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Dall’associazione a delinquere di stampo mafioso a quella finalizzata al narcotraffico ma passando anche per reati comuni realizzati sotto l’egida della stessa mafia come estorsione, rapina, cellulari e altri dispositivi di comunicazione forniti ai detenuti, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti.
39 arresti fra Messina e Catania
Sono i reati contestati a 39 persone ritenute tutte appartenenti e vicine al clan Cappello Cintorino che operavano fra Catania e Messina anche con il sostegno dei capi e dei gregari in carcere con i quali le cosche riuscivano a mantenere un contatto costante via cellulare.
Nelle prime ore della mattinata di oggi 13 marzo 2025, i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle due Province proprio di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai GIP dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti proprio di 39 persone, a vario titolo indagate, nello specifico per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Si tratta di reati tutti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale ovvero commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare uno specifico clan quello denominato “Cappello Cintorino”.
A questi reati vanno aggiunti quelli legati al e trasferimento fraudolento di valori allo scopo di sottrarli all’eventuale sequestro finalizzato alla confisca.
Due diverse ordinanze per la medesima indagine
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
La mobilitazione di carabinieri e Finanzieri
All’operazione hanno preso parte oltre 260 tra Carabinieri e Finanzieri dei Comandi Provinciali di
Catania e Messina, che si sono avvalsi del supporto di militari dell’Arma dei Carabinieri, segnatamente dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, del Nucleo Cinofili e del 12° Nucleo Elicotteri di Catania; personale della Guardia di Finanza della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) e della Sezione Aerea di Manovra di Catania.
La lunga indagine
Le indagini hanno delineato, nelll’arco del 2020, un quadro aggiornato degli equilibri
criminali e della loro evoluzione nella fascia di territorio a cavallo tra le province di Catania e Messina, documentando l’influenza su quell’area del clan catanese “Cappello” di Catania e l’attualità del sodalizio criminale di tipo mafioso, denominato clan “Cintorino”, costituente articolazione locale della menzionata organizzazione catanese, con cui è risultato storicamente e stabilmente collegato e alleato, attivo in particolare tra Calatabiano (CT), Giardini Naxos (ME), Taormina (ME) e zone limitrofe.
Le due ordinanze sono il risultato della strettissima sinergia investigativa attuata dalle DDA di Catania e di Messina, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nonché fra i Carabinieri e la Guardia di Finanza, finalizzata a contrastare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati sodalizi nei territori “di confine” dei distretti di Catania e Messina.
L’articolazione messinese
Sono state ricostruite, secondo le tesi accusatorie, molteplici vicende criminali che avrebbero confermato, come ricostruito sulla base di indizi ritenuti gravi, come gli indagati si adoperassero per il mantenimento in vita e il rafforzamento del sodalizio mafioso, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere una serie indeterminata di “reati fine”, tra cui, in particolare, quelli legati ad attività estorsive ed al traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel dettaglio, le indagini delegate dalle DDA ai finanzieri dal Nucleo di Polizia Economico-
Finanziaria etneo – G.I.C.O. – anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di
osservazione e riscontro, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso alla G.d.F., avrebbero permesso di acquisire molteplici evidenze indiziarie fortemente sintomatiche della perpetua operatività del clan Cintorino quali l’impegno mai scemato degli indagati per il mantenimento in carcere dei vertici storici del clan, il coinvolgimento in attività estorsive, il controllo del territorio, la disponibilità di armi da fuoco e il ricorso a figure apparentemente “pulite” e distanti per la loro custodia, l’uso delle armi nei confronti di altri soggetti, l’attitudine a dirimere controversie attraverso il richiamo alla potenza e alla capacità di intimidazione propria del clan mafioso, e ancora l’attitudine di un’esponente storico a continuare ad impartire direttive dal carcere attraverso apparecchi telefonici a lui clandestinamente procurati dai familiari e comunque da persone vicine
L’articolazione catanese
Nell’ambito delle indagini dirette dalla DDA di Catania sull’associazione mafiosa, a seguito del
coordinamento tra gli Uffici requirenti, sono state valorizzate anche utili risultanze delle attività investigative condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina sotto la direzione della DDA peloritana. La Guardia di Finanza etnea veniva, altresì, delegata dalle DDA ad individuare i soggetti di spicco della predetta associazione, destinatari poi del provvedimento custodiale, ricostruendone le vicende criminali nel periodo investigato.
I singoli ruoli degli arrestati
In particolare sarebbe risultato che Mariano Spinella avrebbe assunto il ruolo di reggente del clan Cintorino, mentre Riccardo Pedicone, braccio destro del boss Mario Pace del clan Cappello, avrebbe rappresentato il referente per il sodalizio mafioso etneo, affermandosi come organizzatore delle illecite attività sul versante ionico, circostanza questa ultima, specie per il territorio messinese, emersa chiaramente nella indagine condotta anche dai Carabinieri.
Per quanto concerne gli altri alle figure storiche di Carmelo Spinella (fratello di Mariano) e Giuseppe Ranieri, attualmente detenuti, si affiancherebbero soggetti emergenti, come Alessandro Galasso, Diego Mavilla, ritenuto uomo di fiducia di Pedicone, Christopher Filippo Cintorino legato a vincoli di sangue con l’esponente di spicco che da il nome al clan essendo nipote del boss Antonino.
Quest’ultimo, avvalendosi dell’autorità derivante dai legami familiari, si sarebbe imposto sul territorio, primariamente nel settore degli stupefacenti.
Gli episodi osservati durante le indagini
I molteplici episodi osservati confermerebbero come il gruppo Cintorino avrebbe attuato un
ramificato controllo del territorio, anche attraverso una metodica attività estorsiva nel comprensorio di Calatabiano e nei comuni limitrofi della fascia ionica etnea e messinese a danno di operatori economici dell’edilizia, dei trasporti e di attività turistico-ricettive.
Significativo riscontro della forza d’intimidazione territoriale del clan si desumerebbe inoltre dalle richieste di intervento rivolte al reggente del sodalizio Mariano Spinella, per dirimere controversie insorte tra sodali e tra questi ultimi e soggetti esterni all’organizzazione per le questioni più varie, da quelle di carattere economico a quelle sentimentali.
Nel settore degli stupefacenti, l’affiliato Christopher Cintorno, avrebbe rivestito un ruolo di primo piano, dirigendo e gestendo un gruppo capace di assicurare in maniera stabile un mercato operativo a “ciclo continuo”, relativo a stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, che avrebbe avuto un nucleo centrale costituito dal predetto sodale, con ruolo direttivo, e da altri tre partecipi Alessandro Galasso, Carmelo Mobilia e Cinzia Muratore, che avrebbero, sulla base degli indizi raccolti, il ruolo di organizzatori dediti alla contrattazione, al trasporto, al confezionamento e all’occultamento della sostanza stupefacente, affiancato da una rete di spacciatori, stabilmente collegata.
Le indagini delegate alla Finanza
Le indagini tecniche delegate dalle DDA ai Finanzieri etnei avrebbero poi restituito gravi indizi in
merito al fiorente business criminale del traffico di stupefacenti, nonostante le cautele adottate dagli indagati, volte a dissimulare l’attività realmente svolta per non attrarre le forze dell’ordine.
Non sarebbero stati rari i tentativi di dissimulare il reale oggetto della conversazione mediante
riferimenti all’attività di allevamento canino o a una nota bevanda gassata per la cocaina e sarebbe stato inoltre appurato l’utilizzo di telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili con le comuni tecniche, con il verosimile fine di eludere eventuali investigazioni.
Fiumi di droga
Nel corso delle indagini delegate dalle DDA alle Fiamme Gialle del Nucleo PEF di Catania,
sarebbero, inoltre, stati monitorati diversi episodi di approvvigionamento e di cessione di narcotico, che hanno portato complessivamente, nell’intero corso delle indagini, all’arresto in flagranza di 5 indagati ed al sequestro di circa 13 kg di cocaina, 55 di hashish e 72 di marijuana. Significativo è risultato il ritrovamento e sequestro di 71,5 kg di marijuana tipo SKUNK, quasi 1 kg di hashish e 3 etti di cocaina all’interno del cimitero di Giarre (CT), risultata una delle basi operative e di deposito del gruppo criminale.
La mafia vota un candidato catanese
Sarebbe stato inoltre accertato, sulla base degli indizi raccolti, come Riccardo Pedicone del
clan “Cappello” attivo a Giardini Naxos, in occasione delle consultazioni regionali del settembre
2022, si fosse adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea Regionale Siciliana. Le risultanze investigative sulla ricerca del sostegno elettorale, seppur non abbiano consentito di configurare a livello di gravità indiziaria il patto idoneo ad integrare il reato di scambio elettorale politico mafioso avrebbero consentito, comunque, di acquisire ulteriori elementi indiziari in ordine al riconoscimento mafioso della citata figura di Pedicone, in quanto sodale influente ed in grado di assicurare l’appoggio elettorale anche in occasione di elezioni di livello regionale.
Le indagini delegate ai Carabinieri
Grazie alle investigazioni delegate dalle DDA all’Arma dei Carabinieri di Messina sarebbe stato
evidenziato, a livello di gravità indiziaria, il ruolo di primo piano del menzionato Riccardo Pedicone che, a partire dal 2020, insieme ad altri soggetti ritenuti appartenenti alla stessa organizzazione mafiosa, tra cui SICALI Carmelo, avrebbe spostato nel territorio di Giardini Naxos una parte degli interessi illeciti del gruppo, avviando una fiorente attività nell’ambito del narcotraffico, avvalendosi dei propri canali di rifornimento della città etnea e operando nella commissione di estorsioni.
Proprio dalle intercettazioni emergeva come dai vertici del clan “Cappello” di Catania fosse stata imposta la presenza sul territorio di Giardini Naxos di Riccardo Pedicone, il quale, secondo il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati, avrebbe dovuto giocare in quel paese con i bambini, espressione quest’ultima intesa dagli investigatori, secondo una interpretazione condivisa dalle A.G., per indicare i sottoposti nell’ambito del gruppo criminale. Nel ragionare sulle dinamiche interne alla consorteria, gli indagati si sarebbero definiti tutti una cosa, espressione che rafforzava il vincolo associativo e modo per intendere l’unità dell’organizzazione criminale, in un contesto in cui ciascuno poteva contare sul sostegno degli altri sodali anche nel caso in cui qualcuno cascava in galera.
Sarebbe poi emerso che Pedicone, si fosse trasferito dalla città etnea a Giardini Naxos per organizzare meglio gli affari illeciti e si sarebbe avvalso principalmente di soggetti del posto, al fine di gestire lo smercio di sostanze stupefacenti e le richieste estorsive, esercitando il proprio ascendente, derivante dalla sua appartenenza al clan catanese e agendo con tipiche modalità mafiose, spesso con azioni violente.
Le indagini hanno inoltre documentato l’esistenza e l’operatività, in maniera quasi monopolistica a Giardini Naxos e nelle zone limitrofe, di due distinti gruppi criminali attivi nel narcotraffico, con assetti che avrebbero visto quale medesimo capo il citato Pedicone il quale avrebbe operato sul territorio con piena autonomia decisionale. Le attività investigative sul traffico di stupefacenti sono state avviate nel febbraio 2020, a seguito di una rapina con l’utilizzo di armi ai danni di una sala giochi di Giardini Naxos, dalle cui prime risultanze, tramite il monitoraggio dei soggetti individuati come indiziati, sarebbero emersi indizi relativi ad un vasto traffico di sostanze stupefacenti.
In particolare, i due gruppi criminali, con un vertice definito e ruoli suddivisi tra fornitori, corrieri, vedette, gestori delle basi operative e della “cassa”, avrebbero smerciato nel territorio jonico della provincia messinese cocaina, marijuana e hashish, avvalendosi di basi logistiche individuate dapprima in un’officina meccanica e poi in un bar di Giardini Naxos. Lo stupefacente sarebbe stato trasportato a Giardini Naxos dai componenti dei sodalizi, riforniti dal clan “Cappello”, a cui sarebbero stati destinati i proventi dello smercio, vuoi a conferma dell’affermazione del dominio economico e criminale dell’associazione mafiosa sul territorio, che per le necessità di mantenimento economico dei propri esponenti detenuti.
Intimidazioni e pestaggi
Nel corso delle indagini, sarebbero state inoltre documentate intimidazioni e violenti pestaggi che sarebbero stati messi in atto dagli associati, su ordine di Pedicone, quale capo dei sodalizi nei confronti di pusher, anche interni ai gruppi, che avevano trattenuto per loro il narcotico, o
erano insolventi o ritardavano la consegna delle somme ricavate dallo smercio dello stupefacente.
La struttura dei sodalizi dalle indagini svolte sarebbe risultata definita e caratterizzata da assetti e ruoli che variavano nel corso del tempo, al punto che lo stesso capo promotore dei gruppi sarebbe stato temporaneamente sostituito al vertice dell’organizzazione da altro soggetto a seguito di un periodo di convalescenza dovuto a un conflitto a fuoco, avvenuto a Catania, in cui era stato ferito.
Sono già state arrestate in flagranza di reato 17 persone, con il sequestro complessivamente di più di 11 kg. di stupefacente, tra marijuana, hashish e cocaina.
Il filone Taormina
L’altro filone investigativo focalizzato sull’area di Taormina, delegato al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Messina, ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’attività estorsiva posta in essere nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe dal già menzionato esponente mafioso, Pedicone, per il clan
“Cappello”, nonché da referenti dell’articolazione dei “Cintorino” e del sodalizio mafioso
“Brunetto Santapaola”, in prosecuzione di pregressi accordi spartitori dei proventi estorsivi
che sarebbero stati stabiliti anni indietro.
Si è trattato di un’attività investigativa che si pone in continuità con le indagini già condotte dai Finanzieri etnei sotto la direzione della DDA catanese, nell’ambito dell’operazione cd “Isola Bella” nei confronti dell’articolazione “Cintorino” del clan “Cappello”, per atti estorsivi perpetrati (sino al settembre del 2017) nel settore della gestione di escursioni turistiche nel tratto di mare antistante l’Isola Bella di Taormina e sfociate nell’emissione di misure cautelari personali e reali il 10 giugno 2019, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado. Le odierne indagini delegate al GICO della Guardia di Finanza di Messina hanno attualizzato le situazioni cristallizzate nel procedimento “Isola Bella”, mettendo in primo piano il ruolo del referente del clan “Cappello”, sempre Pedicone, cognato di un esponente arrestato nella precedente indagine e protagonista con altri sodali di plurimi episodi di estorsione aggravata.
Ricostruite una serie di estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina, in danno di privati ed imprenditori locali e, soprattutto, di imprese impegnate nel settore delle “Escursioni Turistiche”, svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina, col precipuo scopo di agevolare l’associazione mafiosa e, al contempo, di finanziare l’assistenza di soggetti affiliati detenuti in carcere.
Per vincere eventuali resistenze degli estorti, i sodali avrebbero impiegato ogni strumento di
persuasione psicologica e minacce (usavano diverse espressioni gergali arrivando anche ad esercitare la violenza fisica nei riguardi un imprenditore che si voleva opporre alle pretese ed apponendo, in un caso, una bottiglia con liquido infiammabile ed accendino sulla porta di un esercizio commerciale. In una particolare circostanza, Giuseppe Raneri avrebbe persino tentato di sfondare la porta di ingresso dell’abitazione di una vittima, in orario notturno, lanciando poi oggetti contundenti contro la finestra della casa per indurre la vittima ad uscire di casa e cedere ai soprusi.
Gli elementi raccolti avrebbero così dimostrato che, dopo una preliminare fase di spartizioni delle aree di influenza, attuata tramite diversi comportamenti estorsivi, una delle compagini, dopo aver cacciato altri affermati imprenditori dalla zona più esclusiva nel settore delle escursioni turistiche e sbaragliato la concorrenza, è riuscita finanche a diventare impresa, gestendo, direttamente, il lauto guadagno generato dall’enorme flusso di turisti che, ogni anno, da marzo a ottobre, visitano una delle spiagge più belle al mondo.
Nelle due ordinanze, i G.I.P. di Messina e Catania si sono riservati di valutare, a seguito di
interrogatorio preventivo, l’adozione delle misure cautelari nei confronti, rispettivamente, di ulteriori 13 indagati.
Tutti agli arrestati
Gli arrestati in base all’ordinanza del Gip di Catania portati in carcere
Christopher Filippo Cintorino, nato a Taormina di 32 anni;
Alessandro Galasso, 47 anni di Taormina (ME);
Antonino De Luca, 26 anni di Taormina (ME);
Diego Enrico Mavilla, 49 anni di Catania;
Carmelo Mobilia, 40 anni di Calatabiano (CT);
Cinzia Muratore 46 anni di Sesto San Giovanni (MI),;
Gianluigi Muratore, 32 anni di Taormina (ME);
Riccardo Pedione, 45 anni di Catania;
Giuseppe Raneri (detto “Peppe Castelmola”), 53 anni di Taormina (ME);
Giovanni Lorenzo Salvatore Ramo 31 anni di Taormina (ME);
Ciro Ricciardi, 24 anni di Caserta (CE);
Carmelo Spinella, 54 anni di Calatabiano (CT);
Mariano Spinella (detto “U biondu”), 59 anni di Graniti (ME);
Anna Tremante, 45 anni di Napoli.
Gli arrestati in base all’ordinanza del Gip di Catania portati in carcere o ai domiciliari (alcuni nomi combaciano avendo ricevuto ordinanze sia da Catania che da Messina per reati commessi nelle due province)
Renato Alfonso, nato in Germania di 4o anni;
Letterio Ciprone, Taormina (ME) 50 anni;
Matteo Fortunato Mario Crimi, Catania 45 anni;
Alessandro Curcuruto, nato a Mongiuffi Melia (ME) 70 anni;
Carmelino Antonino D’Amore, nato a in Svizzera 54 anni;
Salvatore Ferrara, nato a Milazzo (ME) 50 anni;
Alessandro Galasso, Taormina (ME) 47 anni;
Carmelo Le Mura, Taormina (ME) 52 anni;
Giuseppe Daniele Mazzullo, Taormina (ME) 48;
Riccardo Pedicone, nato a Catania 45 anni;
Giuseppe Raneri, nato a Taormina (ME) 53 anni;
Giuseppe Ruggeri, nato a Taormina (ME) 60 anni;
Nicola Russo, nato a Giarre 42 anni;
Carmelo Sessa, nato a Catania 48 anni;
Carmelo Sicali, nato a Catania 59 anni;
Anna Tremante, nata a Napoli 45 anni;
Salvatore Crimi, nato a Taormina (ME) 56 anni;
Giuseppe Concetto Di Stefano, nato a Catania 46 anni;
Rosario Mangiagli, nato a Catania 62 anni;
Rosalinda Mirabile, nata a Taormina (ME) 45 anni;
Gianfranco Nassi, nato a Taormina (ME) 30 anni;
Rosario Noce, nato a Taormina (ME) 35 anni;
Rosario Raneri, nato a Taormina (ME) 48 anni;
Vincenzo Ronsisvalle, nato a Catania, 51 anni;
Annamaria Sicali, nata a Catania, 38 anni.
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