Export vicentino: occhi puntati sul 2 aprile


La data da segnare in agenda è il 2 aprile. Nel calendario è un mercoledì, San Francesco da Paola. Per la geopolitica è il giorno in cui il presidente degli USA Donald Trump potrebbe cambiare gli equilibri del mercato globale. In quel giorno, infatti, dovrebbero entrare in vigore le tariffe che la Casa Bianca ha annunciato di voler applicare ai Paesi che attualmente presentano squilibri commerciali persistenti con gli Stati Uniti.

Tra annunci, qualche ripensamento e tanta incertezza ci si avvicina quindi al momento della verità che può segnare un significativo cambiamento nei rapporti commerciali internazionali, soprattutto per quegli Stati, come l’Italia, che con l’Oltreoceano hanno da sempre grossi interessi commerciali, in tanti settori diversi. Dalle materie prime all’automotive, dalla concia all’oro passando per il farmaceutico: gli occhi del mercato guardano a quella data segnata in rosso sul calendario, in attesa che risulti più chiaro se le minacce diventeranno realtà e, se con fermate, in quali settori e in che misura.

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Una realtà rispetto alla quale l’Unione Europea sta già preparando la sua risposta in quella che rischia di diventare una guerra commerciale: guerra che crea preoccupazioni anche nel Vicentino che, secondo un’analisi condotta dalla società di consulenza Prometeia per il Sole 24 Ore, è tra le 22 province più a rischio perché il valore del suo export è pari al 60% della sua attività produttiva.

Tra i settori che più temono ripercussioni dai dazi c’è l’agricoltura. A confermarlo sono le parole della presi dente di Confagricoltura Vicenza Anna Trettenero: «Ci preoccupa molto questa trade war – spiega – in quanto è una corsa al rialzo e avrà conseguenze importanti per l’imprenditoria agricola sia nel breve che nel lungo termine. Questa guerra tariffaria non uccide le persone, ma ucciderà le aziende agricole perché, se perdiamo le nostre eccellenze, sarà difficilissimo recuperarle. E sappiamo che ci sono già filiere estere complete pronte a sbarcare in Italia, per occupare i posti lasciati vuoti sul mercato. Non sta a noi sindacare quale sia la politica migliore da adottare ma, se si andasse verso un inasprimento delle tariffe commerciali, tutta la nostra economia sarebbe a rischio e si renderebbe indispensabile mettere in piedi una rete di salvataggio per le imprese». La situazione potrebbe di ventare ancora più complessa se venisse attuata l’imposizione di tariffe sui fertilizzanti minacciata dall’Unione Europea contro Russia e Bielorussia. «È una questione che ci tocca molto da vicino – aggiunge infatti Trettenero –, perché avrebbe un effetto immediato sui costi delle materie prime a carico degli agricoltori. E sarà un brutto colpo per il settore dei seminativi, a cominciare dai cereali come mais e frumento. Ricordo che senza foraggi, l’alimento principale delle mucche da latte e di altri animali, non avremmo l’Asiago e il Grana Padano, con la conseguenza che intere filiere rischiano di andare a rotoli. La storia recente ci insegna cosa accade in situa zioni come quella attuale: nel 2014, a seguito dell’invasione russa in Crimea, l’Europa impose dazi contro la Russia e questa rispose con l’embargo sulla frutta. Molte aziende persero intere campagne di raccolta e chiusero definitiva mente i battenti».

Un appello congiunto al presidente degli Stati Uni ti Donald Trump e alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen per evitare una guerra dei dazi è arrivata dagli agricoltori italiani e Usa con una lettera congiunta di Coldiretti, Filiera Italia e National Farmers’ Union (Nfu): «In questo momento – ha sottolineato Ettore Prandini, presidente della Coldiretti – è nell’assoluto interesse sia dell’Europa sia degli Stati Uniti trovare un accordo condiviso ed evitare di cadere nelle provocazioni. Serve proteggere un settore strategico come l’agricoltura, essenziale per la sicurezza alimentare, l’ambiente e la coesione economica e sociale. Ma è importante anche considerare il danno per i consumatori europei e americani, la cui capacità di acquisto risulterebbe compromessa dall’in f lazione».

 

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Vincenzo Grandi

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