Obbligo assicurazione contro danni catastrofali, preoccupazione di Cna | TgPadova

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Luca Montagnin, CNA Padova e Rovigo: «Molto preoccupati, la legge presenta numerosi punti poco chiari e le stesse assicurazioni ancora non dispongono di schemi definiti per rispondere a questa nuova normativa. Chiediamo una proroga ulteriore e auspichiamo un tavolo di confronto che coinvolga Governo, associazioni di categoria e assicurazioni».

Padova, 12 marzo 2025 – CNA Padova e Rovigo esprime forte preoccupazione per l’introduzione dell’obbligo di assicurazione contro i danni catastrofali per le imprese, previsto dalla Legge di Bilancio 2024 e in vigore dal 31 marzo 2025. Il provvedimento coinvolge, nel padovano, circa 75mila aziende: tutte quelle iscritte al Registro delle Imprese, escluse le circa 11mila imprese agricole che continuano a rientrare nella disciplina del Fondo mutualistico nazionale. La norma impone di stipulare polizze per coprire i danni derivanti da eventi catastrofali, come terremoti e alluvioni, pena il rischio di esclusione da contributi e agevolazioni pubbliche. Tuttavia, le criticità ancora irrisolte sollevano molte domande e incertezze.

«Siamo molto preoccupati – dichiara Luca Montagnin, presidente di CNA Padova e Rovigo, – la scadenza per mettersi in regola è vicinissima ma al momento non esistono schemi assicurativi chiari, le stesse compagnie non li hanno predisposti perché su molti punti vige l’incertezza. Questo significa che gli imprenditori rischiano di sottoscrivere polizze incomplete o parziali, spendendo soldi inutilmente».

LE CRITICITÀ

Un altro aspetto critico riguarda il legame tra l’obbligo assicurativo e l’accesso ai contributi pubblici. «Se un’impresa non si assicura – spiega Montanin – rischia di essere esclusa dai contributi pubblici, ma non è chiaro se questo riguardi tutti i tipi di agevolazioni. Ad esempio, un imprenditore che ha assunto un lavoratore con meno di 25 anni e gode dell’agevolazione contributiva, rischia di perderla? Questo è un punto fondamentale che il decreto non chiarisce».

CNA solleva anche il problema della definizione di sede aziendale. «Ci sono molte attività che hanno, spesso, la sede legale presso la propria abitazione: idraulici, imbianchini, imprese di pulizie. In questo caso, cosa accade? Devono assicurare la casa? La casa spesso è già assicurata, ma se un giorno si presenta un bando per acquistare strumenti informatici o altri incentivi, rischiano di non poterli ottenere perché non hanno stipulato una polizza su un immobile che non è propriamente un’azienda? Sono questioni pratiche che il decreto non affronta, ma che incidono in modo sostanziale sulla vita delle imprese».

Non solo le imprese, ma anche le compagnie assicurative sono in difficoltà. «È evidente – prosegue Montagnin – che le stesse assicurazioni non hanno ancora un quadro chiaro di cosa devono coprire. Se parliamo di catastrofi naturali, non stiamo parlando della grandine. Alcune compagnie sostengono che, detta in parole semplici, se l’acqua arriva dal basso è un evento catastrofico, ma se arriva dall’alto no. Quindi l’allagamento è catastrofe, ma la grandine che distrugge i pannelli fotovoltaici no. Senza un quadro normativo condiviso con il Ministero, rischiamo di stipulare polizze che poi non coprono nulla di ciò che realmente serve».

LA RICHIESTA

Infine, Montagnin sottolinea un ulteriore punto critico: «Il decreto dice chiaramente che chi ha già una polizza assicurativa contro alcuni danni rimane coperto fino alla scadenza della stessa. Ma cosa accade se la mia polizza scade a novembre e la catastrofe naturale mi colpisce a settembre? Rischio di non ricevere i contributi, pur essendo in regola? È un problema enorme, che rischia di lasciare scoperte molte imprese senza alcuna tutela».

«Non possiamo accettare che un provvedimento di tale portata sia applicato senza regole certe e condivise. Auspichiamo che il Governo apra un confronto con le associazioni di categoria e le compagnie assicurative per definire modalità sostenibili. Servono tempo per definire perimetri chiari e regole trasparenti, non imposizioni che generano confusione e rischiano di danneggiare il tessuto imprenditoriale. La proroga al 31 marzo 2025 non è sufficiente: servono risposte concrete e tempi adeguati per permettere alle imprese di adeguarsi senza mettere a rischio la loro attività».



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