«Uno strumento anche per le PMI»

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A che punto siamo con il progetto Switzerland Innovation Park Ticino? A metà novembre, dopo quasi sei anni di lavori preparatori, è stata costituita la società incaricata di gestire il parco dell’innovazione ticinese. Un punto di arrivo reso possibile dal riconoscimento del Parco ticinese come parte integrante della rete Switerland Innovation, l’iniziativa federale con lo scopo di rafforzare la Svizzera come Paese dell’innovazione. In quell’occasione il direttore della neonata società, Gianmaria Frapolli, aveva indicato il mese di giugno come possibile termine per l’assegnazione dei finanziamenti ai vari progetti di ricerca. Al riguardo, Frapolli spiegava: «In questa fase stiamo analizzando i business plan dei tre centri di competenza (vedi box, ndr). Vogliamo valutarne attentamente il contenuto, individuando eventuali aspetti da migliorare. Entro giugno 2025, poi, assegneremo i finanziamenti».

Governo e Parlamento hanno infatti sostenuto il progetto con un credito di 10 milioni di franchi su 4 anni. Le aspettative, chiaramente, sono alte. Non a caso, il direttore del DFE, Christian Vitta, intervenendo in quell’occasione, lo ha definito un «progetto strategico per lo sviluppo economico del nostro Cantone». A che punto siamo, dunque, con l’analisi dei business plan in vista dell’assegnazione dei finanziamenti? Lo abbiamo chiesto al presidente del CdA, Mauro dell’Ambrogio. «Il termine di fine giugno era indicativo e si sta procedendo per tappe. Qualche modesto finanziamento è già stato deliberato per la messa a punto dei piani. La maggiore infrastruttura già in corso di realizzazione è il laboratorio in via Vela a Bellinzona ad opera della Città, per un progetto presso il quale abbiamo rilevato impegni con l’avallo del Cantone», spiega Dell’Ambrogio.

Sull’importo complessivo da distribuire, Dell’Ambrogio chiarisce che, pur prevedendo una decina di milioni di franchi su quattro anni, l’assegnazione non è automatica. «L’intenzione è quella di applicare criteri rigorosi e selettivi nella valutazione dei progetti, considerando che l’interesse delle aziende può risultare volatile fino a quando non si concretizzano impegni effettivi. Non escludo neppure che alcuni centri possano non decollare, che ne vengano proposti di nuovi o che le risorse possano essere destinate ad altri strumenti di promozione economica per il Cantone». Per quanto riguarda l’analisi dei singoli progetti presentati, Dell’Ambrogio preferisce non sbilanciarsi, sottolineando l’importanza di lasciare ai diretti responsabili la gestione della comunicazione. «Questo approccio è dettato da considerazioni legate alla proprietà intellettuale: un imprenditore, infatti, decide autonomamente quali informazioni divulgare prima di brevettare o lanciare un prodotto sul mercato, così come un ricercatore valuta attentamente quando pubblicare le proprie scoperte».

Concepiti come luoghi aperti, i centri di competenza, di principio, sono accessibili a qualsiasi azienda interessata. Tuttavia, la partecipazione non è gratuita: le imprese devono coprire almeno il 50% dei costi dei progetti che intendono sviluppare in collaborazione con le realtà accademiche del territorio. Resta però da chiedersi se, in un contesto economico caratterizzato da piccole e medie imprese come quello ticinese, questi centri rappresentino davvero uno strumento efficace di rilancio. In merito, Dell’Ambrogio osserva che «negli ultimi trent’anni, dalla fondazione dell’USI e della SUPSI, sono stati avviati numerosi progetti in collaborazione con aziende locali. L’elemento innovativo del parco scientifico e tecnologico risiede piuttosto nella creazione di centri di competenza che coinvolgono più imprese e discipline scientifiche, favorendo collaborazioni più strutturate e durature, che vanno oltre il singolo progetto e la relazione tra un istituto di ricerca e un’azienda». Dell’Ambrogio riconosce però anche un limite legato alla dimensione del territorio: «Nelle PMI, l’innovazione dipende spesso direttamente dall’imprenditore o da un ristretto gruppo di collaboratori, rendendo più difficile sviluppare iniziative su larga scala. Proprio per questo, la formula del parco scientifico è stata concepita per superare tale ostacolo, anche attraverso il suo inserimento in una rete nazionale, che offre opportunità di crescita e sviluppo più ampie».

In linea di massima, quindi, la formula delle collaborazioni tra aziende dovrebbe offrire, almeno teoricamente, uno strumento utile per le PMI. Centrale, come già sottolineato, è il contributo delle università. Ma USI e SUPSI continuano a collaborare attivamente con tutti e tre i centri di competenza, oppure alcune partnership hanno subito battute d’arresto? Dell’Ambrogio riconosce che c’è stato un momento di crisi «per uno dei tre centri che si era concentrato più sull’organizzazione di eventi e sulla creazione di reti piuttosto che sullo sviluppo di contenuti innovativi in collaborazione con le università». E ancora: «Si tratta di un orientamento legittimo, che può rispondere a esigenze di marketing territoriale e quindi di sviluppo economico, ma che non corrisponde agli obiettivi del parco», spiega.

Il riferimento è al Lifestyle Tech Competence Center di Lugano, che negli ultimi mesi ha attraversato un momento di profondo riassetto con l’entrata del municipale Filippo Lombardi, in rappresentanza della Città, al posto del presidente Carlo Terreni, e una drastica riduzione del personale, passato da 12 a 2 dipendenti. Oggi, per il Centro di Lugano si impone un cambiamento di rotta, in linea con gli obblighi del parco dell’innovazione. Quanto all’apporto delle università, «attualmente sia USI sia SUPSI seguono lo sviluppo delle potenzialità nei tre centri», Lifestyle Tech compreso, quindi. Nel 2022 – ricordiamo – il Governo ha stanziato 1 milione di franchi per il solo centro di Lugano, mentre la Città versa 250 mila franchi all’anno per l’affitto degli spazi di via Peri.

In definiva, quindi, al momento di che cosa si sta occupando la neonata società Switzerland Innovation Park Ticino? «Il compito primario del parco è contribuire alle infrastrutture, i cui costi sono assunti almeno per metà dalle aziende interessate». Per infrastrutture – spiega Dell’Ambrogio – si intendono laboratori, hardware e software di uso comune per più progetti, più imprese e più ricercatori, compreso il personale necessario al loro funzionamento. «Siamo ancora in una fase interlocutoria. Piani pluriennali per queste infrastrutture sono in preparazione».

I centri di competenza, attualmente in fase di sviluppo in Ticino, sono tre: il centro di competenza sui droni (Swiss Drone Competence Center) a Lodrino; il centro di competenza nella scienza della vita (Life Sciences Competence Center) a Bellinzona; e il centro di competenza nel settore del Lifestyle Tech (Lifestyle Tech Competence Center) a Lugano. La gestione del parco è affidata alla Switzerland Innovation Park Ticino SA, società composta con partecipazione di capitale paritaria dai seguenti azionisti: Cantone, BancaStato, Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), Associazione Industrie Ticinesi (AITI), Università della Svizzera italiana (USI) e Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). La direzione di Switzerland Innovation Park Ticino è affidata a Gianmaria Frapolli; Mauro dell’Ambrogio è il presidente del CdA.



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