Industry 4.0 360 Summit 2025: innovazione e sostenibilità per la competitività del manifatturiero


Complessità, imprevedibilità e necessità di gestire un cambiamento continuo anche a fronte di strategie neoprotezionistiche che rischiano di modificare ulteriormente il contesto competitivo delle aziende. Lo scenario nel quale si muove il mondo manifatturiero appare infatti sempre più caratterizzato da una elevata incertezza, per ragioni legate alle conseguenze di eventi geopolitici e per un quadro macroeconomico condizionato da comportamenti anora difficili da valutare nella loro portata ma che certamente ono destinati ad avere un impatto sulla competitività delle imprese. Nello stesso tempo sono sempre più evidenti i segnali di un cambiamento di prospettive e di sensibilità nei confronti dei temi della trasformazione sostenibile: l’evoluzione a livello di normative e di iniziative dedicate allo sviluppo economico stanno contribuendo a cambiare l’atteggiamento e le strategie delle imprese nei confronti del rapporto tra Twin Transition e competitività. Nello stesso tempo l’innovazione digitale si conferma come la risposta più solida e completa alla necessità di mantenere e garantire competitività e resilienza delle imprese in un periodo caratterizzato senza dubbio dall’incertezza.

Industry 4.0 360 Summit 2025: “Resilienza, sostenibilità e innovazione: le sfide dell’Industria nell’era della complessità“

Queste sono solo alcune delle evidenze della sessione plenaria “Resilienza, sostenibilità e innovazione: le sfide dell’Industria nell’era della complessità“ dell’Industry 4.0 360 Summit 2025 a cui hanno portato il loro contributo Marco Taisch, Presidente MADE Competence Center e Presidente della fondazione MICS, Umberto Bertelè, Professore emerito di Strategia e chairman, Osservatori Digital Innovation, Riccardo Rosa, presidente di Ucimu, Sistemi per Produrre, Andrea Bianchi, presidente di ANIE Automazione, Ugo Caratti, Managing Director e CFO Sales Europe South, Bosch Rexroth, Fabio Sammartino, Head of Presales, Kaspersky Italia, Gianluigi Viscardi, Presidente Consorzio Intellimech e Presidente Cluster Fabbrica Intelligente, Tommaso Bonaccorsi di Patti, Responsabile Go to Market & Service Creation, TIM Enterprise.  

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Taisch, MADE: i pilastri e i segnali di una nuova politica industriale europea

Marco Taisch, Presidente MADE Competence Center e Presidente della fondazione MICS.

“Questo luogo (il MADE Competence Center in cui si svolge l’Industry 4.0 360 Summit 2025 n.d.r.) è conosciuto come Competence Center, ma noi da qualche tempo cominciamo preferiamo chiamarlo cultural center, centro di cultura, perché siamo convinti che questo luogo gestito dalle imprese per le imprese sta contribuendo a creare una nuova cultura industriale del paese”. Taisch sottolinea che siamo in un contesto nel quale abbiamo registrato tanti segnali di cambiamento a livello di ecosistema industriale. Dopo il Covid si è iniziato a capire che la globalizzazione come l’avevamo conosciuta stava finendo o quanto meno evolvendo in modo profondo. “Ricordo alcune copertine di riviste internazionali in cui si parlava di Slowbalization, di rallentamento della globalizzazione. E in tutto questo si possono cogliere tanti fattori trasformativi che sono destinati a cambiare anche radicalmente lo scenario del manifatturiero”. Un esempio è rappresentato anche dall’annuncio del presidente indiano di voler portare l’India a diventare la terza economia attraverso un grande sviluppo del mondo manifatturiero. “Sono alcuni segnali forti che mostrano come l’ecosistema di riferimento sta cambiando. Così come anche le posizioni di politica internazionale dell’amministrazione Trump che stanno costringendo l’Europa a prendere una posizione molto più consapevole e decisa di quanto non avesse fatto in passato”.

Sul tema dell’evoluzione delle prospettive legate alla trasformazione sostenibile Taisch ricorda prima di tutto di essere un fervente sostenitore della sostenibilità, ma tiene anche a sottolineare che era importante superare i rischi di un approccio ideologico per adottare un atteggiamento più pragmatico e concreto. E per agire nel segno della concretezza ritiene che sia oggi “necessario agire su ecosistemi industriali europei che consentano di mettere a fattor comune le tante competenze che sono presenti”.

In questo senso oltre alla libera circolazione delle merci “dovremmo lavorare per garantire la libera circolazione della ricerca, dell’innovazione e appunto delle competenze”. La creazione di questo ecosistema industriale di riferimento ha anche ovviamente delle ricadute sul piano tecnologico. Anche in questo caso Taisch invita ad ad affronatre queste sfide con pragmatismo: “non è utile pensare di recuperare il gap con Cina e Stati Uniti su tecnologie come l’intelligenza artificiale mentre è invece molto importante aumentare la diffusione nell’utilizzo di questa tecnologia”. Occorre avere sempre ben presente la vocazione di un territorio: l’Europa e l’Italia in particolare sono da sempre un’area di trasformazione, caratterizzata da una scarsità di materie prime, ma con grandissime competenze e una grande creatività nella trasformazione. “Si deve lavorare per conservare e valorizzare questi asset e continuare ad esprimere una eccellenza nella capacità di trasformazione”.

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Riguardo al rischio di un disimpegno sui temi della sostenibilità (anche in relazione agli effetti di misure come il Pacchetto Omnibus n.d.r.) l’analisi di Taisch tende a suddividere lo scenario tra le imprese che hanno fatto della sostenibilità un elemento fondante del proprio modello di business e che proseguiranno il loro percorso indipendentemente dallo scenario che sta per essere ridisegnato dalla Commissione europea e da altre imprese che l’hanno interpretata come un adempimento normativo, e che potrebbero rallentare il loro impegno. In ogni caso “la direzione è stata ormai intrapresa e i consumatori si stanno muovendo in questa direzione, cambiare adesso per le imprese potrebbe rappresentare un grande rischio”.

Guardando in sintesi ai fattori che determinano oggi la competitività del manifatturiero e che dovrebbero essere al centro della politica industriale europea Taisch ricorda i tre pillar di riferimento: la focalizzazione sui dati, la crescita continua delle competenze e lo sviluppo di sistemi industriali.

Bertelè, Polimi: la sostenibilità deve diventare un vantaggio competitivo

Umberto Bertelè, Professore emerito di Strategia e chairman, Osservatori Digital Innovation 
Sul tema della trasformazione sostenibile non ci devono essere dubbi: “Se non c’è una reale sostenibilità economica, non possiamo pensare alla transizione ambientale come a una reale prospettiva di sviluppo, ma c’è il rischio che rappresenti solo una “tassa” che si deve trovare il modo di finanziare”. Il professor Umberto Bertelé chiarisce subito i termini della questione legata alle prospettive del rapporto tra sostenibilità e mondo manifatturiero nel senso della necessità fondamentale di garantire non solo una sostenibilità economica ma una relazione sempre più diretta tra sostenibilità e aumento della competitività.

Non dobbiamo poi trascurare che c’è qualcuno che forse non è così interessato alla tematica ambientale, (Cina n.d.r.) che però crede in questa trasformazione è la sta affrontando per trarne il maggiore vantaggio possibile. “La trasformazione che hanno avviato non è stata animata da una sensibilità ambientale, ma dalla volontà di trasformare la transizione sostenibile in un vantaggio competitivo. Se si guarda ai risultati che hanno raggiunto si deve constatare che il rischio, ad esempio, per l’industria dell’auto è fortissimo”. Ci sono imprese che creano vetture elettriche che sono nello stesso tempo più accessibili e più allineate ai gusti del mercato e afronte di questo pragmatismo c’è il rischio che i nostri vantaggi competitivi possano diminuire se non sparire. “La scelta di spingere verso una politica industriale green senza analizzare e decidere su quali punti di forza puntare a livello internazionale ha rappresentato un segno di debolezza. Non si può puntare ad essere i primi della classe comprando tutto dagli altri. Si deve tornare a investire sui valori della specializzazione, dell’identità e dell’eccellenza”.

In questo contesto gli interventi legati al Pacchetto Omnibus vanno letti considerando che in un sistema come il nostro costituito da tante piccole e medie imprese “la richiesta di analisi estremamente raffinate può essere risolta solo con il supporto (e i costi) di tante società di consulenza, per arrivare a una situazione in cui è poi comunque necessario e indispensabile preparare e far crescere nelle aziende competenze adeguate”. Solo per fare un esempio per gestire la data collection e l’analisi di tutto ciò che avviene nella catena del valore a monte e a valle. “Il che equivale a una impresa epica considerando anche che ancora non ci sono criteri condivisi su come questo possa essere fatto con certezza. Anche per questo è importante togliere quel sovraccarico di adempimenti che appesantiscono la trasformazione sostenibile.

Bertelé invita poi a riflettere anche sul fatto che a fronte delle due prospettive di sviluppo oggi più al centro dell’attenzione: intelligenza artificiale e robotica ci dobbiamo chiedere se il nostro sistema produttivo così fortemente basato sul manufacturing è effettivamente in grado di mantenere i propri punti di forza in un contesto in cui si sta sviluppando una forma di automazione ancora più forte.

Ed è qui s’innesta l’altro grande tema sul quale il professor Bertelé focalizza la propria attenzione e che attiene alle dimensioni delle imprese. Dimensioni che nel nostro paese sono troppo piccole e che, sempre per fare un esempio di innovazione, in molti casi non sono sufficienti per servitizzare le loro attività. “Credo sia anche necessario far crescere una cultura che favorisca forme di aggregazione in un mercato globale dove avere imprese importanti conta molto”.

Infine, rispetto agli scenari legati al neoprotezionismo americano caratterizzato da scelte che stanno portando all’introduzione di dazi torna la riflessione sul fatto che l’Italia è un paese trasformatore, e quindi, tendenzialmente, se aumentano i prezzi delle materie prime si deve mettere in conto una penalizzazione. Ma siamo anche un paese esportatore di beni finiti, e dunque se i nostri clienti hanno delle difficoltà a comprare, corriamo anche in questo caso dei rischi. “Vedo dunque un quadro di grande incertezza, anche se al momento ci sono ancora delle difficoltà nel comprendere quali saranno gli impatti veri. Al netto che questo atteggiamento non favorisce certo la globalizzazione così come l’avevamo conosciuta e impone alle imprese un ripensamento delle loro catene di fornitura. Si può prevedere una tendenza a privilegiare modelli produttivi più vicini ai mercati di sbocco, prospettie che possono forse rappresentare un’opportunità per l’area UE, ma che per l’Italia, considerando l’importanza dell’export, rappresentano uno scenario denso di insidie.

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Rosa, UCIMU: la pressione di troppi cambiamenti “rallenta” le macchine utensili

Riccardo Rosa, presidente di Ucimu – Sistemi per Produrre, associazione dei costruttori di macchine utensili e accessori

Per il mondo delle macchine utentisili e dei sistemi di produzione “il 2024 non si è chiuso benissimo per diversi fattori, certamente ha molto influito il contesto internazionale con le tante incertezze che hanno caratterizzato i mercati e che hanno anche indebolito la propensione delle imprese ad affrontare nuovi investimenti“. Si sono registrati segnali positivi per l’export e “ci aspettiamo qualcosa di meglio dal 2025, anche se i segnali sono ancora timidi”. Si deve fare i conti con il passato, ovvero con un periodo, sino al 2023, che grazie al fenomeno 4.0 a livello di innovazione, digitalizzazione e connessione delle macchine ha permesso di ottenere risultati straordinari. “Risultati, che secondo il nostro punto di vista, sono stati favoriti anche da una normativa un po’ più semplice e un po’ più accessibile”. Il 2024 era partito con una prospettiva 5.0 ricca di aspettative ma che si è appesantita da complessità e incertezze.

La transizione digitale deve naturalmente proseguire, gli investimenti in digitale sono in continua evoluzione e in questo momento ci si deve confrontare anche con altre preoccupazioni come per quanto attiene ai dazi. Pur non essendoci ad oggi una minaccia specifica sulle macchine utensili o sui beni strumentali non si può non considerare che i dazi sui prodotti alimentari o più in generale sui prodotti del Made in Italy danneggiano di riflesso anche il nostro comparto.

Bianchi, ANIE Automazione: ci sono grandi potenzialità di sviluppo da rimettere in moto

Andrea Bianchi, presidente di ANIE Automazione, associazione che nell’ambito di Federazione ANIE rappresenta le aziende produttrici e distributrici anche delle tecnologie abilitanti per la transizione gemella.

Il mondo dell’automazione, forse ancora più rispetto al mercato dei costruttori di macchinari, ha subito un rallentamento. “Come associazione stimiamo una frenata legata in particolare alle difficoltà del mercato tedesco che rappresenta sicuramente lo sbocco più importante sia direttamente sia in modo indiretto”. La maggioranza delle delle imprese, alla luce dei mancati segnali di ripresa, mantengono una posizione conservativa, e ipotizzano un anno di stabilità o di minima crescita. Ci sono poi alcuni settori come l’automotive, la lavorazione di metalli e le macchine utensili che esprimono segnali di difficoltà, mentre altri comparti come il food, il packaging, l’intralogistica esprimono prospettive che rimangono interessanti.

Guardando ai dati ISTAT sulla competitività si nota che la manifattura dei settori elettronico ed elettrotecnico ha tenuto meglio rispetto al manifatturiero in generale ed è sempre più importante il ruolo di una innovazione abilitante per le due grandi dimensioni delle twin transition.

A proposito di Twin Transition ANIE Automazione ha da poco pubblicato un white paper sul contributo che queste tecnologie possono portare anche alla trasformazione green. “Nel libro bianco viene enfatizzato come nel percorso verso una doppia transizione: ecologica e digitale vi sia ancora un rapporto sbilanciato a favore della componente digitale. Si deve poi considerare che se non è possibile ipotizzare una trasformazione digitale senza una transizione green, non è nemmeno immaginabile una transizione ecologica senza una vera digital transformation”.

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IoT, Big data, Analytics, Cloud, Intelligenza artificiale sono tutte tecnologie che rappresentano un fattore abilitante per i diversi driver della sostenibilità come l’economia circolare, la riduzione dei consumi, la virtualizzazione dei processi e l’introduzione di nuovi modelli di business come è il caso della servitizzazione. E un elemento essenziale è poi rappresentato dai digital twin e da quelle dimensioni dell’Industria 4.0 che hanno davanti ampi spazi di innovazione e sviluppo ad esempio per quanto attiene alla maturità energetica e alla gestione dell’intera catena di fornitura.

Caratti, Bosch Rexroth: una innovazione che permette di anticipare i grandi cambiamenti

Ugo Caratti, Managing Director e CFO Sales Europe South, Bosch Rexroth

Non bisogno dimenticare di sotolineare che la velocità e il ritmo dell’innovazione rappresentano anche dei fattori che consentono alle imprese di leggere in anticipo ciò che succede e di preparare delle possibili soluzioni. Questa chiave di lettura del digitale e dell’innovazione in generale è uno dei preusupposti per mettere il digitale al servizio della competitività da una parte e della resilienza dall’altra.

Caratti osserva come “Nel nostro caso abbiamo cercato di trarre vantaggio da una caratteristica che fa parte del nostro DNA e che si traduce in una attitudine costante all’innovazione. Facciamo parte di un gruppo che ci ha aiutato a presentarci sempre con prodotti molto innovativi, che avevano la missione di portare nuovo valore aggiunto al mercato”.

Nello stesso tempo però si deve anche osservare che operiamo in un mondo molto volatile, con diversi livelli di maturità e con una evoluzione importante nel contesto normativo. “In questo scenario gli investimenti in innovazione devono essere equilibrati con tanti altri fattori e ritentiamo che sia strategico agire come un elemento di una rete, come componenti attivi di un ecosistema più grande”.

In un contesto così volatile e complesso Caratti sottolinea che “stiamo investendo proprio per cercare di rispondere alle evoluzioni e variabili di un mercato che si possono tradurre in opportunità di sviluppo. In Italia operiamo in un ecosistema di imprese medio piccole, e abbiamo costruito un vantaggio competitivo basato sulla capacità di agire in maniera flessibile e veloce permettendo alle imprese di rispondere all’instabilità del contesto in cui operano”.

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La proposta Bosch Rexroth “nasce da una lunga strategia di digitalizzazione, con un focus fortissimo sulla sensoristica e con un impegno a 360° nella trasformazione digitale dei prodotti. Questo percorso ha permesso di trasformare i prodotti in fattori abilitanti per gestire situazioni in cui è necessaria una eccellenza operativa o, ad esempio, per trasformazioni strategiche come quelle di servitizzazione. Abbiamo poi scelto di investire su sistemi aperti, o meglio ancora su ecosistemi aperti, e questo permette a tutti i partner di contribuire ai nostri sistemi digitali”.

L’azienda poi ha scelto di unire i temi della digitalizzazione con quelli della sostenibilità e con quella scelta strategica le innovazioni che sono state realizzate rappresentano “un vantaggio per un mercato che è oggi è più maturo e che possiamo aiutare nei progetti di abilitazione per l’industry 5.0“.

E si arriva così a un altro tema centrale per Bosch Rexroth che è anche uno dei cardini dell’Industria 5.0 e che risponde alle esigenze di umanocentrismo.

“Parlare di umanocentrismo potrebbe sembrare un po’ paradossale eppure riteniamo che questo tema sia veramente cruciale anche perché, interpretare e vivere correttamente l’innovazione tecnologica richiede di restituire una centralità alla figura della persona“.

C’è la necessità di umanizzare la tecnologia, di sviluppare la tecnologia tenendo presente chi la deve utilizzare e c’è la necessità di comprendere il contesto della competitività del nostro ecosistema. “Per questo credo che con tutta la tecnologia che si sta sviluppando la parte cruciale sia oggi legata a come relazioniamo la tecnologia con le persone che sono nella condizioni di fare la differenza proprio per come utilizzano le nuove tecnologie”.

Sammartino, Kaspersky: cybersecurity al centro della trasformazione digitale

Fabio Sammartino, Head of Presales, Kaspersky Italia

In un periodo nel quale le imprese si devono confrontare con un contesto reso sempre più complesso dai continui cambiamenti il tema della sicurezza desta a sua volta non poche preoccupazioni. Considerando in particolare che il manifatturiero è uno dei mondi più esposti ai rischi cyber ed è, nello stesso tempo, un comparto nel quale è difficile comprendere quali sono le reali conseguenze di questo tipo di attacchi ed è ancora difficile valutarne i danni. A questo proposito Fabio Sammartino tiene a sottolineare che quando si parla di attacchi al mondo industriale ci si sono degli esempi che hanno avuto un impatto notevole dal punto di vista del sistema produttivo, ambientale e sociale. “Se parliamo ad esempio all’attacco hacker al Colonial Pipeline nel maggio 2021 (la grande rete di oleodotti che trasporta carburanti dal Texas allo stato di New York n.d.r.) si ha a che fare con un problema che ha avuto riflessi importantissimi sul piano economico, ambientale ma anche dal punto di vista dell’impatto sociale”. Si tratta di uno scenario che in termini di minacce non mostra segni di miglioramento, in particolare se si guarda al recente Rapporto Clusit si deve registrare ogni anno una crescita nella numerosità e intensità delle minacce, in particolar modo per quanto riguarda il settore manifatturiero italiano, che èrestauno dei settori più colpiti in assoluto.

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In effetti una quota molto importante degli attacchi alle aziende europee, è avvenuto in ambito industriale, e ha segnato un impatto importante all’ecosistema produttivo. “Considerando che spesso la realtà delle imprese è ancora poco preparata dal punto di vista della cybersecurity e non è sufficientemente resiliente, nel momento in cui viene sottoposta a un attacco informatico, magari anche banale, può subire degli impatti distruttivi importantissimi dal punto di vista economico e sociale come ad esempio un blocco della produzione, con conseguenze come l’interruzione del lavoro per dipendenti e la necessità di utilizzare ammortizzatori sociali per sostenere anche economicamente queste situazioni critiche”. Ecco che per preparare il ecosistema industriale, è necessario affrontare nello stesso tempo un tema di evoluzione tecnologica e di evoluzione digitale. In questo senso si paga un prezzo che è determinato anche dal fatto che “nel passato la cybersecurity non è stata vissuta come un elemento centrale di questa crescita digitale e oggi non è più possibile concepire un’evoluzione digitale, senza mettere la sicurezza informatica al centro”.

Uscendo dalla dimensione che tende ad associare direttamente la cybersecurity a danni e situazioni di crisi per le imprese è utile vedere anche cosa e come si può fare per garantire uno sviluppo che sia nello stesso tempo sicuro e resiliente. “Ci sono framework di cybersecurity che consentono di capire da dove partire, che indicano con chiarezza quanto sia importante prima di tutto conoscere con precisione la propria realtà in relazione alla sicurezza, per individuare gli elementi più importanti, e per lavorare in modo da migliorare la cultura della cybersicurezza in azienda. E nello specifico, per il mondo industriale, questo significa far crescere le competenze delle persone che utilizzano strumenti digitali e fornire supporto a tutti gli operatori dell’OT che devono essere maggiormente consapevoli dei rischi ai quali sono esposti in caso di attacco informatico”.

Sammartino indica poi i tre elementi chiave per garantire maggiore sicurezza nel mondo manifatturiero: una cybersecurity assessment, che inizi da un self assessment, per disporre di tutti i fattori di conoscenza della propria infrastruttura e che permetta di focalizzare l’attenzione sui principlai elementi cardine; la preparazione di un piano di resilienza che sia in grado di prevedere e gestire cosa può accadere al sistema in caso di di attacco informatico e infine una cira sempre più importante ai temi delle competenze di chi utilizza i sistemi, sia per quanto riguarda gli operatori IT sia per gli operatori del mondo industriale, e in generale della fabbrica.

Viscardi: un lavoro di squadra per mettere l’innovazione al servizio della competitività

Gianluigi Viscardi, Presidente Consorzio Intellimech e Presidente Cluster Fabbrica Intelligente, coordinatore Digital Innovation Hub e presidente Cosberg.

Digitalizzazione e competitività. Il rapporto è sempre più diretto ma a fare la differenza sono le condizioni che permettono alle imprese, in particolare quelle di medie e piccole dimensioni, di disporre delle competenze e delle condizioni per sfruttare tutte le potenzialità del’innovazione. Viscardi porta subito l’attenzione agli strumenti che stanno permettendo alle imprese di fare la differenza. “Nel grande lavoro per aiutare le piccole medie imprese a migliorare la loro competitività con gli strumenti dell’innovazione i Digital Innovation Hub svolgono un ruolo chiave e hanno al loro attivo un importante percorso di sviluppo contrassegnato dall’impegno di Confindustria nazionale”. Un impegno ad esempio per una governance che permettesse a queste strutture di predisporre ed erogare un assessment allo stesso livello per tutti, a Bergamo, a Milano o in Sicilia. “E questo è un tema molto importante, che ha permesso di erogare alle aziende servizi di assessment di maturità digitale, assessment della cybersecurity e assessment sui dati” solo per fare alcuni esempi. Nello stesso tempo, guardando alle priorità delle imprese “Non si può infatti parlare di intelligenza artificiale se prima nelle aziende non si forma una vera cultura sul valore del dato e nellos tesso tempo non si fa crescere una consapevolezza sul patrimonio di conoscenze e di informazioni che possono e devono essere messi al servizio della competitività”.

In generale, con i DIH ci si muove con un approccio che non intende puntare a risolvere dei problemi specifici, ma intende mettere a disposizione gli strumenti e le competenze necessari per sensibilizzazione le imprese a prepararsi per affrontare questi temi, conoscendo in modo sempre più preciso la loro rilevanza per il business e per il percorso di digitalizzazione che caratterizza ciascuna specifica realtà imprenditoriale.

Il bilancio numerico di questo percorso, commentato da Viscardi, è contrassegnato da circa 3000 imprese visitate, con sessioni di almeno 12 ore per ogni realtà e con un alto livello di soddisfazione che ha permesso di mettere a fuoco molti elementi di riflessione, in funzione delle dimensioni aziendali e del settore merceologico di appartenenza. Il 55% delle aziende si assestano tra il valore da 2,5 a 3,5 su scala da 1 a 5. L’1% delle aziende presenta un’elevata maturità, superiore al 4,5. Il trend segnala che la maturità digitale media cresce con le dimensioni aziendali e le PMI si collocano leggermente in ritardo rispetto alle grandi imprese. Tra i dati più di dettaglio, la grande maggioranza delle imprese, pari a una quota del 92%, rivela la necessita di un intervento di supporto al cliente in termini di servizi post vendita.

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Guardando alle funzioni aziendali, Ricerca & Sviluppo, Produzione e Qualità sono mediamente le aree più mature, mentre nella Logistica, nelle Supply chain e nelle Risorse umane ci sono maggiori spazi di miglioramento. Un altro dato estremamente indicativo riguarda il fatto che l’86% delle aziende non è ancora in grado di implementare un sistema di manutenzione integrato e connesso.

E questo tema appare come particolarmente importante, in particolare se interpretato e letto anche come uno dei fattori abilitanti del percorso verso la servitization, ovvero di un modello di sviluppo basato sulla piena integrazione tra i temi della digitalizzazione e della sostenibilità, considerando la tipologia e la qualità dei vantaggi che il passaggio dal “prodotto al servizio” è in grado di consegnare in forma di vantaggi per la gestione delle risorse e di riduzione dell’impatto ambientale.

“Noi come azienda (Cosberg) realizziamo sistemi di automazione, macchine speciali e impianti taylor made. Un tempo un impianto aveva una durata che poteva arrivare a 20 anni, adesso dopo 2 anni il prodotto va cambiato e sino a qualche tempo fa la componente recuperabile era molto limitata. A fronte di questo contesto, delle esigenze dei clienti e delle possibilità offerto dagli sviluppi del digitale abbiamo iniziato a interrogarci su come agire per recuperare gli impianti e riutilizzarli il più possibile.

In questo percorso stiamo lavorando per arrivare alla servitizzazione, e quando l’abbiamo affrontata, non più solo come un progetto di sperimentazione, ma a tutti gli effetti come un nuovo modello di business abbiamo compreso che era necessario ridisegnare la fabbrica, l’organizzazione, il lavoro, le competenze per arrivare a una vera servitizzazione”. Viscardi sottolinea anche che si tratta di un processo che deve cambiare anche il rapporto verso le macchine: “devono essere disegnate per dare soluzioni, devono essere le più semplici possibili, in funzione dei risultati che devono permettere di ottenere. Per questo occorre uno straordinario lavoro di digitalizzazione, è necessario disporre di dati e di un livello di conoscenza sempre maggiore che arriva attraverso molteplici canali”. Ad esempio con il monitoraggio delle attività di manutenzione, dei problemi che si presentano, delle diverse forme in cui vengono risolti e degli strumenti che sono utilizzati. “Passaggio per passaggio, con un grande investimento in dati e conoscenza, si ridisegnano le macchine e i processi”.

Bonaccorsi di Patti, TIM Enterprise: gli strumenti del digitale al servizio di competitività e sostenibilità del manifatturiero

Tommaso Bonaccorsi di Patti, Responsabile Go to Market & Service Creation  - TIM Enterprise

La triangolazione tra innovazione digitale, costenibilità e competitività rappresenta sempre di più il frutto di una accurata interpretazione delle tecnologie e dei servizi che concorrono al raggiungimento di questi risultati. Per Tommaso Bonaccorsi di Patti il digitale esercita oggi un ruolo essenziale e per capire al meglio la portata occorre considerarlo nello stesso tempo anche come una condizione nella quale ci troviamo immersi che vive una costante accelerazione. “In questo senso si deve sottolineare l’opportunità sempre più strategica per il mondo manifatturiero del modello servitizzato del digitale ovvero del ruolo che il cloud può svolgere per accelerare e risolvere molto più rapidamente il gap di innovazione che spesso penalizza molte imprese”.

Si è sottolineato che la maturità digitale delle grandi imprese è più avanzata di quelle piccole medie. Si tratta di un fatto per certi aspetti strutturale, e Bonaccorsi di Patti tiene a evidenziare come in “luoghi come questo (MADE Competence Center n.d.r.), nei Digital Innovation Hub di Confindustria così come nei centri dedicati al trasferimento tecnologico si ha la possibilità di far crescere in modo “accelerato” la competenza tecnologica e di lavorare in modalità “test before invest” ovvero di realizzare forme di progettazione in maniera anticipata, potendo contare sulle competenze di chi lavora da tanto tempo su queste tecnologie”.

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In questo senso per Bonaccorsi di Patti il ruolo dei Competence Center rappresenta un elemento importantissimo nella costruzione di un sistema più competitivo e più resiliente. “Relativamente allo specifico tema della capacità delle imprese di affrontare situazione di incertezza, insicirezza, cambiamento, si deve rilevare la presenza di convergenze che stanno alzando il livello di attenzione sulla resilienza digitale. Da una parte le prospettive della Direttiva NIS 2, da un’altra del Cyber Resilience Act, permettono un irrobustimento della resilienza generale, ma serve un grande lavoro di crescita del digitale a livello di tecnologie e competenze”.

E nella gestione di una reale capacità di resilienza occorre saper far crescere un ambiente in grado di prestare sempre più attenzione anche alle più piccole perturbazioni, un contesto capace di leggere con attenzione tutti i segnali, anche quelli che non si annunciano con le tipiche caratteristiche di una minaccia. Bonaccorsi di Patti richiama l’attenzione sull’importanza di una organizzazione e di una cultura che sappia leggere con attenzione il contesto in cui opera. Peraltro non sono mancati esempi di eventi che richiamano alla mente anche il ben noto tema dell’effetto farfalla: un battito d’ali da una parte del mondo che crea una tempesta a migliaia di chilometri di distanza. “Il settore tecnologico è stato colpito da questi tipo di eventi, con shortage delle tecnologie che hanno bloccato lo sviluppo di diversi percorsi di digitalizzazione. In questo senso occorre oggi nelle imprese riuscire a fare leva anche sulle opportunità dell’intelligenza artificiale come strumento che consente di chiudere tanti gap informativi e previsionali molto rapidamente, come uno strumento che abilita la creazione di nuova competitività, ma che nello stesso tempo impone una evoluzione in termini di dominio delle competenze“.

Ed è sulle competenze che occorre fare leva in particolare per la capacità delle imprese italiane di posizionarsi su ambiti ad alto valore aggiunto nei quali conta disporre di una elevata specializzazione.

Relativamente ai temi della trasformazione sostenibile Bonaccorsi di Patti sottolinea che TIM Enterprise vive una doppia prospettiva: da una parte c’è un impegno costante che viene da lontano nel rendere il digitale sempre più sostenibile, in particolare per quanto riguarda i consumi energetici. E qui ricorda come i suoi 16 data center abbiamo raggiunto risultati molto importanti in termini di gestione dei consumi e di sostenibilità in un percorso intrapreso da molto tempo che è arrivato, tra i vari punti, all’utilizzo al 100% di energia proveniente da fonti sostenibili certificate.

“Dal punto di vista della visione del mercato siamo convinti che si tratta di una trasformazione indifferibile, perché un’impresa non sostenibile rischia di perdere la propria competitività. La domanda si sta spostando verso una richiesta sempre più esplicita di sostenibilità e si sta pragmaticamente lavorando a una gestione delle risorse sempre più orientata alla competitività anche dal punto di vista economico. Come TIM Enetrprise portiamo sul mercato soluzioni che abilitano nello stesso tempo una trasformazione digitale e sostenibile. Nello specifico con l’IoT, il 5G e il Cloud abbiamo un abilitatore formidabile per il ripensamento di tante dimensioni legate ai processi industriali, al rapporto con i prodotti, alla manutenzione, a nuovi percorsi di ecodesign. Un esempio, già ampiamente citato nel corso dell’evento, è certamente rappresentato anche dal fenomeno della servitizzazione, che permette di unire in modo realmente integrato le possibilità legate a nuove forme di efficienza e di competitività con risultati molto concreti in termini di sostenibilità“.

Un richiamo importante e doveroso per Bonaccorsi di Patti riguarda la necessità di aumentare l’attenzione ai temi di una cybersecurity che deve essere interpretata e attuata a tutti gli effetti in modo integrato con gli obiettivi di sostenibilità e come un fattore assolutamente indispensabile per contribuire alla resilienza delle imprese.

Sempre su questa sessione dell’Industry 4.0 360 Summit segnaliamo il servizio di Innovation Post accessibile QUI



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