Effettua la tua ricerca
More results...
Il lavoro sfruttato è tutto intorno a noi, ogni giorno.
E come ai tempi del brutale omicidio di Ion Cazacu a Gallarate, è un fenomeno che ancora vede spesso vittime lavoratori stranieri. Invisibili o quasi. Irregolari in Italia o esposti al rischio di diventarlo.
Cosa è cambiato nello sfruttamento nel mondo dell’edilizia, dai tempi di Ion Cazacu?
«È tutto molto più pulito. È come passare dallo scenario dell’eroina degli anni Ottanta alle droghe sintetiche», dice con una dose di provocazione Stefano Rizzi, segretario della Fillea-Cgil, la categoria dei lavoratori edili.
Molto più pulito, meno primitivo: uno sfruttamento che si muove nelle pieghe della legislazione, diventa più agile e più anonimo. Sigle di società che scompaiono, al posto del “padroncino” che si presenta alla porta per punire il muratore che chiede la sua paga.
«L’edilizia da sempre rappresenta la porta d’ingresso di chi cerca miglior fortuna» premette Rizzi. «Allora come oggi il primo bisogno di chi arriva in Italia è il reddito per la sopravvivenza, a prescindere dalle norme e dalle Leggi. E l’ingresso si costruisce ieri come oggi in raggruppamenti nazionali: Ion viveva allora in un bilocale con altri dieci connazionali, erano tutti rumeni, che lavoravano per Iannece».
«Una volta c’era un italiano che gestiva tutto. Oggi le aziende cercano un prestanome di una determinata etnia, che diventa la persona che arruola persone della stessa etnia, attingendo a chi cerca una stabilità» aggiunge Dzevad Muminovic, funzionario della Fillea-Cgil.
Stefano Rizzi e Dzevad Muminovic
“Aziende che nascono e muoiono”
Oggi cosa significano i raggruppamenti nazionali?
Prima bisogna capire il sistema che si è evoluto, sfruttando una legislazione che ha introdotto («dal pacchetto Treu del 1997 al decreto Berlusconi al decreto Poletti») il lavoro a tempo determinato.
«Oggi il sistema di sfruttamento si basa sulle Srls, società a responsabilità limitata semplificata. Una Srls si apre con pochissimi requisti: aaziende che nascono e muoiono, in mano a un prestanome. Scompaiono senza lasciare tracce, non lasciando vertenze. In un modello che è sempre più parcellizzato, nel privato e anche nel pubblico» continua Rizzi. «Aziende piccolissime: oggi siamo a una media di quattro lavoratori per azienda, la media considerando quelle artigianali ma anche quelle industriali»
«Con i vari bonus poi nascono tante aziende dal nulla,Magari per poche settimane di lavoro per un cappotto. A volte nei cantieri registriamo la difficoltà degli stessi lavoratori a dichiarare per che azienda lavorino». Una parte delle ore di lavoro per ogni muratore sono spesso “in nero”, così che spesso è difficile che si raggiungano le 160 ore di piena occupazione.
La suddivisione per “squadre”
I prestanome sono anche i procacciatori di manodopera, più o meno regolare, che si fa dentro le comunità straniere.
«I ferraioli, che realizzano le armature del cemento, sono ad esempio tutti indiani» continua Dzevad Muminovic. «Chiusissimi, in un sistema quasi per caste, pochi parlano in italiano» dettaglia Rizzi. «Sono presenti anche nelle grandi opere. Egiziani e marocchini formano le squadre delle aziende sui cappotti, che sono “esplosi” con il sistema dei bonus. L’80-90% delle nuove aperture sono srls, fatte solo di manodopera. Non esclude ovviamente che alcune siano srls vere, ma l’esplosione delle srls con i bonus è evidente».
In alcuni casi si parla di lavoratori inesperti: la parcellizzazione rende più lenta la formazione di una professionalità. E questo ha conseguenze sulla sicurezza sul lavoro.
Rizzi tiene a distinguere però situazioni diverse: «Ci sono anche aziende regolarissime. Gli albanesi oggi lavorano oggi con aziende autonome, non finte aziende». In occasione delle verifiche «troviamo le 160 ore piene» aggiunge Muminovic. Traduzione: ogni lavoratore risulta avere un monte ore mensile “pieno” e credibile.
«I cinesi spesso lavorano dentro nella loro comunità: se apre un ristorante cinese o un nuovo laboratorio, ci lavora un’azienda edile cinese. Almeno formalmente sono correttissimi, anche se lo sfruttamento si può nascondere nelle percentuali sulle rimesse che gli emigrati inviano a casa».
Gli “alias”: i lavoratori fantasma
Ci sono poi le finte partite Iva, che singoli lavoratori costituiscono spinti dalle promesse di un guadagno immediato. Il datore di lavoro si priva di un dipendente per comprimere i costi: in un contesto di integrazione ancora limitata in Italia, muratori “in proprio” scoprono solo in seguito (e con conseguenze drammatiche) la differenza tra il lordo che percepiscono per il lavoro fatto e il netto, «quando ricevono le cartelle esattotiali».
C’è poi un altro fenomeno: quello degli “alias”, i lavoratori fantasma che risultano anche in più cantieri contemporaneamente.
«Un fenomeno nuovo emerso negli ultimi anni». Un inizio che ha un nome e un cognome, per così dire: nel settembre 2022 a Cascina Merlata (la zona di espansione sui terreni dove c’è stato Expo 2015) un lavoratore – Saleh Ahmed Mohamed Abdelaziz – rimane schiacciato tra un macchinario e una trave, lavora in subappalto di un subappalto. Muore dopo due settimane di agonia al Niguarda e dall’indagiine si scopre che l’identità non corrispondeva alla realtà.
Cosa significa?
Sono lavoratori che esistono solo sulla carta. Esistenze fantasma che vengono “riempite” di ore di lavoro, per far tornare i conti.
Perché dal 2021 è stato introdotto il “Durc di congruità”, il documento «che stabilisce la congruità tra il valore di un’opera e le ore lavorate». Se la manodopera è la voce ancora oggi che incide di più, la regolarità di un cantiere deve emergere appunto dalla corrispondenza tra il valore di un’opera pubblica o privata e le ore pagate in. cassa edile.
«Il Durc di congruità ha fatto emerso tanto “nero”», riconoscono i sindacalisti. Ma lo strumento è stato aggiurato appunto creando ore di lavoro fittizie. O meglio: identità semi-fittizie su cui figurano ore che in realtà sono state lavorate anche da altri lavoratori irregolari. «Lo stesso lavoratore ha iniziato a comparire contemporaneamente a Varese, a Milano, a Bergamo».
Sfruttamento e illegalità danneggiano tutto il sistema
I funzionari della Fillea parlano di fenomeni che – in Lombardia occidentale – hanno come epicento Milano.
«Le poche aziende di edilizia del territorio varesino si sono tenute molto lontane da certi fenomeni e anche dai lavori legati ai bonus, che sono stati l’acceleratore del fenomeno delle Srls», continua Stefano Rizzi.
«Oggi – aggiungte Muminovic – si vede nella domanda di cassa integrazione», che oggi in un quadro di crescente difficoltà «viene richiesta da chi è in regola. Le aziende regolari subiscono il dumping». Con lo svuotarsi del “boom” dei bonus il sistema rileva che lo sfruttamento ha indebolito la parte sana del settore.
«Le stesse associazioni di categorie lanciano un allarme analogo a quello che segnaliamo noi oggi».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link