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Dalle Alpi agli Appennini la neve diventa sempre più rara, mettendo in difficoltà il turismo invernale e facendo emergere interrogativi sulla sostenibilità di un modello ormai in crisi.
Il nuovo dossier Nevediversa 2025 “Una nuova montagna è possibile?”, presentato oggi a Milano da Legambiente, fotografa una realtà allarmante: 265 impianti sciistici dismessi, il doppio rispetto al 2020, e un crescente utilizzo di bacini per l’innevamento artificiale, con 165 strutture censite in Italia.
Le regioni più colpite dalla dismissione degli impianti sciistici sono Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30). A fronte di questa crisi, aumenta il ricorso alla neve artificiale: i bacini di innevamento hanno ormai raggiunto una superficie complessiva di circa 1.896.317 metri quadrati, con Trentino-Alto Adige (60 bacini), Lombardia (23) e Piemonte (23) in testa. La Valle d’Aosta, pur contando solo 14 bacini, vanta la maggiore estensione, con 871.832 metri quadrati di superfici dedicate all’accumulo d’acqua per la produzione di neve.
Il dossier di Legambiente denuncia situazioni critiche come quella della bidonvia di Pian dei Fiacconi, sul versante nord della Marmolada. Chiuso nel 2019 e travolto da una valanga nel 2020, l’impianto giace ancora in stato di abbandono, deturpando un’area montana protetta e patrimonio Unesco.
«Quanto sta accadendo ad alta quota è solo la punta di un iceberg – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Si continua ad alimentare la pratica dell’innevamento artificiale, che comporta consistenti consumi di acqua e di energia, senza invece mettere in campo una chiara strategia di adattamento e mitigazione alla crisi climatica. È da qui che bisogna partire, se si vuole arrivare a una migliore gestione del territorio».
Gli impianti di neve artificiale sono diventati una spesa cruciale per la sopravvivenza dei comprensori. Solo nel Bellunese, a metà febbraio, la spesa per l’innevamento artificiale ha raggiunto i 2 milioni di euro. In Piemonte, il Sestriere ha speso oltre 10 milioni di euro in quattro anni, mentre il Friuli-Venezia Giulia investe ogni stagione circa 5,3 milioni per mantenere innevati i suoi 125 chilometri di piste.
A pesare ulteriormente è anche l’aumento dei costi per i turisti: secondo Federturismo, quest’anno una famiglia di tre persone spende in media 186 euro al giorno per accedere agli impianti di risalita. Per una settimana bianca, il costo medio per un adulto si aggira sui 1.453 euro, mentre per una famiglia di tre persone la cifra sale a circa 3.720 euro.
Il dossier mette inoltre in evidenza il fenomeno dell’overtourism e la trasformazione del turismo alpino in un mercato di lusso.
«Le proprietà non vengono acquistate dagli italiani, ci sono investitori stranieri – spiega Alberto Lanzavecchia, professore all’Università di Padova – oggi solo un terzo degli alberghi è gestito da famiglie residenti. L’offerta turistica diventa più costosa ed espelle le famiglie italiane, che non possono godere più di quella valle».
Le previsioni per i prossimi anni indicano inverni significativamente più caldi rispetto a oggi, con un conseguente calo delle nevicate. I dati della Fondazione Cima confermano il grave deficit nevoso: al 13 febbraio 2025, l’innevamento sulle Alpi tra i 1000 e i 2000 metri è diminuito del 71%, mentre sugli Appennini il calo è del 94%. Anche a quote più elevate, la riduzione resta significativa: -43% sulle Alpi e -78% sugli Appennini tra i 2000 e i 3000 metri.
«Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato – commenta Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile e al tempo stesso avviare percorsi di governance tra istituzioni e comunità locali”.
Il report dedica un focus anche alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. L’evento, partito con un budget di 1,5 miliardi di euro, ha visto i costi lievitare fino a 5,7 miliardi, mentre diverse opere infrastrutturali rischiano di non essere completate in tempo. Rimane inoltre l’incognita sulla neve naturale, sempre meno abbondante negli ultimi inverni.
Di fronte a queste sfide, il report evidenzia la necessità di una nuova visione per il turismo invernale, promuovendo il turismo dolce e sostenibile come alternativa concreta per il futuro delle montagne italiane.
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