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di Giuseppe Augieri
E così Rino Formica ti fa ricordare cosa significa essere socialista. Un linguaggio franco, che risveglia ricordi mai sopiti di qualità della politica, per analisi serie; e l’indicazione di strade da percorrere. Un messaggio che è nel titolo di un suo intervento: “Un colpo di Stato “costituzionale” contro il piano dei reazionari”.
«Il capitalismo moderno, quello del 900, sotto la pressione di grandi forze democratiche e popolari nel mondo, aveva stabilito il legame indissolubile fra sviluppo capitalistico e crescita democratica del mondo… Il capitalismo fuori di un ordine politico è capitalismo selvaggio, … scelleratamente disinvolto di fronte ai problemi della libertà e dello sviluppo umano». Per realizzare questo processo degenerativo occorreva che ci fosse un’alleanza stretta con la finanza. La “decomposizione” della democrazia nel mondo, in modo più evidente negli USA, serve ad evitare freni a questo progetto. Di qui l’attacco e la messa al bando di ogni istituzione sovranazionale di controllo; e l’abbandono dell’Europa, che ha “ancora” in se valori diversi: e questo la rende nemica, comunque da allontanare.
Fin qui l’analisi. Personalmente ho sempre valutato con grande diffidenza la presa di distanze del socialismo rispetto al liberalismo ed ancor più il “divorzio” tra liberalismo e democrazia: distacco che nasce quando il capitalismo si è trasformato in “turbo capitalismo”, gestito da “padroni” che non vogliono regole, producono beni prevalentemente immateriali, ma soprattutto sono padroni di piattaforme che plasmano il senso comune. Non è questione recente: ma abbiamo sonnecchiato. Il blocco sociale che attorno a Trump si è coagulato è un sodalizio tra questo capitalismo futurista che si trova di fronte rapporti sociali arcaici. Che, da parte nostra, abbiamo tardato ad aggiornare. La novità ora è il “salto di qualità”. Addio al ceto innovativo della Silicon Valley; gli oligarchi, sempre stati nel palazzo, ora sono direttamente entrati nello studio ovale e mettono tende che prefigurano lunghe permanenze.
In sintesi, per me, questi oggi sono gli USA. Ma in verità anche l’Europa si avvia su una strada pericolosa, interdetta nel cosa fare perché colpita, in modo diverso nei vari Paesi ma in modo generalizzato, nei suo valori. Ed incapace di reagire.
Formica dice: la decomposizione delle istituzioni sovranazionali di controllo rendono essenziale la riattivazione e il rafforzamento dei poteri istituzionali vigenti. In Italia vi sono due vulnus trascurati eppure sostanziali nei confronti dei pericoli sottolineati. Una attenuata fede, con una Chiesa anch’essa sul limite della scomposizione perché preda di correntismi dopo l’azione di Francesco; la questione dell’ azione “politica” della magistratura che non può essere negata e «sulla quale serve un discorso di onestà».
Qui una riflessione, altrettanto mia da tempo: il vero potere della magistratura è nella obbligatorietà dell’azione penale ma ancor più nel potere dell’iniziativa di poter sollevare, per via incidentale in ogni giudizio, la questione della incostituzionalità delle leggi varate dal potere legislativo. Se questo potere non fosse inquadrato in un corretto equilibrio dei poteri, si potrebbe arrivare al paradosso che l’intera azione legislativa, per anni realizzata con un Parlamento mutilato nella struttura di un bicameralismo perfetto, da quando una delle due camere alternativamente viene decapitata del suo potere costituzionale di revisione e ripensamento di quanto deciso dall’altra, potrebbe essere impugnata perché anticostituzionale.
Un paradosso: ma talvolta ragionare per iperbole serve a capire meglio la portata dei problemi. Avviso ai naviganti: i difetti della politica si correggono politicamente, non nei tribunali.
Dunque «C’è bisogno di un **colpo di stato costituzionale** ovvero di un ritorno radicale alla Costituzione … con la rigenerazione dell’equilibrio dei poteri democratici e repubblicani ».
Sostengo da tempo che l’equilibrio tra i tre poteri dello Stato passa per un richiamo a confini più netti tra potere giudiziario e potere politico, ma anche attraverso il ripristino del corretto rapporto tra potere legislativo e potere esecutivo. Perché la deriva assunta dall’allentamento dei confini, dei diritti e dei poteri di questi rapporti va verso la destrutturazione della stessa idea di democrazia. Uno dei motivi di quello che io chiamo divorzio tra democrazia e libertà.
Formica conclude: «Il processo di sfaldamento va frenato subito. Oppure il Parlamento, in questa sua immobile rassegnazione, e le alte istituzioni, riparate nella trincea dei discorsi sui principi, saranno complici della decomposizione istituzionale, della strada che porta alla fine delle democrazie europee per come le abbiamo fin qui conosciute». Ed io non ho nulla da aggiungere. Ma si apre un oceano di argomenti da discutere.
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