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Nella mattina di giovedì 13 marzo, nella Cattedrale di Sassari, si è celebrato il Giubileo delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza presenti nel territorio dell’Arcidiocesi turritana. I partecipanti, partendo da piazza Mazzotti, hanno raggiunto processionalmente la chiesa cattedrale, dove l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica.
Nel porgere il saluto iniziale alle autorità civili e militari, ai cappellani e a tutti i partecipanti, l’arcivescovo ha detto: «Questa celebrazione giubilare, in comunione con monsignor Santo Marcianò, Ordinario militare per l’Italia, ci vede uniti spiritualmente anche ai vostri car, per invocare dal Signore la grazia della misericordia, del perdono e della conferma nella fede in Cristo Signore Risorto, nostra speranza».
Nell’omelia, l’Arcivescovo ha detto: «Il Giubileo non è un atto magico – sarebbe ben poca cosa – e non è neppure una semplice celebrazione periodica inserita nel calendario dalla Chiesa. Il Giubileo ha una funzione pedagogica: periodicamente, la Chiesa desidera riportare la creatura umana al Vangelo della Misericordia di Dio, a pensare e a vivere secondo il Vangelo della Misericordia.Forse mai come in questo tempo, segnato da contraddizioni nelle relazioni interpersonali, da violenze di vario genere e natura, da guerre, da atteggiamenti di indifferenza e chiusura, siamo chiamati a lasciarci evangelizzare dal Vangelo della Misericordia, dal Vangelo del Perdono. Da questo Vangelo nasce una speranza, o per meglio dire, si manifesta il volto di Colui che è la nostra speranza. Non a caso, il simbolo dell’Anno Giubilare è il Cristo crocifisso, colui che è crocifisso e risorto».
Proseguendo, ha aggiunto: «Egli, nella sua morte, ha risuscitato il mistero della creatura nuova, ha aperto all’umanità la possibilità di essere uomo nuovo, di vivere una vita nuova in Cristo, e così ha spalancato per noi la via della speranza. Ecco perché questo è il Giubileo della speranza. Quale persona, nel suo cammino terreno, non ha bisogno di ravvivare la speranza, di recuperare la forza della speranza? La speranza in sé stesso, la speranza negli altri, la speranza nei propri contesti operativi. Ma, come ci ricorda il Santo Padre Francesco nella bolla d’indizione del Giubileo, la speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal cuore di Gesù trafitto sulla croce. Il Signore ci rieduca a pensare secondo la logica dell’amore».
Ed ancora: «Noi qui presenti – e voi in modo speciale – sappiamo bene che la pace e la sua costruzione, nelle molteplici manifestazioni, inclusa la pace sociale, sono realtà che vanno pensate, elaborate, costruite con intelligenza e cuore. Una delle dimensioni fondamentali della pace, come sappiamo, è il peace thinking. Forse mai come in questo momento le intelligenze umane sono chiamate a pensare lasciandosi educare dal cuore di Cristo, dal cuore di Dio, e ad aprirsi a una visione autentica di Dio. Il Santo Padre, nella bolla giubilare, cita la Lettera di San Paolo ai Romani, dove è scritto: “Se infatti, quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita” (Rm 5,10)».
Poi l’Arcivescovo si è soffermato sull’amicizia tra le persone, tra i popoli, tra le culture. Nel concludere l’omelia ha detto: «Il Santo Padre ci ricorda che l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova, che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza. Ma questa prova non è solo lontana da noi: talvolta la incontriamo anche vicino, nelle nostre realtà. Per questo, egli ci invita, in questo Giubileo, a promuovere l’opera della pace con coraggio e creatività, affinché si generino situazioni di autentico equilibrio umano, per una pace duratura. Siamo chiamati a essere promotori di quella libertà che Dio ha donato all’umanità, a ciascuno di noi, e che può nascere solo da un cuore nuovo».
Alla celebrazione hanno partecipato anche le associazioni d’arma e quelle legate alle forze di polizia e di sicurezza.
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