serve un paradigma relazionale per sanità, lavoro e transizione ecologica


“Il nostro messaggio è quello della necessità di introdurre un paradigma relazionale in una sanità e in un welfare che è diventato troppo freddo e distante e, soprattutto, troppo centrato su criteri economici e organizzativi di efficienza fredda. C’è bisogno, invece, di ricostruire la relazione tra le persone, tra strutture, tra privato, pubblico e terzo settore”. 

Con queste parole è intervenuta Carla Collicelli, senior expert Cnr Ethics e ASviS, nel corso dell’evento “L’individuo (da solo) non esiste”, organizzato a Roma il 15 marzo nell’ambito di Piano B, un’iniziativa volta a rilanciare il ruolo della società civile nella promozione del benessere e dello sviluppo sostenibile. L’evento è nato dalla volontà di ricostruire e rigenerare legami e comunità (il paradigma relazionale), nell’esperienza sociale e politica, in buone pratiche sociali e amministrative e nelle strategie politiche, per un futuro più sostenibile in Italia e in Europa.

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Durante l’incontro, Carla Collicelli, Marco Bentivogli (coordinatore nazionale Base Italia) e Leonardo Becchetti (direttore Festival nazionale dell’economia civile e cofondatore NeXt economia per tutti) hanno presentato tre discussion paper incentrati su sanità, lavoro e transizione ecologica, che analizzano le criticità dei modelli del passato e propongono prospettive future orientate alla sostenibilità.

Un paradigma relazionale nella sanità

Salute e benessere non sono un ‘di cui’ delle politiche pubbliche, un ambito marginale, ma un pilastro, assieme ad altri, della nostra democrazia e del nostro futuro”. Questo uno dei punti sollevati nel paper dedicato alla sanità, che richiama l’attenzione sulle criticità del settore e sulla necessità di considerare attentamente la complessità sociale e i cambiamenti in atto nei bisogni di salute.

Le sfide che hanno investito il settore sanitario sono derivate da fenomeni come l’invecchiamento della popolazione e le crescenti condizioni di solitudine, la frammentazione sociale e una visione della salute sempre più incentrata sulla domanda individuale piuttosto che sui bisogni collettivi . Negli ultimi anni, sebbene gli anziani abbiano migliorato le loro condizioni di salute, sono aumentate le malattie croniche e del disagio da solitudine. Basta pensare che il 65% degli anziani vive da solo o si occupa del coniuge che riversa in condizioni di fragilità, mentre tra la popolazione con disabilità, il 28,4% vive in solitudine e la maggior parte riversa in cattive condizioni di salute.

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Per rispondere all’incapacità del sistema sanitario di rispondere adeguatamente a queste sfide, si legge nel paper, è necessario adottare un “paradigma relazionale” che definiscala cura come relazione, intersettorialità e dinamicità relazionale”. Questo implica anche superare il paradigma biomedico, centrato sullo scientismo burocratico e sullo sviluppo tecnologico poco adeguato, il paradigma economicistico, che si basa su meccanismi di controllo finanziario rigidi e su strategie di efficientismo aziendalistico, e il paradigma burocratico-istituzionale, che prevede la separazione delle funzioni e delle competenze e la contrapposizione tra pubblico e privato. Il paradigma relazionale, secondo il documento, va attuato su più livelli: a livello micro, ponendo l’attenzione alla relazione terapeutica, garantendo continuità assistenziale ed etica dello sviluppo tecnologico e la solidarietà di territorio; a livello meso, monitorando la domanda di benessere, valorizzando le esperienze di programmazione partecipata e i programmi di rigenerazione urbana; a livello macro, con un maggiore impegno basato sulla cooperazione tra Paesi, sulla promozione della salute in tutte le politiche e sulla sostenibilità intergenerazionale.

Criticità e risposte per il mercato del lavoro

La transizione tecnologica, ambientale e demografica hanno determinato una profonda trasformazione del mercato del lavoro, sottolinea il paper dedicato al tema. I dati sull’occupazione in Italia dipingono un quadro allarmante: sono 24 milioni le persone occupate, in confronto ai 38 milioni che rientrano in età lavoro; il Paese si colloca nelle ultime posizioni delle classifiche europee sull’occupazione, in coda alla Grecia per tasso di occupazione globale e femminile; nonostante un incremento della forza lavoro di 1,86 milioni di unità negli ultimi vent’anni, l’età media di lavoratori continua ad avanzare; in Italia il 12% della popolazione appartiene alla categoria di lavoratori che pur recependo un salario, vive in condizioni poco dignitose. Le cause di queste problematiche si ritrovano in diversi fenomeni, come la crisi demografica, il lavoro povero o saltuario e la concorrenza globale.

Un’altra questione da considerare in questo scenario è il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro. Internet e l’intelligenza artificiale hanno aumentato la velocità dell’innovazione, ma spesso i lavoratori non riescono ad adeguarsi a questi processi, generando disoccupazione in settori che richiedono competenze non ancora acquisite dai lavoratori. Il fenomeno del mismatch è presente in diversi settori, tra cui quello della sanità: in Italia restano scoperti oltre 50mila posti tra medici ed infermieri.

Le nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, stanno determinando un cambiamento profondo del lavoro, generando tre effetti significativi: la creazione di nuove professioni, la sostituzione di alcune professioni, con tecnologie che svolgono le stesse mansioni più rapidamente, e l’evoluzione di professioni, che saranno supportate dall’intelligenza artificiale. È quasi certo che si assisterà all’eliminazione di molti posti di lavoro, ma secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro si potrebbero generare 58 milioni di nuovi posti di lavoro.

Alla luce di questo scenario, il Paper propone di adottare un paradigma relazionale per sviluppare un mercato del lavoro che integri produttività, innovazione e dignità del lavoro, introducendo nuove dimensioni di cura nell’organizzazione aziendale, per aumentare il benessere dei lavoratori. Tra le strategie consigliate per migliorare il mercato del lavoro italiano rientrano: la necessità di investire in innovazione per stimolare la produttività senza comprimere i salari, l’importanza di riorganizzare in modo strutturato strumenti come lo smart working per garantire un giusto equilibrio tra il lavoro e la vita relazionale e l’esigenza di coinvolgere i lavoratori nelle decisioni aziendali per aumentare il loro senso di appartenenza.

Le sfide della transizione ecologica

“La radice profonda del problema della sostenibilità ambientale sta nel fatto che negli effetti della rivoluzione industriale che hanno contribuito ad aumentare popolazione, benessere e aspettativa di vita sono arrivati a toccare i limiti fisici del pianeta”. Così apre il discussion paper sulla transizione ecologica, che ricorda come le emissioni globali dipendano per più del 75% dalla produzione di energia, dalla mobilità e dalla produzione industriale. Una delle priorità attuali è la transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili, migliorando l’efficienza produttiva, considerato che il carbone produce 820 tonnellate di CO2 per gigawatt ora di energia, mentre l’eolico e il fotovoltaico tra le tre e le cinque tonnellate.

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Le rinnovabili crescono ma non abbastanza, la lentezza della burocrazia frena gli investimenti.

Tra i principali ostacoli della transizione ecologica troviamo l’efficientamento energetico degli edifici, che generano circa un terzo delle emissioni di gas serra. È necessario intervenire, sottolinea il Paper, con aiuti economici per la ristrutturazione degli edifici più inquinanti e la costruzione di nuovi edifici a impatto zero. Inoltre, occorre sviluppare comunità energetiche rinnovabili (Cer) che favoriscano una produzione energetica distribuita e partecipativa. È fondamentale, poi, monitorare le emissioni delle imprese evitando il rischio di greenwashing. Una soluzione integrata a questi tre fenomeni che rendono difficile la transizione ecologica è data da un nuovo modello che permetta alle imprese di finanziare la creazione di comunità energetiche rinnovabili come misura compensativa delle emissioni da loro prodotte. Si tratta di un modello che potrebbe rendere più redditizio anche l’efficientamento energetico degli edifici, grazie a investimenti iniziali ricoperti da finanziamenti esterni.

Il documento ricorda anche, sul piano globale, l’opportunità offerta dal “giubileo ecologico” per riequilibrare le disuguaglianze, associando la cancellazione del debito finanziario al riconoscimento del debito ambientale dei Paesi con economie fiorenti nei confronti di quelli meno sviluppati.

Infine, il Paper sottolinea l’importanza di sviluppare un processo di transizione ecologica che, oltre a promuovere l’economia circolare e l’uso di energie rinnovabili, tenga conto della dimensione sociale, evitando di penalizzare le fasce più deboli della popolazione.

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di Ilaria Delli Carpini



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