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Nel 2024 il fundraising è salito a 1,36 miliardi, con fondi pensione e casse di previdenza in testa. Balzo dell’ammontare investito (+53%), che ha sfiorato quota 5 miliardi
Il mercato italiano del private debt continua a correre e archivia un altro anno record. Il fundraising ha infatti registrato una crescita del 13% rispetto al 2023, attestandosi a 1.360 milioni di euro, mentre l’ammontare ha toccato il massimo storico vicino a quota 5 miliardi. Lo certificano i dati annuali di Aifi, presentati in collaborazione con Cassa depositi e prestiti, stando ai quali il numero degli operatori che hanno raccolto capitali si è confermato stabile a 13.
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Fondi pensione e casse di previdenza prima fonte di raccolta
Guardando ai capitali, fondi pensione e casse di previdenza sono stati la prima fonte della raccolta (39%). In seconda posizione si piazzano il settore pubblico e i fondi di fondi istituzionali (28%), seguiti dalle assicurazioni (12%). Considerando solo fondi pensione e casse di previdenza, la provenienza geografica dei capitali è stata per il 54% estera.
Numeri in salita
Quanto agli investimenti, l’ammontare si è attestato a 4.962 milioni e ha registrato una crescita del 53% rispetto ai 3.151 milioni del 2023. Come per il fundraising, anche in questo caso si registra una crescita costante nel tempo, alimentata soprattutto dall’incremento delle operazioni di grandi dimensioni. Il numero di società finanziate è stato pari a 168, in salita del 14% rispetto dalle 147 dell’anno prima. Il 60% dei deal è stato realizzato da player italiani, mentre l’80% dell’ammontare è arrivato da operatori internazionali. Nel 2024 le imprese che hanno ricevuto almeno cento milioni di euro sono state undici, per un ammontare complessivo di 2,7 miliardi, in crescita rispetto alle quattro dell’anno precedente (1.504 milioni). A livello geografico, in testa c’è sempre la Lombardia: la regione vanta infatti il 34% delle società oggetto di investimento. Seguono Emilia-Romagna (12%), Lazio e Veneto (11%). Tra i settori, al primo posto con il 20% del numero di imprese spiccano i beni e servizi industriali. Il 58% delle società target ha meno di 250 dipendenti, mentre la durata media delle operazioni è di cinque anni e dieci mesi. Il tasso d’interesse medio si attestato all’8% per le operazioni a tasso fisso mentre per quelle a tasso variabile il valore è stato pari al tasso di riferimento, cui si aggiunge uno spread del 5,6%. Il 36% dell’ammontare investito è stato indirizzato al supporto di operazioni di LBO, mentre il 27% verso la crescita interna delle società target. A livello di numero, il 33% del totale ha riguardato debito a supporto di operazioni di buy out e il 32% la crescita interna delle società target. Quanto ai rimborsi, nel 2024 le società che ne hanno effettuati sono state 81 (-1%) per un ammontare pari a 439 milioni di euro (-32%). Il rimborso come da piano di ammortamento dello strumento ha rappresentato la tipologia più utilizzata in termini di numero, il 73% del totale. Gli operatori che hanno ricevuto rimborsi (anche parziali) sono stati 13, rispetto ai 16 dell’anno precedente.
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Private debt sempre più importante
“L’incremento del 53% negli investimenti è la dimostrazione della necessità di tale strumento a supporto dello sviluppo aziendale”, ha sottolineato il presidente Aifi Innocenzo Cipolletta. Che ha rimarcato l’importanza degli investitori istituzionali, chiamati a fare la loro parte “per permettere agli operatori di moltiplicare le azioni a sostegno delle realtà imprenditoriali generando circoli virtuosi di crescita”. “Noi come ogni anno abbiamo fatto la nostra parte e della raccolta complessiva abbiamo coperto circa il 20%”, ha affermato Andrea Nuzzi, direttore business di Cdp, secondo cui il mercato del private debt è destinato a diventare sempre più importante. “Siamo a un processo di riduzione del credito bancario, anche per motivi di regolamentazione”, ha argomentato, “quindi il mercato della finanza alternativa è previsto crescere in futuro per compensare l’offerta bancaria un po’ più limitata”. Poi, ha concluso, “con la stabilizzazione dei tassi c’è meno concorrenza implicita da parte dei titoli di debito liquidi come i BTP”.
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