L’accordo tra Stati Uniti e Ucraina sulle terre rare mette in luce quanto le risorse strategiche siano centrali per la Casa Bianca. Washington punta a ridurre la dipendenza dalla Cina e a rafforzare il proprio ruolo in Asia, anche esplorando nuove vie di dialogo con la Corea del Nord. In un gioco complesso tra diplomazia e investimenti, il controllo delle materie prime potrebbe rimescolare gli equilibri internazionali, aprendo scenari inediti nei rapporti con Pyongyang e nella sfida con Pechino.
Il discusso accordo tra Stati Uniti e Ucraina sulle terre rare evidenzia la centralità e importanza delle materie e risorse strategiche per la Casa Bianca. Come sottolineato in un articolo pubblicato da Foreign Policy, le dichiarazioni del tycoon riguardanti Panama, Groenlandia e Canada paiono riportare al centro della politica estera americana il ruolo che territori e luoghi ricchi di risorse debbono rivestire all’interno delle politiche di potenza statunitensi, sia come forma per palesarne le intenzioni che come mezzo per raggiungerle. Al di là delle dichiarazioni di annessione, Washington intende ribadire il suo crescente impegno nel riaffermare la centralità statunitense nell’emisfero americano e nella riduzione dell’interscambio con la Cina, includendo soprattutto prodotti di alto valore, come il caso delle terre rare. Un modello diplomatico che incorpora in modo strategico un approccio commerciale potrebbe, durante questa amministrazione, costituire una futura base per continuare azioni di assicurazione di materiali e risorse utili, promuovendo la crescita dell’economia e il posizionamento di aziende di valore su suolo statunitense.
L’investimento pluriennale di 165 miliardi di dollari da parte di TSMC, come anche l’apertura di un centro di ricerca e sviluppo, due stabilimenti di advanced packaging e tre nuove fabbriche sono un esempio di come gli Stati Uniti vogliano assicurarsi capitali strategici per perfezionare e vincere la sfida con la Repubblica Popolare Cinese, che, attraverso ingenti investimenti, punta a costruire un sistema di produzione autosufficiente di semiconduttori, IA e batterie. Sebbene il CHIPS Act e i dazi abbiano ostacolato questa crescita, non l’hanno fermata. Ora Trump intende intervenire più direttamente con politiche di finanziamento altrettanto decise e robuste, come, ad esempio, il programma Stargate.
Tra deterrenza e margini di dialogo
Poiché la Cina resta la principale sfida nel lungo periodo, gli Stati Uniti continueranno a concentrarsi sulla regione indo-pacifica. Una delle maggiori questioni da affrontare in tale contesto rimane la Corea del Nord. Successivamente al fallimento del dialogo tra Washington e Pyongyang nel 2019, Kim Jong-un ha accelerato la ricerca missilistica, nucleare e militare, sperimentando modelli balistici che possano dotarsi di testate nucleari multiple (MIRV), costruendo un sottomarino a propulsione nucleare, e ampliando il sistema di centrifughe per uranio arricchito.
Anche in questo caso, Foreign Policy sottolinea come sia necessario promuovere nell’immediato un incontro tra le due cancellerie. Posizione che sembra essere condivisa da entrambi i Paesi, come suggeriscono le dichiarazioni dello stesso Trump e del segretario alla Difesa Hegseth, indicando Pyongyang come potenza nucleare. Allo stesso tempo, la Corea del Nord, attraverso Kim Yo-jong, sembra sfruttare l’ostilità del tycoon nei confronti della trascorsa amministrazione Biden, descrivendo le politiche della Casa Bianca come una continuazione di quelle attuate dalla presidenza democratica. L’idea è di portare avanti una posizione di maggiore realismo e dialogo, al fine di definire punti d’incontro e discussione nell’ambito delle più ampie relazioni diplomatiche tra i due Stati.
Su queste basi potrebbero cominciare in futuro pensabili discussioni tra Corea del Nord e Stati Uniti. Se, inoltre, l’accordo tra Washington e Kiev per lo sfruttamento delle risorse minerarie dovesse rivelarsi positivo come nuova forma di pressione diplomatica, non vi è ragione che la Casa Bianca non provi a sperimentare, in modi diversi ma con modalità simili, un approccio analogo. Data l’impossibilità di una totale denuclearizzazione, gli Stati Uniti potrebbero concentrare i loro interessi su un’intesa che assicuri stabilità al regime dei Kim, permettendo la conservazione del dispositivo nucleare — magari riducendolo in termini di dimensioni e potenzialità — e favorendo accordi per lo sviluppo economico del Paese. Tuttavia, in caso di interruzione o fallimento dei colloqui, Washington potrebbe mantenere una postura assertiva avvertendo Pyongyang che, come contromisura, Seul potrebbe essere sollecitata a dotarsi di armamenti atomici. In cambio, Kim Jong-un otterrebbe per il proprio Paese un allentamento delle sanzioni e una maggiore stabilità nei rapporti con la principale potenza mondiale.
Opportunità e rischi
L’enfasi sull’economia non è casuale. La Casa Bianca dovrebbe approfittare della crescente centralità, da parte di Kim Jong-un, della 20×10 Development Policy, un progetto di rinascita industriale e sociale mirante alla crescita regionale e alla riduzione delle disparità tra città e campagne. Date le scarse risorse materiali e tecniche del regime, gli Stati Uniti potrebbero avviare una collaborazione in uno dei settori più influenti e promettenti per Pyongyang: quello minerario, da cui ottenere i capitali necessari per sostenere i progetti di ricostruzione abitativa e industriale nordcoreani, e che siano chiaramente non dual-use.
Infatti, esiste un rischio elevato che la Corea del Nord utilizzi capitali e investimenti non solo per l’estrazione di materie prime, ma anche per infrastrutture che, seppur indirettamente, possano sostenere l’Armata del Popolo Coreano, trasformandosi in beni a duplice uso civile e militare. Un esempio è il già citato progetto 20×10, ufficialmente destinato allo sviluppo delle aree rurali più depresse, ma con attività industriali situate in zone con una forte presenza militare. Secondo una breve analisi di North Korea Leadership Watch, alcune delle prime fabbriche in attività sorgono nella contea di Songchon, ex sede del comando della Korean People’s Army Strategic Force e attuale sede di alcune attività della Second Economic Committee. Quest’ultima supervisiona l’industria bellica e controlla la Korea Mining Development Trading Corporation, a sua volta uno dei principali trafficanti ed esportatori di armi del Paese. Ciò solleva certamente dubbi più ampi sulla reale separazione tra l’esercito nordcoreano e i gruppi industriali e, dato l’argomento, minerari del Paese, come ad esempio il Korea General Zinc Industry Group e il Korea General Magnesia Clinker Industry Group, tra i più noti del settore. Il pericolo di finanziare inconsapevolmente imprese legate al settore bellico è perciò concreto.
Per questo, prima di qualsiasi accordo, sarà essenziale impedire che Pyongyang, sfruttando la sua rete di entità economiche fittizie, possa trarre vantaggio da tali investimenti. Ciò richiederà rigorose attività di ricerca e indagine, oltre a una pressione diplomatica affinché i progetti siano destinati esclusivamente a scopi civili, a beneficio reale della popolazione.
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