Demografia è potere, l’Italia sfida un pericoloso “inverno”. Il rapporto Deloitte e la “ricetta” del governo Meloni


La demografia è potere. Lo sanno bene Cina e India, giganti globali che devono il loro peso economico e geopolitico a una popolazione numerosa e, nel caso indiano, ancora giovane. Ma in Italia, il futuro demografico racconta una storia diversa, e tutt’altro che rosea. Secondo il report stilato da Deloitte “La sfida demografica italiana: verso un nuovo modo di fare business”, il nostro Paese sta entrando in un “inverno demografico” che potrebbe ridefinire non solo la società, ma il modo stesso di fare impresa.

Entro il 2050, gli over 65 rappresenteranno il 34,5% della popolazione, mentre il rapporto tra chi lavora e chi non lavora scenderà da 3:2 a un preoccupante 1:1. Una rivoluzione silenziosa, ma inarrestabile, che le aziende italiane non possono più ignorare. “Non è una possibilità, è una certezza”, avverte Stefano Alfonso, Senior Partner e Deloitte Central Mediterranean Growth Leader, azienda multinazionale britannica di servizi di consulenza e revisione. A differenza di shock improvvisi come la pandemia, la demografia agisce come una marea lenta ma ineluttabile, un fenomeno multidimensionale dalle conseguenze profonde.

L’allarme del rapporto di “Deloitte”

Eppure, il report rivela un paradosso: le imprese italiane sono consapevoli del problema, ma poche lo affrontano con strategie concrete. Nei consigli di amministrazione, si parla ancora troppo di profitti a breve termine, lasciando la demografia fuori dall’agenda. Solo alcuni settori, come finanza, assicurazioni, moda e agroalimentare, mostrano una certa sensibilità, spinti da una clientela sempre più anziana.

Se la demografia è potere, l’Italia si sta preparando. La Cina ha sfruttato per decenni il suo “dividendo demografico” – una popolazione giovane e in crescita – per diventare la fabbrica del mondo. L’India, con una forza lavoro ancora in espansione, si candida a nuova potenza economica. L’Italia, invece, va incontro a un calo di 5,4 milioni di lavoratori entro il 2040, con un PIL che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe ridursi del 13% (dati Banca d’Italia). Ma la demografia non è solo una condanna: può essere un’opportunità, a patto di agire subito.

Deloitte individua tre leve per trasformare la crisi in vantaggio. Primo, la tecnologia: digitalizzazione e intelligenza artificiale devono diventare alleati per aumentare la produttività, compensando la forza lavoro che si assottiglia. Secondo, le persone: serve una rivoluzione nella gestione delle risorse umane, con formazione continua e “lifelong learning” per contrastare l’obsolescenza delle competenze e attrarre talenti. Terzo, la strategia: fusioni, acquisizioni ed ecosistemi di imprese possono garantire la scala e le conoscenze necessarie per competere in un mercato ridisegnato dalla demografia.

“Il momento di prepararsi è ora”, insiste Alfonso. Aspettare sarebbe miope. La Cina, alle prese con il proprio invecchiamento, sta già correndo ai ripari con politiche nataliste e automazione. L’India punta sull’educazione e sull’export di talenti. L’Italia ha intuito queste dinamiche e ha intrapreso, non senza fatica, un percorso speculare alle grandi potenze demografiche. La parola d’ordine è innovare.

Le misure a sostegno della natalità del governo Meloni

Giorgia Meloni ha riconosciuto la demografia come priorità, con una certa dose di pragmatismo. Sul fronte della natalità, ha introdotto misure come la riduzione dell’IVA su pannolini e latte artificiale e stanziato 800 milioni di euro dal PNRR per nuovi asili nido, come annunciato da Fratelli d’Italia. L’obiettivo è sostenere le famiglie e invertire il tasso di natalità più basso d’Europa (1,2 figli per donna). Inoltre, Meloni ha istituito un ministero ad hoc per la natalità, guidato da Eugenia Roccella, con l’ambizione di raggiungere 500.000 nascite annue.

La premier ha dichiarato che l’immigrazione non può essere la soluzione. Piuttosto servirebbe un’immigrazione selettiva. Sul piano della produttività, si punta sulla digitalizzazione, L’Italia sta aumentando progressivamente gli investimenti in digitalizzazione, spinta sia da iniziative nazionali che da fondi europei. Secondo dati recenti, il governo italiano ha stanziato risorse significative attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che dedica circa 47 miliardi di euro alla transizione digitale. A questi si aggiungono 5,5 miliardi di euro provenienti dalla Politica di Coesione dell’UE, portando il totale degli investimenti pubblici a oltre 52 miliardi di euro entro il 2026. Questo budget copre infrastrutture digitali (come reti 5G e banda ultra-larga), digitalizzazione della pubblica amministrazione, e incentivi per le imprese.

Rispetto alla media UE, l’Italia è in progresso e servirà ancora uno sforzo maggiore per competere a livello globale. Il governo Meloni ha avviato un percorso coraggioso per trasformare la crisi in opportunità. Come avverte Deloitte: “il momento di prepararsi è ora”. Altrimenti, il declino non sarà solo demografico, ma economico e culturale.



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