I ritardi sul Pnrr valgono 120 miliardi: il fallimento è totale


La recente analisi di Confindustria, “Lo stato di avanzamento del Pnrr, misura per misura”, presenta una situazione molto critica sia sul livello reale della spesa sia sull’impatto di questa sul Pil. Queste perplessità confermano quelle ex ante, ben argomentate dal libro di Tito Boeri e Roberto Perotti del 2023, sullo scarso contenuto strategico che emerge dal Piano, che da subito risultava frammentato in troppi canali di spesa, affidati inoltre a soggetti poco preparati a gestirli.

Per il livello di spesa, siamo di fronte a continui ritardi, che sono aumentati nel 2024: fino a 20 miliardi di euro non spesi rispetto al cronoprogramma, che si aggiungono ai 120 miliardi che dovevano essere già spesi. Invece restano in cassa: vuol dire che, nel prossimo anno e mezzo, oltre ai miliardi già preventivati, servirà un’accelerazione senza uguali per mettere a terra tutti i progetti. Davvero straordinario e davvero poco credibile.

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Effetti minimi sul Pil

Per gli impatti sul Pil la situazione è persino peggiore: per gli anni passati, gli effetti benefici risultano molto inferiori a quelli previsti nei primi anni; mentre, per quanto riguarda il futuro, si prevede una straordinaria accelerazione per questo e il prossimo anno, ultimo del Piano.

Insomma, stando alle previsioni ufficiali ci aspetterebbe un futuro roseo, capace di smentire ogni pessimismo. Ma, guardando le cose un po’ più da vicino, bisogna osservare che queste previsioni sono appoggiate a un modello macroeconomico, QUEST-III, molto peculiare, che assume che ogni spesa sia «ad alta efficienza».

Il modello usato è del tipo input-output, valuta cioè quanto la spesa generi l’aumento dei redditi delle famiglie e delle imprese, attraverso sia gli effetti diretti nella fase di cantiere che quelli successivi, generati nella fase in cui gli investimenti operano.

Per intenderci, per una infrastruttura di trasporto, il modello misura l’occupazione che si crea costruendola e poi i risparmi di tempo o di energia di cui godono poi gli utenti.

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%

 

Nelle fasi iniziali del Piano, i risultati inferiori alle aspettative avrebbero già dovuto suscitare allarmi, trattando ovviamente solo gli effetti di cantiere, che sono quelli più certi e misurabili, oltre che vicini nel tempo. Ma aspettarsi che siano straordinari gli impatti successivi, cioè i benefici generati dagli investimenti dopo che entrano in funzione, appare indifendibile, data l’assunzione aprioristica che tutti i progetti selezionati siano «ad alta efficienza». Questo perché ad alta efficienza non sembra che lo siano affatto. L’efficienza avrebbe dovuto essere verificata ex ante, con analisi microeconomiche del tipo costi-benefici, anche semplificate.

Poco ritorno dai trasporti

Ora, può darsi che in alcuni settori l’efficienza sia molto alta, sperare è sempre possibile.

Ma di certo, per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, un sottoinsieme di investimenti (per circa 25 miliardi), risultano impatti tutt’altro che “ad alta efficienza”. Le analisi costi-benefici, pur effettuate dai destinatari stessi degli investimenti, e quindi con assunzioni estremamente ottimistiche, danno risultati modesti.

Questo anche perché le opere sono ad alta intensità di capitale (occupano poche persone per euro speso), e i risparmi di tempo che generano non è affatto detto che si traducano tutti in aumento del Pil.

Sull’accuratezza della selezione di questi progetti poi getta una luce molto sfavorevole la sorte accaduta al maggiore di questi, il raddoppio ad alta velocità della linea Salerno-Reggio Calabria, che ha dovuto di fatto essere abbandonato a causa di problemi insormontabili, costruttivi e di costi, dalla tratta centrale.

Si può giustamente osservare che il Pnrr rispondeva a un drammatico rallentamento dell’economia dovuto alla pandemia, per cui occorreva immettere denaro pubblico nel sistema in tempi relativamente brevi, e non era dunque la qualità della spesa che era rilevante, ma la sua rapidità.

Questa assunzione però non sembra corroborata dai fatti: l’avvio della spesa è stato abbastanza lento, e i rimandi a cui si è accennato ne collocano ancora una gran parte in quest’anno e nell’anno prossimo, come abbiamo visto.

Lo strumento di valutazione macroeconomica usato, il modello QUEST III che abbiamo citato, non è risultato utile a valutare alternative, non per sua natura, ma perché semplicemente alternative di spesa non sono state valutate. Lo strumento ha avuto quindi solo un ruolo “agiografico”, per dimostrare che le scelte fatte erano comunque ottime.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Qualche aggiustaggio al Pnrr è stato fatto anche “in corso d’opera”, e le risorse ancora da spendere sono talmente consistenti che forse qualche ulteriore modifica è ancora possibile, negoziandolo con la Commissione europea. Una cosa è certa: maggiore attenzione alle analisi microeconomiche e alla valutazione di scenari alternativi sarebbe stata possibile e necessaria.

© Riproduzione riservata



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!