori per favorire quel processo di trasferimento tecnologico che resta uno dei punti critici del nostro Paese – spiega a ItalianTech Viviana Bacigalupo, direttrice generale di Intesa Sanpaolo Innovation Center – L’Italia conta su eccellenze scientifiche fortissime, ma ha ancora difficoltà nel traghettarle in modelli di business sostenibili, in grado di creare valore industriale”.
Lo spazio non è comunque una novità dell’ultima ora per l’anima dell’innovazione di frontiera del gruppo bancario. Neva SGR, la società di gestione del risparmio controllata da Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha infatti partecipato a diversi round di investimento in D-Orbit (la scaleup fondata da Luca Rossettini e Renato Panesi che punta a costruire le autostrade dello spazio e i carroattrezzi dei satelliti) e ha investito in Leaf Space (startup specializzata nell’ottimizzazione delle comunicazioni terra-satellite), oltre ad aver incluso lo spazio tra i verticali del programma di accelerazione Up2Stars.
Il tema finanziario non può non essere centrale, se non altro perché le startup che operano nella space economy sono generalmente aziende cosiddette “capital-intensive”. La ricerca, le sperimentazioni, le tecnologie e le competenze devono essere di alto livello e quindi costano, non poco. “Certamente c’è un tema finanziario, ma negli ultimi anni gli investimenti pubblici sono stati affiancati da investimenti privati, anche grazie all’attività di Cdp Venture Capital e a Neva Sgr, la società di venture capital del Gruppo partecipata al 100% da Intesa Sanpaolo Innovation Center. Questa è stata una vera svolta – osserva Bacigalupo – La leva finanziaria è stata fondamentale e dovrà continuare a esserlo. Dobbiamo evitare che l’innovazione, una volta nata, cresca altrove: ad oggi il 30% degli unicorni europei ha spostato la sede negli Stati Uniti. Per questo servono risorse, ma anche servizi non finanziari. E servono attori pubblici e privati”.
Le connessioni delle startup dello spazio
Se è vero che le startup italiane dello spazio sono ancora relativamente poche, è altrettanto vero che ormai lo spazio vanta connessioni con tantissimi altri settori dove si può attingere tanta innovazione: “Si possono valorizzare anche startup tecnologiche nate in altri contesti. Penso a Novac, una startup che sviluppa supercondensatori ad alta efficienza e che il nostro Gruppo ha sostenuto sia all’interno di un programma di sviluppo imprenditoriale che economicamente nell’ambito di un programma per le startup legato alla sostenibilità. Recentemente ha ottenuto un investimento da Galaxia perché è una tecnologia che può avere applicazioni anche nello spazio”.
Tra i rischi principali spicca la dispersione di energie di varia natura in troppi rivoli perdendo così l’effetto di sistema. “L’Italia soffre a volte di un problema di frammentazione e lo abbiamo visto anche con il Piano nazionale di ripresa e resilienza: tanti centri e tante iniziative. Credo che su un tema come questo sia importante una regia nazionale forte, che sappia mettere a sistema le eccellenze territoriali. Poi è chiaro, sarebbe importante una visione strategica condivisa anche a livello europeo – conclude Bacigalupo – La competizione con Stati Uniti e Cina non si vince da soli”.
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