Agroalimentare frenato dall’Ue, nell’Isola crescono le importazioni


E dire che i sardi, quando spingono il carrello, sono molto attenti a quello che comprano: la propensione delle famiglie all’acquisto «a chilometro zero» è la più alta d’Italia, il 41% guarda con cura la provenienza di frutta e verdura, mentre la media italiana supera di poco il 23%. Insomma: ci sarebbero tutte le condizioni per far crescere la produzione agroalimentare locale, ma su questo fronte l’Isola non accelera, anzi.

«Purtroppo importiamo circa il doppio di quanto produciamo», taglia corto Luca Saba, direttore regionale di Coldiretti, «e i motivi sono diversi. Penso alla condizione di insularità, ai ritardi sul fronte della logistica e alla polverizzazione aziendale: le imprese sono troppo piccole e non riescono a entrare nel circuito della grande distribuzione, dove è importante garantire produzioni regolari e standardizzate».

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I nodi

I giovani attratti dal mondo delle campagne e degli allevamenti sono pochi, nonostante il mercato potenziale superi il miliardo di euro. Negli ultimi quindici anni sono stati abbandonati circa 13mila ettari di terreni coltivati. Ma non è solo una questione di scarsa propensione a fare impresa nella galassia agroalimentare. A volte il sistema produttivo dell’Isola è frenato da contraddizioni e paradossi: «Pensiamo al comparto bovino. Fatta eccezione per Arborea abbiamo pochissimi centri per l’ingrasso sul territorio sardo. Qui i vitelli nascono e dopo sei-otto mesi vengono venduti alle aziende del Continente. Che li fanno crescere, li macellano e rivendono le carni alla grande distribuzione dell’Isola», riassume Pietro Tandeddu, fino all’anno scorso al timone di Copagri Sardegna.

Le regole

Gli ostacoli poi arrivano dalla burocrazia. Soprattutto quella europea. L’espansione delle imprese vitivinicole sarde, ad esempio, è frenata dalle norme Ue che limitano la possibilità di aumentare le superfici dedicate a Cannonau, Vermentino e altre varietà. «Si può crescere solo dell’1% ogni anno. Questo aspetto sicuramente limita il potenziale di produttività», spiega Giovanni Pinna, direttore generale della cantina Sella&Mosca.

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Tutti i dettagli nell’articolo di Michele Ruffi su L’Unione Sarda in edicola e sull’edizione digitale

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