Conto corrente, ecco i tre movimenti bancari che fanno insospettire il Fisco: rischi un controllo dell’Agenzia Entrate

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Il Fisco è in grado di monitorare i movimenti del conto corrente, perché la legge prevede che le banche e gli altri intermediari finanziari possano segnalare all’Agenzia delle Entrate determinati spostamenti di denaro, ritenuti sospetti o particolarmente rilevanti. Come facilmente intuibile, la ragione per cui l’Amministrazione finanziaria può avere accesso ai dati sui conti correnti è insita nella lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro. Lo dimostrano normative come, ad esempio, il decreto legge 201/2011 (il cd. “Salva Italia”), che ha introdotto l’obbligo, per gli operatori finanziari, di comunicare all’Anagrafe tributaria le informazioni sui saldi e le movimentazioni dei rapporti attivi.

Grazie a strumenti di monitoraggio come l’Archivio dei rapporti finanziari, l’Agenzia può verificare la congruenza tra i redditi dichiarati e i movimenti finanziari di una persona: se un contribuente non giustifica in modo coerente le proprie entrate e uscite rispetto alle dichiarazioni fiscali, l’ente potrà avviare un accertamento fiscale per chiarire la provenienza dei fondi e verificare se ci sono irregolarità, come lavoro nero o redditi non dichiarati.

Ma quali sono, quindi, i movimenti sospetti nel conto corrente, ossia quelli che frequentemente attivano il Fisco?
Per rispondere a questa domanda ricordiamo che le Entrate – in virtù dei poteri conferiti dalla legge – sono a conoscenza dei nostri redditi, delle giacenze dei nostri conti correnti e anche delle movimentazioni compiute con i nostri averi. Ciò non toglie, però, che il contribuente sia tenuto, annualmente, a presentare la dichiarazione dei redditi, pur precompilata perché il Fisco – dicevamo – sa quali sono le nostre entrate e i nostri redditi.

Attenzione, però: se è vero che le Entrate hanno accesso alle informazioni finanziarie dei contribuenti e conoscono redditi, giacenze e flussi finanziari complessivi, non hanno al contempo la certezza di sapere tutto, e non controllano ogni singola transazione in tempo reale, né hanno una conoscenza diretta di ciascuna operazione effettuata. Proprio per questo, il contribuente dovrà prestare attenzione a quelle movimentazioni di denaro che potrebbero far pensare al Fisco di essere all’oscuro su qualcosa e che ci sia un’evasione fiscale in atto.

A rischiare di finire nel mirino dei controlli del Fisco sono, in primis, i bonifici che provengono dall’estero o che si inviano all’estero. In concreto potrebbe essere la stessa banca a segnalare questo tipo di operazioni all’Uif, l’Unità di Informazione Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia. Nel caso in cui l’istituto di credito invii questo tipo di segnalazioni, il correntista non ne sarà avvisato. Tale attività aderisce a quanto previsto dalla normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007), la quale obbliga gli intermediari finanziari a monitorare e segnalare le transazioni potenzialmente legate a riciclaggio di denaro o al finanziamento del terrorismo.

Inoltre, quando una persona riceve bonifici da privati, al di fuori di attività professionali dichiarate, l’Agenzia delle Entrate potrebbe considerare questi movimenti sospetti, specialmente se sono ricorrenti e di importo consistente. In particolare, se i bonifici non sono giustificati da redditi dichiarati o se non risultano associati a una prestazione lavorativa o a un’attività commerciale documentata (con contratti o fatture), il Fisco potrebbe interpretare queste operazioni come spia di irregolarità (ad esempio, lavoro nero o evasione fiscale). Per proteggersi dagli eventuali accertamenti delle Entrate, sarà buona regola – quindi – munire di causale il bonifico e conservare la documentazione che, eventualmente, giustifichi la somma.

Infine un altro movimento che, tipicamente, è ad alto rischio di controlli delle autorità è quello relativo al prelievo di contante dal conto corrente. Posto che il limite per il pagamento con banconote è oggi pari a 5.000 euro, quello per il prelievo dal conto corrente – anche per importi frazionati – è fissato alla soglia di 10 mila euro nell’arco di un mese. Oltrepassata tale soglia, le norme vigenti prevedono la segnalazione alla Uif da parte della banca (che, a sua volta, potrebbe segnalarla al Fisco e alla Guardia di Finanza). Analoghe considerazioni valgono anche per i versamenti di denaro contante.





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