Etiopia: si riaccende il conflitto nel Tigrè, sullo sfondo il ruolo di Egitto ed Eritrea

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A quasi due anni e mezzo dalla firma degli accordi di Pretoria, che hanno posto fine al sanguinoso conflitto nel Tigrè, la tormentata regione settentrionale dell’Etiopia rischia di sprofondare in una nuova guerra civile. Mercoledì, infatti, le forze di sicurezza del Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Tplf) – lo storico partito al potere fino al 2018 in Etiopia, che dall’agosto scorso è scisso in due fazioni – hanno preso il controllo della città etiope di Adigrat, la seconda più grande della regione, cacciando l’amministrazione provvisoria istituita dal governo federale dopo la fine del conflitto. A darne notizia in un comunicato è stata la stessa direzione del partito, che ha annunciato la presa della città e dichiarato come nuovo amministratore Radae Gebreezgiabiher, accusando il precedente sindaco di essere stato insediato da “individui traditori”, fedeli non al Tigrè “ma al regime di Addis Abeba”. Secondo quanto riferito dal Tplf, le forze di sicurezza stanno operando per effettuare simili trasferimenti di potere in altre zone del Tigrè, che dalla fine del conflitto è sotto l’amministrazione tecnica del governo federale. Non a caso, nelle ore immediatamente successive alla presa di Adigrat, le forze del Tplf hanno preso il controllo anche dell’aeroporto del capoluogo regionale Macallè. Fonti locali citate dal sito d’informazione “Amhara News Service” hanno riferito anche di spari nella città di Adi Gudom, situata 40 chilometri a sud di Macallè, dove i miliziani avrebbero sparato a sangue freddo a chi protestava contro l’azione di forza.

L’offensiva segue il licenziamento, da parte di Getachew Reda, di quattro comandanti di alto rango dell’esercito, che sono stati rimossi con l’accusa di voler trascinare la regione in un conflitto interno. L’obiettivo dichiarato dell’offensiva è quello di deporre l’amministrazione provvisoria del Tigrè, imposta dal governo federale di Addis Abeba alla fine del conflitto, nel 2022. La nuova crisi s’innesca nella scissione avvenuta nell’agosto scorso, quando il congresso del Tplf ha evidenziato una profonda spaccatura all’interno del partito, segnando un punto di svolta nella politica regionale del Tigrè e, più in generale, nell’assetto politico dell’intera Etiopia. Dal congresso di fine estate, infatti, il Tplf – storico partito dotato di un braccio armato al potere nella regione che Addis Abeba ha dissolto dopo la fine del conflitto del Tigrè – è oggi diviso in due fazioni: la prima è guidata da Reda, mentre la seconda – più radicale e ormai con maggior peso decisionale – segue l’ex presidente regionale ed attuale capo del partito, Debretsion Gebremichael. A fine settembre Reda, ritenuto troppo accondiscendente con il governo centrale di Addis Abeba, è stato destituito dall’incarico di vicepresidente del Tplf, ruolo assegnato ad Amanuel Assefa.

A fronte del rapido degenerarsi della situazione, il presidente regionale Reda ha lanciato un appello al governo federale di Addis Abeba affinché intervenga in suo sostegno. “Il governo federale deve capire che coloro che agiscono in nome delle forze di sicurezza sono agenti di una cricca arretrata e criminale che non rappresenta il popolo o l’Amministrazione provvisoria del Tigrè e non fornisce il supporto necessario”, ha detto Reda in una dichiarazione. Anche in un post su X, il presidente regionale ha denunciato l’offensiva come “una decisione mal concepita da una cricca di pochi ufficiali dell’esercito per farsi giustizia da soli e smantellare le strutture statali in tutto il Tigrè”. Reda ha quindi convocato gli ambasciatori in Etiopia dei principali Paesi occidentali – inclusa l’Italia – per condividere le preoccupazioni sulla recente avanzata militare della fazione ostile del Tplf, e concordare un’azione diplomatica utile a scongiurare un altro conflitto. “Ho informato gli ambasciatori di Stati Uniti, Germania, Francia, Italia, Unione europea e Regno Unito sui recenti sviluppi nel Tigrè e sulle sfide che l’Amministrazione provvisoria – da lui diretta – continua ad affrontare”, ha scritto Reda su X, riferendo che nei colloqui si è discusso “di come arrestare il deterioramento della situazione nella regione e sugli sforzi di cui tutti gli attori dell’accordo (di pace) di Pretoria hanno bisogno per evitare qualsiasi ricaduta in un altro round di guerra devastante, in cui il coinvolgimento di molti attori regionali con piani nefasti è una concreta possibilità”.

In risposta alle accuse dell’amministrazione di Macallè, la fazione scissionista del Tplf ha respinto quelle che ha descritto come “richieste dirette e indirette di intervento di terze parti” nella regione, e ha avvertito che tali azioni potrebbero rappresentare una “grave minaccia” all’Accordo di Pretoria. In una dichiarazione, il Tplf ha anche denunciato la sospensione di quattro alti dirigenti militari, definendo la decisione “non autorizzata” e “illegittima”, e ha avvertito che la mossa mira a “sciogliere” l’esercito del Tigrè, esponendo il popolo tigrino al “peggior pericolo”. La dichiarazione afferma inoltre che “il nostro esercito e la sua leadership” non possono essere “sospesi o licenziati a piacimento di nessuno” e insiste sul fatto che il Tplf e il suo braccio armato rimangono i “garanti della pace, dell’esistenza e della sicurezza” nella regione. la fazione guidata da Debretsion Gebremichael ha inoltre accusato alcuni funzionari all’interno dell’Amministrazione provvisoria di “tradire gli interessi nazionali del nostro popolo” agendo come “strumenti di forze esterne” e violando la Costituzione del Tigrè, e ha avvertito che “si sta creando una situazione incontrollabile” nella regione, aggiungendo che gli sforzi per “alienare e demoralizzare” le forze tigrine si sono intensificati. La dichiarazione segue gli avvertimenti dell’Amministrazione provvisoria secondo cui elementi all’interno delle forze militari del Tigrè starebbero lavorando per “smantellare” l’Accordo di Pretoria e destabilizzare la regione, allo scopo di eseguire “un vero e proprio colpo di Stato per servire gli interessi di potere di pochi”.

Di fronte all’offensiva militare, i partiti di opposizione del Tigrè si sono schierati al fianco dell’Amministrazione provvisoria capitanata da Reda, denunciando le presunte attività volte a smantellare la struttura governativa e a prendere il potere attraverso quello che hanno definito un “colpo di Stato”. In una dichiarazione congiunta, i tre partiti di opposizione regionali – Arena Tigrè, Partito per l’Indipendenza del Tigrè e Baytona Tigray – hanno apertamente accusato la vicina Eritrea di essere il “mandante” dell’azione e hanno affermato che “è necessaria un’azione urgente per sventare l’intervento del governo eritreo e il ruolo distruttivo di altre potenze straniere”. Il riferimento ad “altre potenze straniere” sembra essere diretto all’Egitto, con cui l’Eritrea ha lavorato a stretto contatto dopo il deterioramento delle relazioni con l’Etiopia. I partiti di opposizione hanno quindi chiesto l’intervento dei membri della comunità internazionale che sono stati coinvolti nello sforzo di mediazione dell’accordo di Pretoria, temendo che la situazione possa peggiorare e innescare una crisi regionale. Sullo sfondo di quella che appare come una cruenta lotta di potere in seno alla leadership tigrina sembra dunque esserci il ruolo svolto dalle potenze regionali.

Sia l’Egitto che l’Eritrea, infatti, vengono accusate da Macallè d’interferire nella crisi, sostenendo – più o meno attivamente – la fazione ostile all’Amministrazione provvisoria. Secondo quanto riporta il sito d’informazione “Borkena”, nelle ultime settimane si sono moltiplicate le voci secondo cui alcuni leader militari del Tplf, che in seguito hanno espresso sostegno alla fazione di Debretsion Gebremichael, starebbero contrabbandando oro dai siti minerari del Tigrè tramite l’Eritrea, un’accusa che finora il governo di Asmara ha sempre negato. In precedenza, inoltre, lo stesso Reda aveva accusato Il Cairo di aver fornito sostegno militare al Tplf durante i due anni di guerra contro il governo federale del premier Abiy Ahmed. Gli ultimi sviluppi emersi a livello regionale, peraltro, vedono un sostanziale riallineamento del Cairo all’Eritrea e alla Somalia, nell’evidente tentativo di indebolire l’Etiopia e le sue mire espansionistiche verso il Mar Rosso. In questo contesto, le relazioni tra Addis Abeba ed Asmara sembrano vicine ad un nuovo punto di rottura dopo che i due Paesi si sono scambiati accuse reciproche. È il caso, ad esempio, di un articolo firmato dall’ex presidente etiope Mulatu Tehome e pubblicato sul sito di “Al Jazeera”, che accusa l’Eritrea di collaborare con la fazione del Tplf ostile ad Addis Abeba per fomentare conflitti nella regione del Corno d’Africa.

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