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Su Alpi e Appennini si scia, dove ancora si può, su strisce bianche di neve programmata, in un paesaggio sempre più costellato da bacini artificiali, con costi economici e ambientali in salita. È il quadro dipinto dal dossier “Nevediversa” di Legambiente (si scarica qui), che per l’ottava edizione aggiorna i numeri e le riflessioni sul turismo invernale in Italia, chiedendosi se immaginare una montagna diversa è possibile. Il censimento degli impianti di risalita, tra quelli dismessi, quelli aperti a intermittenza e quelli “tenuti in vita” artificialmente, viene fatto ogni anno grazie al coinvolgimento dei circoli diffusi sul territorio: una ricerca dal basso che è diventata un riferimento anche per le istituzioni, visto che non esistono altri dati ufficiali sulla presenza di queste strutture ad alta quota.
Tra lusso e incuria
Quest’anno gli impianti dismessi sono 265, raddoppiati dal 2020, quando l’associazione ambientalista ne aveva contati 132. Gli impianti temporaneamente chiusi sono 112, mentre quelli un po’ aperti un po’ chiusi 128. È rimasto invece invariato il numero di riusi e smantellamenti: 31, come un anno fa. «Abbiamo scelto come immagine di copertina una foto del rifugio Pian dei Fiacconi, distrutto da una valanga nel 2020, e della cestovia dismessa, ruderi sul versante nord della Marmolada, la “regina delle Dolomiti”. Per noi sono il simbolo di una montagna che vive forti discordanze», dice Vanda Bonardo, curatrice del dossier e responsabile Alpi di Legambiente. «Com’è possibile che le istituzioni non facciano niente per ripristinare l’ambiente, in un’area tra le più pregiate delle nostre Alpi, a pochi passi da una Cortina sempre più scintillante in vista dei Giochi del 2026?». Nevediversa dedica un focus aggiornato anche alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, a un anno dall’evento. Da un budget di partenza di 1,5 miliardi di euro, a oggi i costi sono lievitati a 5,7 miliardi di euro. Molte delle opere previste rischiano di non essere nemmeno completate. E resta alta l’incognita neve 2026.
Prosegue Bonardo: «Questo scenario descrive una montagna al tempo stesso ricca e impoverita, dove il lusso convive con il declino e, in alcuni casi, con l’abbandono. Una terra che pare lasciata a sé stessa, esposta ai venti del mercato e alle speculazioni, priva di una visione chiara per il futuro. Più di tutto, ne emerge la fragilità di fronte alla crisi ecologica, aggravata dall’assenza di un autentico e strutturato percorso di transizione ecologica». Legambiente getta infine uno sguardo oltralpe, per scoprire che anche in Francia, e nell’ordinatissima Svizzera, ci sono casi di abbandono. Mountain Wilderness Francia nell’aprile 2024 ha censito 101 impianti abbandonati in 56 siti su tutte le catene montuose del Paese, mentre in Svizzera risultano dismessi da anni oltre 55 skilift e funivie.
Non nevica, quindi si investe
La mancanza di neve, quindi, si fa sentire ovunque. E, per adattarsi, l’industria dello sci da anni investe nei sistemi di innevamento artificiale. Infatti, mentre dalle terre alte scompare la neve, aumentano gli impianti e i bacini per la neve programmata. Quello di Alberto Lanzavecchia, professore associato di Finanza aziendale all’Università di Padova, è uno dei punti di vista raccolti nel dossier. «In alcune aree, a ben vedere, c’è un eccesso di investimenti in interventi che possiamo definire, secondo la tassonomia ufficiale, di adattamento ai cambiamenti climatici. È il caso della zona interessata da Dolomiti Superski, che è il cuore del turismo invernale di massa, un’area con 1.100 chilometri di piste, estesa su tre province: Belluno, Trento e Bolzano. Qui si stanno spendendo ingenti risorse in nuove infrastrutture per l’innevamento artificiale: i bacini, che presuppongono la deforestazione di intere aree finora risparmiate, e i relativi sistemi di pompaggio e tubazioni. Gli investimenti vanno in questa direzione proprio perché non nevica abbastanza».
Per monitorare i bacini destinati all’innevamento artificiale, Legambiente utilizza le immagini satellitari di Google Satellite. Così ne sono stati individuati 165, per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il dossier evidenzia anche progetti che le associazioni ambientaliste considerano «insostenibili e fuori dal tempo», come il collegamento Colere-Lizzola, in Lombardia, a quote medio-basse, con un investimento previsto di 79 milioni di soldi pubblici.
Costi alle stelle
Nevediversa accende i riflettori su Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Nelle aree montane del Bellunese, stati spesi due milioni di euro per l’innevamento artificiale da inizio stagione fino a metà febbraio. Nel Sestriere, in Piemonte, in quattro anni la cifra spesa ha superato i 10 milioni di euro. Per innevare i 125 chilometri di piste del Friuli-Venezia Giulia, il costo stagionale si aggira intorno ai 5,3 milioni di euro. Dall’altro lato, Legambiente sottolinea che salgono anche i costi della settimana bianca. Una famiglia di tre persone, stando alle ultime stime, quest’anno spende in media 186 euro al giorno, solo per accedere agli impianti di risalita e alle piste. In aumento, secondo Federturismo, anche il costo di hotel (+5,1%), delle scuole di sci (+6,9%) e dei servizi di ristorazione (+8,1%). In sintesi, per una settimana bianca, si stima che un adulto spenda in media 1.453 euro, mentre un nucleo familiare composto da due genitori e un figlio affronta una spesa di circa 3.720 euro.
Dalle Dolomiti a Roccaraso
La montagna italiana vive una “divergenza” anche tra costi crescenti e turismo low cost per un giorno, come è accaduto lo scorso gennaio, quando le piste da sci di Roccaraso, in Abruzzo, sono state prese d’assalto. «Siamo tutti abituati, come operatori turistici, a giudicare l’andamento di una stagione contando gli arrivi e le presenze, seguendo la logica dei numeri», afferma Paolo Setta, presidente di FederPATE Confesercenti Abruzzo, la federazione dei professionisti del turismo attivo ed esperienziale. Anche il suo punto di vista è stato raccolto nel dossier. «I piccoli territori, da sempre esclusi dai grandi flussi, quando cominciano a incontrare l’interesse dei visitatori, si lasciano ingolosire. Arrivano erroneamente, ed egoisticamente, a pensare a un’ipotesi di sviluppo che rischia di rivelarsi miope e controproducente. Bisogna fermarsi un attimo e pensare alle montagne, d’inverno e d’estate, alle spiagge, ai fiumi e ad alcuni borghi caratteristici, valutare se la frequentazione è cambiata, se è diventata scomposta tanto da lasciare delusi coloro che non sono parte di quella massificazione ed esagerazione. C’è bisogno di programmare e condividere regole, non restrittive ma educative, per una fruizione corretta e positiva, che generi legittimamente anche benessere economico duraturo e non esauribile nel giro di qualche stagione». Così immaginare una montagna diversa, forse, è possibile.
In apertura, le montagne dell’Alto Adige si preparano alla stagione sciistica. Foto di Elisa Cozzarini
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