di: Tommaso Meo | 21 Marzo 2025
Circa un terzo degli immigrati oggi titolari di imprese individuali in Italia è originario del continente africano. Una presenza importante, risultato della crescita significativa degli ultimi dieci anni, con un aumento complessivo del 15%. Secondo il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2024, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS e da CNA, gli imprenditori africani proprietari di imprese individuali erano 145.047, rispetto ai 126.164 del 2013, un dato che conferma il ruolo sempre più rilevante delle comunità africane nel tessuto economico italiano.
Le imprese immigrate in Italia
Nel 2023, le imprese guidate da immigrati in Italia hanno raggiunto quota 659.709, registrando una crescita del 32,7% nell’ultimo decennio; nello stesso periodo, l’imprenditoria italiana ha subito un calo dell’1,7%. La maggior parte delle imprese immigrate (73%) continua a essere costituita da ditte individuali, ma si osserva un’evoluzione strutturale importante: le società di capitale sono aumentate del 160% dal 2013, sintomo di una maggiore solidità finanziaria e competitività.
“Queste imprese stanno svolgendo un lavoro di rigenerazione del tessuto produttivo italiano”, ha evidenziato l’economista Andrea Lasagni, curatore del report per Idos, durante la presentazione a Roma. “Se c’è un saldo positivo, questo è dovuto alle imprese immigrate che portano nuove energie e innovazioni”, ha aggiunto. Sebbene gli immigrati siano presenti soprattutto in settori a bassa barriera d’ingresso, come commercio, edilizia e ristorazione, le loro aziende mostrano una maggiore propensione all’internazionalizzazione rispetto alle PMI italiane, grazie ai legami con i Paesi d’origine. Inoltre, queste imprese svolgono un importante ruolo sociale, fungendo da punto di riferimento per le comunità di origine e favorendo l’integrazione culturale ed economica.
Le imprese africane
Tra i principali paesi di provenienza degli imprenditori immigrati emergono il Marocco, l’Egitto e la Nigeria. Anche se il numero di imprenditori marocchini sia leggermente calato nel periodo considerato (-4,7%), questa comunità rimane la più numerosa con 58.273 titolari di imprese individuali nel 2023, subito seguita da Romania e Cina.
Diversa è la situazione per gli imprenditori egiziani, il cui numero è aumentato del 40,9%, passando da 14.356 a 20.223. Ancora più sorprendente è la crescita degli imprenditori di origine nigeriana, che hanno registrato un incremento del 93,6%, arrivando a 17.669 titolari di imprese nel 2023.
Dal punto di vista settoriale, la maggior parte degli imprenditori marocchini opera nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, che rappresenta oltre il 72% delle loro imprese. Tuttavia, la loro presenza sta crescendo anche nei settori dell’accoglienza e del turismo, soprattutto nei centri urbani.
Gli imprenditori nigeriani, invece, si concentrano principalmente nei settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, della ristorazione, dei servizi di assistenza alla persona, del trasporto e della logistica. Altri settori in cui gli imprenditori africani sono particolarmente attivi includono costruzioni, manifattura e agricoltura.
A livello geografico, le imprese di immigrati africani si concentrano soprattutto nel Nord e nel Centro Italia, con una maggiore presenza in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto e Toscana. Queste aree offrono maggiori opportunità lavorative e un mercato più dinamico per l’autoimprenditorialità.
Difficoltà e ostacoli per gli imprenditori immigrati
Nonostante la crescita dell’imprenditoria immigrata, persistono diverse difficoltà per chi vuole avviare un’attività in Italia. Uno degli ostacoli principali riguarda le modalità di ingresso nel Paese. Il decreto flussi, che regola l’ingresso dei lavoratori stranieri, non è sufficiente a coprire le reali esigenze del mercato del lavoro e spesso crea distorsioni.
Giulia Gori (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – FCEI) e Andrea Pecoraro (UNHCR) hanno evidenziato alcune delle criticità del sistema, pur riconoscendo alcuni miglioramenti. Gori ha citato il sistema “Train to Hire”, che permette alle aziende di formare lavoratori stranieri prima dell’assunzione. “Questa apertura ha permesso di sperimentare nuovi programmi, includendo persone con bisogni di protezione”, ha dichiarato. Pecoraro ha ricordato che per rifugiati e apolidi esiste la possibilità di entrare in Italia con un visto per lavoro tramite i “corridoi lavorativi”. Un esempio è il programma “ReadyForIT – Labour Pathways for Refugees”, lanciato nel 2024 dalla Fondazione Italiana Accenture per inserire 25 rifugiati africani nel settore IT.
Tuttavia, questi programmi restano limitati nei numeri “per rispondere in modo puntuale ai bisogni concreti e specifici del mercato del lavoro”, come ha confermato Stefania Congia, direttrice generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Oltre ai problemi legati all’ingresso nel Paese, gli imprenditori immigrati devono misurarsi anche con un difficile accesso al credito e con procedure burocratiche complesse in una lingua straniera. Su questo punto Marco Vicentini, vicepresidente di CNA, ha sottolineato la necessità di facilitare l’accesso al microcredito per queste imprese e di rafforzare la formazione e l’accompagnamento imprenditoriale. “Come CNA stiamo lavorando per creare impatto e stimolare la crescita”, ha dichiarato.
Nelle conclusioni della presentazione, Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, ha evidenziato come gli imprenditori stranieri, tra cui molti giovani e seconde generazioni, generino occupazione sia per altri immigrati che per italiani, arricchendo l’economia nazionale, in un mercato del lavoro sempre più rigido, anziano e in contrazione. “Le paure e speranze di questi imprenditori sono oggi le stesse di quelli italiani”, ha affermato, auspicando la creazione di un rinnovato patto sociale per affrontare insieme le sfide del futuro.
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