ma mancano infrastrutture e competenze per gestirla al meglio


L’intelligenza artificiale entra sempre più nella vita quotidiana, e in Italia si fa sentire l’urgenza di capirla e gestirla al meglio.

Secondo una ricerca di Skuola.net ed ELIS, 8 studenti su 10 vorrebbero studiarla a scuola, mentre il 51% la usa già frequentemente. Parallelamente, il report “Enterprise Cloud Index 2025” di Nutanix rivela che il 95% delle aziende italiane ha una strategia per l’IA generativa, ma il 98% riscontra difficoltà infrastrutturali.

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Scuola e imprese corrono verso il futuro digitale, ma la vera sfida è formare competenze adeguate.

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Gli studenti e l’Intelligenza Artificiale: tra timore e necessità di formazione

 

L’Intelligenza Artificiale sta diventando una presenza sempre più ingombrante nella vita degli studenti italiani, tanto da suscitare sentimenti contrastanti: da un lato, il timore per il suo impatto sul mondo del lavoro; dall’altro, il desiderio di padroneggiarla attraverso un’adeguata formazione scolastica.

Secondo l’edizione 2025 di “Dopo il diploma” – ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con ELIS su un campione di 2.500 studenti delle scuole superiori – otto giovani su dieci chiedono che l’IA diventi una competenza curricolare, con lezioni dedicate.

 

 

Un’ansia crescente per il futuro

Rispetto all’indagine dell’anno scorso, il numero di studenti che vedono l’IA come una minaccia è aumentato di circa il 10%, arrivando al 60%. Tra questi, il 31% è convinto che ogni settore lavorativo sarà colpito, mentre il 29% crede che l’impatto sarà significativo, ma limitato ad alcuni ambiti economici. Tuttavia, non tutti sono pessimisti: circa il 30% degli intervistati vede nello sviluppo tecnologico una possibilità per la nascita di nuove professioni, destinate a sostituire quelle ormai obsolete.

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Di fronte a queste incertezze, gli studenti avanzano una richiesta chiara: l’Intelligenza Artificiale deve entrare nei programmi scolastici. Il 41% vorrebbe che diventasse una materia obbligatoria, mentre il 40% preferirebbe un approccio facoltativo. Solo una minoranza, meno del 20%, ritiene che l’argomento possa restare fuori dalle aule.

 

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L’IA, compagna di studi e strumento di supporto

Mentre il dibattito sulla sua introduzione nei curricula scolastici è aperto, molti studenti hanno già integrato l’Intelligenza Artificiale nella loro quotidianità. Il 51% utilizza regolarmente strumenti basati su IA generativa – come ChatGPT – per supportare lo studio, un dato in netta crescita rispetto al 34% registrato nel 2024. Parallelamente, il numero di coloro che non hanno mai sperimentato queste tecnologie è sceso dal 25% al 16%.

Ma come viene usata l’IA dagli studenti? Non solo per copiare, come si potrebbe pensare. La metà degli intervistati la considera un valido assistente per ricerche, spiegazioni e verifiche di preparazione. Un terzo la impiega per correggere i propri elaborati, crearne di nuovi o ricevere suggerimenti su strategie e metodi di studio. Al di fuori dell’ambito scolastico, invece, l’IA è sfruttata per ricerche generiche (40%), consigli pratici (36%) e creazione di contenuti multimediali (25%).

 

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Una tecnologia poco compresa: il deficit di formazione

Nonostante l’uso diffuso dell’IA, pochi studenti si preoccupano di approfondirne il funzionamento. Solo il 29% segue corsi o tutorial online per imparare a utilizzarla in modo consapevole, un dato rimasto sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente (28%).

Ancora più critica la situazione nelle scuole: appena il 10% degli studenti ha avuto la possibilità di esplorare il tema insieme ai propri docenti, mentre il 35% ha ricevuto solo un’introduzione superficiale. Questo spiega perché la richiesta di una formazione adeguata sull’IA sia sempre più pressante.

 

 

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Per molti utenti, però, questo dialogo con l’algoritmo ancora avviene ancora al buio. Visto che circa la metà di quanti lo interpellano con una certa frequenza non si premura di formarsi adeguatamente per farlo. In un mondo in cui l’Intelligenza Artificiale si sta rapidamente affermando come uno strumento di lavoro e di apprendimento, i ragazzi vogliono essere preparati, anziché subirne passivamente le conseguenze.

Pietro Cum

L’Intelligenza Artificiale – fa notare Pietro Cum, Amministratore Delegato di ELIS – è il tema sul quale stiamo rivedendo da tempo i nostri programmi didattici, come il Corso di Laurea in Ingegneria Digitale in collaborazione con il Politecnico di Milano. Per gli stessi motivi, stiamo sperimentando anche i percorsi di orientamento, aggiornamento e formazione che coinvolgono direttamente il personale delle aziende del nostro Consorzio, che peraltro stanno suscitando un ottimo riscontro. Segno di un bisogno di sapere che dalla scuola si estende alle università e alle stesse imprese. Pensando, in particolare, agli studenti di scuola superiore, trovo affascinante che l’IA abbia portato nel loro orizzonte digitale una novità e un’esigenza di conoscenza così stimolante, sulla quale si stanno concentrando sempre più curiosità, aspettative e una giusta dose di preoccupazione”.

 

Le aziende che implementano l’IA: una crescita rapida, ma tanti ostacoli strutturali

Se il mondo della scuola chiede più formazione, quello delle imprese italiane dimostra di essere già proiettato nell’adozione dell’IA. Secondo il report “Enterprise Cloud Index 2025” di Nutanix, il 95% delle aziende italiane ha definito una strategia per la GenAI, e il 67% ha già avviato o completato progetti di implementazione. Numeri superiori alla media globale (55%) e alla media europea (54%).

Le imprese puntano sull’IA per migliorare la produttività (53%) e l’automazione (52%), e quasi la metà degli intervistati (47%) prevede un ritorno sull’investimento significativo entro tre anni. Tuttavia, l’entusiasmo è frenato da grandi problemi infrastrutturali e di sicurezza.

 

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Il 98% delle aziende riscontra difficoltà nel gestire i carichi di lavoro dell’IA generativa e nella loro integrazione con l’infrastruttura IT esistente. Inoltre, il 45% teme per la sicurezza e la privacy nell’uso dei modelli di linguaggio avanzati.

 

Scuola e aziende: una sfida connessa sulla formazione

Dalla scuola al mondo del lavoro, il filo conduttore è uno solo: servono più competenze per gestire l’IA. Gli studenti vogliono studiarla, le aziende cercano di implementarla, ma in entrambi i casi manca un’adeguata preparazione. Se il 90% degli studenti non ha mai avuto una lezione strutturata sull’IA, anche nelle aziende il problema è evidente: il 71% ritiene che sia necessario migliorare l’infrastruttura IT per supportare l’adozione dell’IA generativa.

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Le richieste sono simili e interconnesse: da un lato, le scuole devono integrare l’IA nei programmi didattici, formando docenti e studenti su un uso consapevole e critico delle tecnologie; dall’altro, le aziende devono investire non solo nelle tecnologie, ma anche nelle competenze umane, per evitare di adottare strumenti che poi risultano difficili da gestire.

 

Sicilia e IA: il rischio di un doppio divario

 

L’Italia è in corsa sulla GenAI: ma il divario interno rischia di rallentarla

Il quadro che emerge da queste due ricerche è chiaro: l’Italia sta correndo verso l’intelligenza artificiale, ma rischia di inciampare su problemi di formazione e infrastrutture. E c’è un aspetto ancora più critico che merita attenzione: il divario tra le diverse aree del Paese.

Se l’Italia nel suo complesso è tra le nazioni europee più avanzate nell’adozione della GenAI, al suo interno esistono realtà con velocità molto diverse. Il rischio è che l’intelligenza artificiale, anziché ridurre il gap tra le regioni, lo amplifichi.

 

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La Sicilia, come altre regioni del Sud, si trova ad affrontare una doppia problematica di lungo corso che incide in maniera importante. Da un lato, la carenza di infrastrutture digitali, di connettività adeguata e di ecosistemi tecnologici avanzati rischia di rallentare l’adozione dell’IA nel mondo delle imprese.

Dall’altro, il sistema scolastico e formativo, già penalizzato da tassi di dispersione scolastica elevati e da una minore offerta di corsi STEM rispetto al Nord, potrebbe faticare a preparare le nuove generazioni alle trasformazioni del mondo del lavoro.

 

In un contesto in cui già oggi il mercato del lavoro siciliano presenta criticità – con un tasso di disoccupazione giovanile ben superiore alla media nazionale – l’introduzione dell’intelligenza artificiale senza un adeguato piano di formazione rischia di rendere ancora più difficile l’inserimento lavorativo dei giovani. Se le aziende del Nord e del Centro hanno già avviato strategie per l’IA, molte imprese siciliane potrebbero trovarsi indietro, con meno risorse per investire e meno competenze disponibili sul territorio.

 

 

IA come opportunità: servono investimenti mirati

Eppure, l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un’occasione unica per regioni come la Sicilia. Il digitale permette di superare barriere geografiche, creare nuove opportunità di lavoro e attrarre investimenti. Ma per cogliere questa opportunità servono interventi mirati:

1. Investire con decisione nella formazione scolastica e universitaria: Le scuole siciliane devono poter accedere a programmi educativi innovativi sull’IA, con il coinvolgimento di esperti e aziende. Le università dell’isola dovrebbero potenziare i corsi di intelligenza artificiale, machine learning e data science, creando percorsi che connettano direttamente gli studenti con il mondo del lavoro.

 

 

2. Sostenere le imprese locali nell’adozione dell’IA: Le aziende siciliane, soprattutto le PMI, devono essere aiutate a sviluppare strategie per integrare l’IA nei loro processi produttivi, con incentivi economici e programmi di formazione dedicati.

3. Creare poli tecnologici e attrarre investimenti: Alcune città siciliane, come Palermo e Catania, potrebbero diventare nel tempo hub dell’innovazione nel Mediterraneo, puntando sulla specializzazione in settori in cui la Sicilia ha vantaggi competitivi, come il turismo, l’agricoltura di precisione e la blue economy.

 

 

L’Italia ha le carte in regola per essere protagonista nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale, ma per farlo deve affrontare il problema delle disuguaglianze interne. Serve un piano nazionale che garantisca a tutte le regioni, e in particolare a quelle del Sud, le stesse opportunità di sviluppo digitale.

Solo così l’IA potrà diventare un motore di crescita per l’intero Paese, e non solo per alcune sue parti.

 



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