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Contesto strategico dell’EDIS (European Defence Industrial Strategy)

L’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia è stata il principale catalizzatore per l’UE per iniziare a pensare in modo più strategico alla frammentazione delle sue industrie della difesa. L’offensiva multiasse della Russia in Ucraina del febbraio 2022 ha riportato in Europa la guerra convenzionale ad alta intensità. Allo stesso tempo, l’assistenza militare dell’UE all’Ucraina ha dimostrato che le industrie europee della difesa non sono in grado di garantire una risposta militare adeguata a tale attacco.

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La mancanza di preparazione a lungo termine ha portato a tre intuizioni chiave sull’attuale livello di prontezza dell’UE in materia di difesa. In primo luogo, i paesi europei sembravano incapaci di aiutarsi a vicenda con sufficienti riserve di armi in caso di attacco. Sono in gioco due spiegazioni principali. In primo luogo, l’insufficienza delle scorte di armamenti e munizioni. Un requisito della NATO prima dell’invasione prevedeva che i suoi Stati membri avessero sempre 30 giorni di munizioni di riserva. All’inizio dell’invasione russa, la Bundeswehr tedesca avrebbe avuto munizioni solo per due giorni di intensi combattimenti, il Regno Unito per otto giorni. La seconda spiegazione è l’inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto. I paesi dell’UE non hanno potenziato le loro strade e linee ferroviarie per consentire, ad esempio, il passaggio di un carro armato Leopard da 62 tonnellate.

In Germania, il 10% dei ponti autostradali in tutto il paese richiede una ristrutturazione. Inoltre, l’Unione non dispone di un cosiddetto Schengen militare. Il trasporto di merci militari richiede permessi speciali, a differenza dei vettori merci civili che possono vagare senza problemi.

Nel 2018, nel quadro del progetto dell’UE per la mobilità militare, l’Unione ha convenuto di ridurre la procedura di rilascio dei permessi a cinque (!) giorni lavorativi. Questo obiettivo non è stato raggiunto. Di conseguenza, nel novembre 2022 l’UE ha elaborato un piano d’azione sulla mobilità militare 2.0 che «invita» gli Stati membri dell’UE a «raggiungere l’obiettivo dei cinque giorni lavorativi» entro il 2024 e a «esplorare la possibilità» di limitare a tre giorni lavorativi le procedure di rilascio delle autorizzazioni per le unità di reazione rapida. L’incapacità di immagazzinare e trasportare prontamente le riserve belliche in tutta l’Unione significa che i paesi europei non possono aiutarsi rapidamente l’un l’altro in caso di attacco.

Questa clausola è prevista sia nell’articolo 5 della NATO che nell’articolo 42.7 del Trattato sull’Unione Europea. In secondo luogo, l’UE non disponeva di risposte di emergenza per rilanciare la produzione militare.

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Capacità produttive adeguate a sostenere combattimenti a lungo termine sono necessarie se si ritiene probabile un conflitto militare prolungato. Un esempio calzante è la politica dell’URSS di mantenere la sua industria degli armamenti in pieno regime durante la Guerra Fredda. L’Unione Europea moderna non ha previsto il ritorno della guerra ad alta intensità sul continente europeo. Il suo quadro di politica di sicurezza, la bussola strategica per la sicurezza e la difesa (2022), elaborata in vista dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, non menziona i rischi di un conflitto militare tra pari o quasi pari, per non parlare di una guerra prolungata. Di conseguenza, l’UE non ha ravvisato la necessità di sviluppare risposte di emergenza a tali eventualità e la capacità delle sue industrie della difesa di produrre in serie forniture belliche è rimasta bloccata al livello dei “dividendi di pace”.

Queste carenze nella pianificazione hanno costretto l’UE a progettare incentivi per le industrie della difesa, dopo che la guerra russo-ucraina aveva già consumato le scorte militari europee. I produttori di difesa, impegnati nell’attuazione dei loro contratti a lungo termine con altri clienti, non erano ansiosi di investire nell’espansione delle loro linee di produzione a proprio rischio, senza contratti firmati. L’UE, a sua volta, disponeva di un margine di manovra limitato per una spesa aggiuntiva per la difesa nel quadro del QFP prenegoziato 2021-2027.

Entro la seconda metà del 2023, ovvero circa 18 mesi dopo l’invasione russa, la Commissione europea aveva sviluppato due risposte di emergenza per aiutare l’Ucraina: la legge da 500 milioni di euro a sostegno della produzione di munizioni  (ASAP) e la legge sul rafforzamento dell’industria europea della difesa attraverso gli appalti comuni  (EDIRPA) da 300 milioni di euro. Poiché l’ASAP e l’EDIRPA sono stati i primi tentativi di finanziare l’approvvigionamento congiunto o la produzione di munizioni, queste due misure hanno avuto un impatto limitato nell’affrontare le immense esigenze dell’Ucraina sul campo di battaglia. Nel marzo 2023, ad esempio, l’UE si è impegnata a fornire all’Ucraina un milione di proiettili da 155 mm entro un anno. Non riuscendo ad aumentare completamente la produzione, l’UE ha consegnato solo la metà dell’importo promesso. Nel 2024, si stima che l’Ucraina abbia bisogno di 200.000 proiettili da 155 mm al mese (o 2,4 milioni di proiettili all’anno) per avere un vantaggio sui russi. Infine, l’UE si è resa conto dell’inaffidabilità delle sue risposte alle emergenze e della necessità di passare a una «prontezza strutturale dell’UE in materia di difesa in tutti gli orizzonti temporali».

Promuovere la cooperazione tra difesa e industria in tempo di pace compensi la carenza di investimenti nella difesa nazionale e riduca la necessità di risposte puntuali alle emergenze, ma le imprese dual-use storiche hanno delocalizzato buona parte della propria produzione all’estero, e questo è un dato che l’Europa deve affrontare.

La nuova strategia europea per l’industria della difesa mira ad aiutare l’Unione a raggiungere la prontezza alla difesa potenziando la sua capacità industriale della difesa in cinque anni, riportando nel Vecchio Continente la propria capacità industriale.

La pubblicazione della European Defence Industrial Strategy (EDIS), avvenuta il 5 marzo 2024, rappresenta una risposta diretta e strutturata alla radicale evoluzione del contesto di sicurezza europeo determinato dall’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022. Tale evento ha segnato il ritorno della guerra convenzionale ad alta intensità in Europa, una situazione che non si verificava dalla Seconda guerra mondiale. Il conflitto ucraino ha così evidenziato numerose vulnerabilità strategiche e industriali nell’Unione Europea, mettendo in luce in particolare la fragilità e la frammentazione della base industriale tecnologica e della difesa europea (EDTIB), nonché una diffusa dipendenza strategica da fornitori extraeuropei, principalmente dagli Stati Uniti (Ostanina & Tardy, 2024; Clapp, 2024).

La strategia industriale europea della difesa (EDIS), presentata dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, delinea chiaramente una visione fino al 2035 per rafforzare la capacità industriale e tecnologica degli Stati membri, mirando esplicitamente a rendere l’industria europea della difesa più resiliente e competitiva a livello internazionale (Clapp, 2024). Secondo quanto delineato nella strategia, una robusta industria europea della difesa costituisce una condizione preliminare essenziale per il raggiungimento di una vera prontezza operativa della difesa europea.

Negli ultimi anni, il budget aggregato destinato alla difesa dagli Stati membri dell’Unione Europea ha registrato un incremento significativo: dai 171 miliardi di euro del 2014 (minimo storico dell’ultimo decennio), la spesa per la difesa ha raggiunto i 240 miliardi nel 2022, per poi salire a circa 290 miliardi nel 2023, con una proiezione che potrebbe raggiungere i 350 miliardi nel 2024 (Clapp, 2024). Tale incremento riflette un impegno politico esplicito assunto dai paesi membri dell’UE a fronteggiare una minaccia sempre più percepita come reale e immediata. Tuttavia, nonostante questa crescita, rimangono problematiche significative legate alla qualità degli investimenti e alla capacità industriale europea di soddisfare le esigenze strategiche emergenti.

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Il lancio della strategia EDIS include, fra l’altro, la creazione di nuove strutture istituzionali e finanziarie, come il programma europeo per l’industria della difesa (EDIP) con un budget iniziale di 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, che si propone di facilitare la cooperazione tra gli Stati membri lungo l’intero ciclo di vita delle attrezzature militari. Questo programma viene accompagnato da proposte come il meccanismo sperimentale di vendita militare europea e il Fondo per accelerare la trasformazione delle catene di approvvigionamento della difesa (FAST), che dovrebbe garantire finanziamenti specifici per PMI e mid-cap (Clapp, 2024).

Parallelamente, il Commissario UE per il Mercato Interno, Thierry Breton, ha proposto l’istituzione di un fondo finanziato con debito europeo di 100 miliardi di euro, destinato esclusivamente all’acquisizione congiunta di materiali militari prodotti nell’UE, mirando a ridurre la dipendenza da forniture estere e rafforzare la capacità industriale endogena (Clapp, 2024).

Tuttavia, nonostante questi sforzi finanziari e istituzionali, diversi esperti, tra cui analisti del think-tank Bruegel e del Center for Strategic and International Studies (CSIS), hanno espresso dubbi circa la reale capacità di questi strumenti di generare impatti significativi in assenza di obiettivi vincolanti e considerando l’insufficienza relativa degli stanziamenti previsti rispetto ai bisogni reali dell’industria della difesa europea, la cui dimensione complessiva è stimata in circa 70 miliardi di euro annui (Ostanina & Tardy, 2024; Clapp, 2024).

In sintesi, l’EDIS emerge come una risposta necessaria ma ancora incompleta, dettata dalla consapevolezza che l’Unione Europea deve accelerare il rafforzamento della propria capacità industriale di difesa per rispondere efficacemente a un contesto geopolitico radicalmente mutato, segnato da minacce tradizionali e nuove sfide strategiche.

Secondo punto: Criticità della Base Tecnologica Industriale della Difesa Europea (EDTIB)

Una delle principali sfide identificate dalla European Defence Industrial Strategy (EDIS) riguarda la frammentazione strutturale della Base Tecnologica Industriale della Difesa Europea (EDTIB). Secondo il rapporto della Commissione Europea e le analisi degli esperti del Jacques Delors Centre, questa frammentazione si riflette sia nella domanda che nell’offerta di prodotti di difesa, limitando fortemente la capacità europea di affrontare efficacemente situazioni di crisi come quella determinata dalla guerra in Ucraina (Ostanina & Tardy, 2024; Clapp, 2024).

A livello di domanda, la frammentazione deriva principalmente dalla persistente prevalenza degli approvvigionamenti nazionali rispetto a quelli cooperativi europei. Dalle statistiche della European Defence Agency (EDA), emerge chiaramente che nel 2022 soltanto il 18% degli investimenti totali in programmi di difesa è stato realizzato attraverso modalità cooperative tra più Stati membri, contro un obiettivo fissato dall’EDA stessa del 35% (EDA, 2022). Ciò comporta inevitabilmente una duplicazione degli investimenti, sprechi di risorse e una riduzione significativa delle economie di scala, cruciali per garantire la competitività e la sostenibilità economica dell’industria europea della difesa.

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Un esempio significativo è rappresentato dai sistemi terrestri e aeronautici: attualmente, esistono numerosi progetti nazionali paralleli che producono attrezzature non interoperabili o difficilmente integrabili in operazioni congiunte. Ad esempio, nell’aeronautica militare europea coesistono contemporaneamente diversi modelli di caccia (Eurofighter, Rafale, Gripen, F-35) che, pur essendo di alta qualità individuale, non garantiscono una piena interoperabilità. Ciò aumenta i costi operativi e limita l’efficacia complessiva delle operazioni militari congiunte (Ostanina & Tardy, 2024).

Inoltre, il rapporto Delors sottolinea la necessità urgente di aggiornare specifiche categorie di armamenti e sistemi, tra cui gli equipaggiamenti terrestri corazzati, i sistemi di difesa aerea e antimissile, nonché i droni da ricognizione e combattimento. Questi ultimi, in particolare, rivestono un ruolo sempre più centrale nei conflitti moderni e risultano essenziali per garantire capacità autonome di sorveglianza e attacco di precisione, riducendo la dipendenza europea da tecnologie extraeuropee (Ostanina & Tardy, 2024).

La questione della dipendenza extraeuropea rappresenta un ulteriore punto critico: nel periodo tra febbraio 2022 e giugno 2023, il 78% delle acquisizioni europee di equipaggiamenti militari è stato effettuato fuori dall’UE, di cui il 63% negli Stati Uniti (Clapp, 2024). Tale dato non solo indica una debolezza strutturale dell’EDTIB, ma rappresenta anche una vulnerabilità strategica rilevante, in quanto condiziona la politica estera europea, limitando fortemente la sovranità strategica europea.

Le criticità della base tecnologica industriale della difesa europea evidenziano dunque la necessità di interventi strutturali, finanziari e politici che mirino a ridurre le inefficienze, promuovere la cooperazione transnazionale, e aumentare l’autonomia tecnologica e strategica dell’Europa.

Terzo punto: Il quadro finanziario europeo per la Difesa (EDIP e altre iniziative)

Il quadro finanziario proposto dalla European Defence Industrial Strategy (EDIS) si articola principalmente attraverso il Programma Europeo per l’Industria della Difesa (EDIP), che prevede un budget iniziale di 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027. Sebbene significativo, tale importo è stato criticato da numerosi esperti per la sua limitata portata in relazione all’ampiezza del mercato europeo della difesa, che ha un fatturato annuale complessivo stimato attorno ai 70 miliardi di euro (Clapp, 2024; Ostanina & Tardy, 2024).

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Per rispondere a queste critiche e potenziare ulteriormente il finanziamento delle capacità di difesa europee, la Commissione Europea ha avanzato ulteriori proposte. Thierry Breton, Commissario per il Mercato Interno, ha proposto l’emissione di obbligazioni comuni europee per la raccolta di un fondo di 100 miliardi di euro destinato esclusivamente all’acquisto congiunto di equipaggiamenti militari prodotti in Europa. Tale proposta, ispirata al precedente successo del fondo “Next Generation EU” da 750 miliardi di euro creato per affrontare la crisi pandemica, punta ad aumentare considerevolmente la capacità di investimento congiunto degli Stati membri nella difesa, promuovendo una maggiore autonomia strategica europea (Clapp, 2024).

Parallelamente, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha rivisto significativamente la propria politica di finanziamento verso il settore della difesa. Inizialmente, la BEI destinava somme limitate a questo settore, ma con l’evoluzione del contesto geopolitico, ha pianificato un incremento sostanziale dei finanziamenti disponibili. Nel 2024, la BEI ha stanziato circa 1 miliardo di euro in finanziamenti diretti per progetti legati alla sicurezza e alla difesa, prevedendo un ulteriore aumento significativo nel 2025. Questo approccio rappresenta una svolta importante, considerando che in passato la BEI aveva escluso esplicitamente dalle proprie attività di finanziamento le armi, le munizioni e le infrastrutture strettamente militari, permettendo soltanto investimenti in beni dual-use, ossia beni utilizzabili sia per finalità civili che militari (Ostanina & Tardy, 2024).

Ulteriori strumenti finanziari previsti dall’EDIS includono l’introduzione di meccanismi finanziari innovativi, come il FAST (Fund to Accelerate Defence Supply Chain Transformation), specificamente dedicato al finanziamento delle PMI e mid-cap attive nel settore della difesa, con lo scopo di rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento industriale europea. Questo fondo avrà il compito di facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese ai capitali necessari per la trasformazione e modernizzazione tecnologica, migliorando così la competitività complessiva della base industriale europea (Ostanina & Tardy, 2024).

Nonostante tali iniziative, restano significativi dubbi riguardo alla capacità effettiva dell’EDIP e delle altre misure di finanziamento di produrre risultati concreti nel breve e medio periodo, soprattutto per l’assenza di obiettivi vincolanti per gli Stati membri. Esperti di centri di ricerca come il Bruegel Institute e il CSIS hanno evidenziato che senza un significativo aumento dei finanziamenti e senza obblighi chiari e vincolanti per gli Stati membri, l’impatto di tali misure potrebbe rivelarsi limitato, impedendo all’EDTIB di raggiungere l’autonomia strategica auspicata dall’Unione Europea (Clapp, 2024; Ostanina & Tardy, 2024).

Quarto punto: Tipologie di armamenti da aggiornare e problematiche associate

La European Defence Industrial Strategy (EDIS) delinea con chiarezza le tipologie di armamenti che necessitano di aggiornamenti urgenti, identificando diverse aree critiche in cui la capacità operativa e l’interoperabilità delle forze armate europee risultano seriamente compromesse.

Un primo settore fondamentale che richiede un immediato ammodernamento è rappresentato dagli aerei da trasporto militare, in particolare il progetto europeo A400M. Nonostante sia stato avviato congiuntamente da sette Paesi europei, l’A400M ha sofferto ritardi significativi e problematiche operative, quali carenze logistiche e problemi di manutenzione, che ne hanno limitato l’efficacia operativa sul lungo periodo (Ostanina & Tardy, 2024). Queste problematiche sono state aggravate dalla scarsa propensione degli Stati membri a investire ulteriormente per risolvere tali criticità.

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Un altro ambito critico è costituito dai sistemi terrestri, con un riferimento specifico al progetto franco-tedesco Main Ground Combat System (MGCS), ideato per sostituire gli ormai obsoleti carri armati Leopard 2 e Leclerc. Originariamente previsto per il 2035-2040, il completamento del progetto è stato recentemente posticipato al 2040-2045, a causa di complicazioni politiche, industriali e logistiche tra Francia e Germania. Questo ritardo dimostra le difficoltà nella realizzazione di progetti multinazionali e nella governance della cooperazione industriale europea (Ostanina & Tardy, 2024).

Nel settore navale, la situazione è altrettanto problematica, caratterizzata da una significativa duplicazione di piattaforme e sistemi navali in uso tra gli Stati membri dell’UE. La mancanza di standardizzazione e interoperabilità tra le flotte navali europee comporta elevati costi operativi e logistici, oltre che inefficienze strategiche considerevoli. Pertanto, la standardizzazione delle piattaforme navali rappresenta una delle priorità strategiche fondamentali individuate dall’EDIS (Ostanina & Tardy, 2024).

Un’area critica particolarmente urgente riguarda la carenza di munizioni. All’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, alcuni Stati membri, come la Germania e il Regno Unito, disponevano di scorte sufficienti per sostenere rispettivamente solo 2 e 8 giorni di conflitto ad alta intensità, nettamente al di sotto degli standard NATO. Questo dato evidenzia la necessità di incrementare drasticamente la produzione e lo stoccaggio di munizioni, richiedendo investimenti significativi e interventi logistici immediati (Ostanina & Tardy, 2024).

Infine, un ulteriore punto critico identificato dall’EDIS riguarda la mobilità militare europea. Le infrastrutture esistenti in molti Stati membri sono spesso inadeguate a supportare una rapida e efficace mobilitazione di truppe e attrezzature militari, un limite che si è reso particolarmente evidente durante la crisi ucraina. Investimenti specifici sono dunque necessari per migliorare ponti, ferrovie e altre infrastrutture critiche per assicurare una risposta tempestiva e coordinata in situazioni di emergenza (Ostanina & Tardy, 2024).

Queste aree critiche evidenziano chiaramente la necessità di un’azione concertata e urgente a livello europeo, con investimenti mirati per affrontare le vulnerabilità identificate e garantire una maggiore autonomia strategica e operativa all’Unione Europea.

Quinto punto: Analisi critica degli strumenti finanziari dell’EDIS e problematiche di finanziamento

La realizzazione degli obiettivi fissati dall’European Defence Industrial Strategy (EDIS) dipende in larga misura dagli strumenti finanziari previsti, in particolare il Programma Europeo per l’Industria della Difesa (EDIP), dotato inizialmente di un budget di 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027. Tuttavia, tale stanziamento appare limitato rispetto alle esigenze finanziarie effettive della Base Tecnologica Industriale della Difesa Europea (EDTIB), il cui fatturato annuo complessivo è stimato intorno ai 70 miliardi di euro (Clapp, 2024).

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Per far fronte a questa evidente discrepanza finanziaria, sono state avanzate proposte supplementari significative, come quella formulata dal Commissario UE per il Mercato Interno Thierry Breton, che ha suggerito la creazione di un fondo finanziato tramite debito comune europeo, simile al precedente fondo “Next Generation EU” istituito durante la crisi pandemica. Breton propone un fondo di 100 miliardi di euro, specificamente destinato a supportare l’acquisto congiunto di materiali militari prodotti nell’UE, al fine di diminuire la dipendenza europea dai fornitori extra-UE e rafforzare le capacità industriali interne (Clapp, 2024).

Nonostante la natura ambiziosa della proposta di Breton, gli esperti hanno espresso diverse riserve riguardo alla sua fattibilità politica e finanziaria. In particolare, gli analisti del think-tank Bruegel e del Center for Strategic and International Studies (CSIS) sottolineano come, sebbene il fondo possa contribuire a colmare parte del gap finanziario esistente, esso potrebbe comunque risultare insufficiente se non accompagnato da una revisione radicale degli attuali meccanismi decisionali e da un aumento significativo dei contributi nazionali obbligatori (Clapp, 2024; Ostanina & Tardy, 2024).

Parallelamente, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha iniziato a modificare significativamente il proprio approccio alla difesa. Inizialmente molto cauta riguardo a investimenti in armi e infrastrutture strettamente militari, nel corso del 2024 la BEI ha mostrato un deciso cambio di rotta, annunciando un significativo incremento dei finanziamenti destinati a progetti di difesa. Si prevede, infatti, che la BEI raddoppierà o triplicherà i finanziamenti diretti destinati a progetti militari già nel 2025 rispetto al miliardo di euro stanziato nel 2024, aprendo la possibilità di finanziamenti anche per infrastrutture e tecnologie prettamente militari (Ostanina & Tardy, 2024).

Queste iniziative finanziarie sottolineano chiaramente la crescente importanza strategica attribuita dalla UE al settore della difesa, pur evidenziando come permangano numerosi ostacoli di natura politica ed economica da superare. In particolare, la mancanza di obiettivi vincolanti per i Paesi membri e le persistenti resistenze politiche interne potrebbero limitare significativamente l’efficacia complessiva degli strumenti finanziari proposti, ostacolando l’effettivo raggiungimento degli obiettivi strategici fissati dall’EDIS.

Sesto punto: Aggiornamenti recenti ufficiali della UE e sviluppi finanziari e politici sulla difesa

Negli ultimi giorni, le istituzioni europee hanno compiuto ulteriori passi significativi in relazione alla European Defence Industrial Strategy (EDIS), sottolineando l’importanza e l’urgenza di rafforzare la difesa e la sicurezza europea. La Commissione Europea, in una recente comunicazione ufficiale del marzo 2025, ha confermato l’intenzione di accelerare ulteriormente l’implementazione del programma “ReArm Europe”, un’iniziativa strategica di finanziamento e cooperazione finalizzata a incrementare la capacità industriale e militare degli Stati membri.

In particolare, il 14 marzo 2025, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito l’importanza strategica del programma “ReArm Europe”, sottolineando che l’obiettivo è quello di destinare complessivamente fino a 800 miliardi di euro nel corso dei prossimi anni per sviluppare capacità militari autonome e sostenibili. Questo piano prevede anche l’emissione di obbligazioni comuni europee specificamente destinate al finanziamento di programmi militari comuni, replicando il modello di successo del fondo Next Generation EU, con l’obiettivo esplicito di ridurre la dipendenza dai fornitori extraeuropei e promuovere una maggiore interoperabilità delle forze armate europee.

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Parallelamente, il Parlamento Europeo ha recentemente espresso pieno sostegno alla proposta della Commissione, approvando il 12 marzo 2025 una risoluzione che chiede agli Stati membri di accelerare la definizione di impegni finanziari chiari e vincolanti per la difesa europea. Nella risoluzione, il Parlamento ha anche sollecitato gli Stati membri ad aumentare rapidamente la loro quota di investimenti in difesa fino a raggiungere o superare l’obiettivo del 2% del PIL stabilito dalla NATO, con specifici investimenti destinati alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie avanzate e sostenibili.

Il Consiglio Europeo, in una dichiarazione congiunta del 13 marzo 2025, ha inoltre ribadito l’importanza della mobilità militare europea, sottolineando la necessità urgente di migliorare le infrastrutture critiche per facilitare il rapido spostamento delle truppe e delle attrezzature in caso di emergenza. A tal fine, sono stati annunciati ulteriori stanziamenti finanziari specifici per il miglioramento di infrastrutture come ponti, ferrovie e porti, indispensabili per garantire una risposta rapida e coordinata in situazioni di crisi.

Un altro sviluppo cruciale riguarda il Fondo Europeo per la Difesa (EDF). Il 15 marzo 2025, la Commissione Europea ha confermato un aumento significativo del budget dell’EDF, portando il totale delle risorse disponibili a 20 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, rispetto ai 13 miliardi inizialmente previsti. Questa decisione riflette una crescente consapevolezza della necessità di sostenere con maggiore decisione i progetti di ricerca e sviluppo collaborativi tra gli Stati membri, soprattutto nei settori delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale applicata alla difesa, i sistemi cyber, e le tecnologie spaziali e satellitari.

Infine, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), confermando ulteriormente il suo impegno, ha dichiarato di essere pronta a mobilitare fino a 3 miliardi di euro aggiuntivi entro il 2026 per finanziare direttamente progetti strategici legati all’industria della difesa, inclusi quelli relativi alla modernizzazione delle catene di approvvigionamento e all’innovazione tecnologica.

Questi aggiornamenti recenti testimoniano un impegno politico ed economico senza precedenti da parte dell’UE per rafforzare significativamente la capacità di difesa europea, delineando chiaramente un percorso verso una maggiore autonomia strategica e operativa.

Settimo punto: Dibattito politico ed analisi economica

Il dibattito politico sulla European Defence Industrial Strategy (EDIS) si articola attorno a due posizioni principali: quella interventista e quella non interventista. Tale confronto riflette divergenze profonde sul futuro della difesa europea, con notevoli conseguenze economiche, sociali e geopolitiche.

Gli interventisti, tra cui la Commissione Europea guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, promuovono un aumento sostanziale degli investimenti in difesa per garantire una piena autonomia strategica e per affrontare minacce crescenti, come quelle derivanti dall’aggressione russa in Ucraina. Il piano “ReArm Europe” prevede investimenti fino a 800 miliardi di euro nei prossimi anni e propone un fondo comune da 100 miliardi per acquisizioni militari congiunte (Commissione Europea, 2025).

I non interventisti, invece, temono che questo aumento massiccio di spese militari sottragga risorse fondamentali ad altri settori strategici come sanità, istruzione e welfare. Tuttavia, è necessario quantificare concretamente gli effetti economici delle due scelte per valutarne la reale efficacia.

Secondo le stime economiche della Commissione Europea (2025), l’aumento coordinato della spesa per la difesa al livello del 2% del PIL potrebbe generare un incremento annuo del PIL europeo stimato tra lo 0,8% e l’1%, pari a circa 120-150 miliardi di euro aggiuntivi rispetto al PIL aggregato dell’UE. Tale crescita deriverebbe dalla combinazione di effetti diretti sugli investimenti industriali, della domanda aggregata stimolata dalle commesse militari, e dalla creazione di posti di lavoro qualificati. Germania e Francia, con budget per la difesa rispettivamente di circa 90 miliardi e 50 miliardi di euro annui, otterrebbero un effetto moltiplicatore significativo su occupazione e innovazione tecnologica, stimato rispettivamente attorno allo 0,9% e 0,7% di crescita annuale del PIL nazionale (Commissione Europea, 2025).

Al contrario, l’impatto economico delle politiche sociali “a pioggia”, come il Reddito di Cittadinanza italiano, appare più modesto. Secondo la relazione tecnica del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano del 2019, l’introduzione del Reddito di Cittadinanza avrebbe incrementato il PIL nazionale dello 0,18% nel primo anno di implementazione, con un effetto complessivo stimato in circa 3 miliardi di euro (MEF, 2019). Ciò suggerisce che, dal punto di vista della crescita strutturale e dell’innovazione industriale e tecnologica, gli investimenti in difesa risultano essere più efficaci rispetto alle misure di welfare generalizzate.

Polonia, Romania e Ungheria assumono ruoli strategici chiave nel contesto del riarmo europeo.

La Polonia ha previsto di aumentare significativamente la propria spesa militare, raggiungendo il 4% del PIL entro il 2024, con un budget che supererà i 30 miliardi di euro. Tale investimento mira a potenziare capacità specifiche come sistemi antimissile Patriot e carri armati di nuova generazione, generando un impatto stimato sulla crescita economica annuale intorno all’1,2% del PIL nazionale, corrispondente a circa 7 miliardi di euro aggiuntivi annui (Ministero della Difesa Polacco, 2024).

La Romania ha programmato di raggiungere il 2,5% del PIL per la difesa entro il 2025, con investimenti mirati nell’ammodernamento della flotta navale e aerea, generando un effetto di crescita stimato intorno allo 0,8% del PIL, pari a circa 2 miliardi di euro di valore aggiunto annuo (Ministero della Difesa Romeno, 2024). Tale incremento rispecchia la posizione strategica del paese nel Mar Nero.

L’Ungheria, pur essendo leggermente più cauta, prevede investimenti mirati in modernizzazione di mezzi corazzati e logistica avanzata, con un aumento della spesa difensiva al 2% del PIL entro il 2025. Il governo ungherese stima un effetto positivo sul PIL attorno allo 0,7%, equivalente a circa 2 miliardi di euro annui, sostenendo prevalentemente l’industria nazionale della difesa e aumentando l’occupazione tecnica e specializzata (Ministero della Difesa Ungherese, 2024).

Questi dati mostrano chiaramente come gli investimenti mirati nella difesa generino ritorni economici molto superiori rispetto alle politiche sociali universali. Infatti, l’effetto moltiplicatore sul PIL delle spese militari (mediamente intorno all’1% annuo) supera significativamente quello delle politiche di welfare generalizzate (circa lo 0,18%).

Dal punto di vista puramente economico, risulta evidente che un riarmo coordinato ed efficiente potrebbe essere uno strumento di rilancio economico più potente delle politiche sociali generiche, specialmente se integrato in una politica industriale comune europea. Tuttavia, questo approccio deve necessariamente considerare attentamente il delicato equilibrio tra sicurezza, stabilità sociale e sostenibilità fiscale per garantire benefici a lungo termine e coesione sociale.

Bibliografia:

  • Commissione Europea, 2025. “ReArm Europe”.
  • Ministero della Difesa Polacco, 2024. Piano di modernizzazione delle forze armate polacche.
  • Ministero della Difesa Romeno, 2024. Strategia nazionale di difesa 2024-2027.
  • Ministero della Difesa Ungherese, 2024. Piano di sviluppo della difesa ungherese 2024-2030.
  • Il Sole 24 Ore, 2019. Effetto del Reddito di Cittadinanza sul PIL italiano. Commissione Europea, 2025. Comunicazione ufficiale “ReArm Europe”.
  • Huffington Post, 2025. Dibattito sulla difesa europea.
  • LaVoce.info, 2019. Effetto delle politiche sociali sul PIL.
  • Clapp, S., 2024. European Defence Industrial Strategy, European Parliamentary Research Service.
  • EDA, 2022. Defence Data 2022. European Defence Agency.
  • Ostanina, A. & Tardy, T., 2024. Turbo-charging the EU’s defence industry and security posture. Jacques Delors Centre.
  • Bibliografia: Commissione Europea, 2025. Comunicazione ufficiale “ReArm Europe”, marzo 2025.
  • Parlamento Europeo, 2025. Risoluzione sulla strategia europea per la difesa, marzo 2025.
  • Consiglio Europeo, 2025. Dichiarazione congiunta sulla mobilità militare europea, marzo 2025.
  • Commissione Europea, 2025. Comunicazione ufficiale “ReArm Europe”, marzo 2025.
  • Huffington Post, 2025. Javi López (PSC), vicepresidente Parlamento Europeo.
  • El País, 2025. Analisi economiche sulla difesa europea.




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