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Usciamo dalla casa della signora Laura, in parte frastornati, in parte arricchiti di qualche notizia o, meglio, di sensazioni e percezioni nuove.
Eppure, sembra ancora tutto indecifrabile.
Gli occhi lucidi di Mustafà quando ha riferito a Laura della sua scelta dell’ospedale di Randolfi…
Ma cosa ci sarà mai in questo paese dell’Italia meridionale?
«Pasquale, mi giri il numero di Furio Occorsi? Devo parlare con lui» dice Giacinto.
«Guido io» esclama l’ispettrice.
«Fermati al Bar Corso, ha dei tavolini all’ombra… ho molto caldo, ho bisogno di bere.»
«Giacinto, mi sei piaciuto… Avevi in mente qualcosa quando hai incalzato di domande la signora Laura? Ti si è accesa una lampadina? A cosa pensi?»
«Pasquale, cercavo un indizio, una traccia, una rivelazione, una motivazione… Tu che dici? Abbiamo trovato qualcosa? Niente. Solo sensazioni. E con le sensazioni non ci facciamo niente. Abbiamo bisogno di indizi chiari, solidi. Prove! Scusami, Caterina: non abbiamo un cazzo di niente. Mi sto innervosendo…»
«Giacinto, ma è solo il secondo giorno… calmati.»
«Hai ragione, dottore…»
Squilla il telefono.
«Sì, dottore… sì… La raggiungo tra mezz’ora… sì… sì… Non ho ancora grosse novità, ma le dirò tutto… sì… a tra poco.»
È il dottor Viesti. Anche il magistrato vuole aggiornamenti… ma che gli racconto?
«Vai, vai…»
Ci sediamo a un tavolino all’ombra di due grandi pini di Aleppo, che oltre all’ombra ci garantiscono una dolce frescura. E questo angolo di mondo mi riporta alla mente:
Il pomeriggio d’estate, puntualmente, prima che i miei genitori si risvegliassero dalla siesta, raggiungevo la cucina, caricavo la moka di polvere di caffè e, una volta uscito, lo versavo in un grosso bicchiere che avevo già riempito fino quasi all’orlo di gelato artigianale. Non contento, ci versavo anche due cucchiaini di zucchero e andavo a sedermi sotto i pini.
Era un momento incredibile: alla dolcezza assoluta del mio affogato al caffè si aggiungeva la dolcezza dei pomeriggi di luglio, quando sotto i pini di Aleppo non solo l’ombra garantiva il benessere, ma anche il refolo di vento che arrivava dal mare.
A distanza di tanti anni, non posso che ringraziare mio padre per il suo amore per la professione medica e mio nonno Pasquale, che aveva piantato i pini solo con quello che lui chiamava “u zappud”. I pini crebbero forti e rigogliosi ed io, e non solo io, ho benedetto il lavoro di mio nonno.
Maurino si avvicina al tavolo.
«Commissario, che piacere rivederla… Come sta? Ho saputo… lei ha il suo bel da fare…»
Silenzio.
«E allora, che vi servo?»
«Caffè freddo per me» dice Giacinto.
«Anche per me.»
«E per me. Una bottiglia di acqua frizzante, ben fredda.»
«Grazie… Maurino, dimmi… ma tu lo conoscevi Mustafà?»
«È venuto solo una volta, circa una settimana fa. Era imbronciato. Ha bevuto una birra ed è andato via, senza parlare.»
«Dottore, allora… girami il numero di Furio Occorsi.»
Al terzo squillo risponde, e sentiamo tutti e tre in viva voce quella di Furio.
«Signor Furio Occorsi, sono il commissario Giacinto Lecari della questura di Randolfi.»
«Buongiorno, commissario. Cosa posso fare per lei?»
«Ho bisogno di farle qualche domanda. Lei ha saputo dell’omicidio del suo gettonista, il dottor Mustafà Rambaied?»
«Il dottor Pasquale Traini mi ha detto di averla messa al corrente.»
«Certo, certo… Mi dica…»
«Quando ha ricevuto la richiesta di Mustafà di essere inserito nella cooperativa La Nuova Sanità, in veste di gettonista?»
«Esattamente il 15 giugno scorso.»
«E cosa ha scritto? Come si è presentato?»
«Mi ha scritto chi fosse, dove si fosse laureato e poi specializzato. Mi ha mandato il certificato di laurea, di specializzazione, i suoi dati anagrafici. Ho fatto controllare il tutto a un mio esperto consulente della cooperativa. Lui mi ha detto che era tutto in regola, per cui ho accettato la sua richiesta.»
«Ma lei è a conoscenza se i titoli di studio – laurea in Medicina e Chirurgia e specializzazione in Pediatria – acquisiti dal dottore in Libano ed in Grecia abbiano valore legale in Italia?»
Ci fu un attimo di pausa, e subito dopo Furio rispose:
«Sì… sì… Piuttosto, mi è solo sembrato curioso che il dottor Mustafà Rambaied mi avesse chiesto di essere assegnato all’ospedale di Randolfi. E quando gli ho detto che a giugno c’era un altro pediatra, ha chiesto comunque di venire in Italia e così gli ho proposto, in attesa di Randolfi, di andare a Marsegno. E lui ha accettato subito.»
«Mi scusi, signor Occorsi, ha chiesto per caso al dottore libanese per quale motivo volesse essere assegnato a Randolfi?»
«No… anzi, a noi fa piacere quando un medico chiede con precisione dove vuole essere assegnato ed anche quando vuole coprire l’incarico.»
«Va bene» risponde Giacinto. «Se dovessi avere ancora bisogno di lei, la richiamerò.»
«A disposizione.»
Le risposte, ancorché esaustive, una volta chiusa la comunicazione, ci lasciano perplessi. È come se sfuggisse qualcosa o, forse, ognuno dei coinvolti nascondesse altro.
«Andiamo dal dottor Viesti!»
Eppure, sembra ancora tutto indecifrabile.
Gli occhi lucidi di Mustafà quando ha riferito a Laura della sua scelta dell’ospedale di Randolfi…
Ma cosa ci sarà mai in questo paese dell’Italia meridionale?
«Pasquale, mi giri il numero di Furio Occorsi? Devo parlare con lui» dice Giacinto.
«Guido io» esclama l’ispettrice.
«Fermati al Bar Corso, ha dei tavolini all’ombra… ho molto caldo, ho bisogno di bere.»
«Giacinto, mi sei piaciuto… Avevi in mente qualcosa quando hai incalzato di domande la signora Laura? Ti si è accesa una lampadina? A cosa pensi?»
«Pasquale, cercavo un indizio, una traccia, una rivelazione, una motivazione… Tu che dici? Abbiamo trovato qualcosa? Niente. Solo sensazioni. E con le sensazioni non ci facciamo niente. Abbiamo bisogno di indizi chiari, solidi. Prove! Scusami, Caterina: non abbiamo un cazzo di niente. Mi sto innervosendo…»
«Giacinto, ma è solo il secondo giorno… calmati.»
«Hai ragione, dottore…»
Squilla il telefono.
«Sì, dottore… sì… La raggiungo tra mezz’ora… sì… sì… Non ho ancora grosse novità, ma le dirò tutto… sì… a tra poco.»
È il dottor Viesti. Anche il magistrato vuole aggiornamenti… ma che gli racconto?
«Vai, vai…»
Ci sediamo a un tavolino all’ombra di due grandi pini di Aleppo, che oltre all’ombra ci garantiscono una dolce frescura. E questo angolo di mondo mi riporta alla mente:
Il pomeriggio d’estate, puntualmente, prima che i miei genitori si risvegliassero dalla siesta, raggiungevo la cucina, caricavo la moka di polvere di caffè e, una volta uscito, lo versavo in un grosso bicchiere che avevo già riempito fino quasi all’orlo di gelato artigianale. Non contento, ci versavo anche due cucchiaini di zucchero e andavo a sedermi sotto i pini.
Era un momento incredibile: alla dolcezza assoluta del mio affogato al caffè si aggiungeva la dolcezza dei pomeriggi di luglio, quando sotto i pini di Aleppo non solo l’ombra garantiva il benessere, ma anche il refolo di vento che arrivava dal mare.
A distanza di tanti anni, non posso che ringraziare mio padre per il suo amore per la professione medica e mio nonno Pasquale, che aveva piantato i pini solo con quello che lui chiamava “u zappud”. I pini crebbero forti e rigogliosi ed io, e non solo io, ho benedetto il lavoro di mio nonno.
Maurino si avvicina al tavolo.
«Commissario, che piacere rivederla… Come sta? Ho saputo… lei ha il suo bel da fare…»
Silenzio.
«E allora, che vi servo?»
«Caffè freddo per me» dice Giacinto.
«Anche per me.»
«E per me. Una bottiglia di acqua frizzante, ben fredda.»
«Grazie… Maurino, dimmi… ma tu lo conoscevi Mustafà?»
«È venuto solo una volta, circa una settimana fa. Era imbronciato. Ha bevuto una birra ed è andato via, senza parlare.»
«Dottore, allora… girami il numero di Furio Occorsi.»
Al terzo squillo risponde, e sentiamo tutti e tre in viva voce quella di Furio.
«Signor Furio Occorsi, sono il commissario Giacinto Lecari della questura di Randolfi.»
«Buongiorno, commissario. Cosa posso fare per lei?»
«Ho bisogno di farle qualche domanda. Lei ha saputo dell’omicidio del suo gettonista, il dottor Mustafà Rambaied?»
«Il dottor Pasquale Traini mi ha detto di averla messa al corrente.»
«Certo, certo… Mi dica…»
«Quando ha ricevuto la richiesta di Mustafà di essere inserito nella cooperativa La Nuova Sanità, in veste di gettonista?»
«Esattamente il 15 giugno scorso.»
«E cosa ha scritto? Come si è presentato?»
«Mi ha scritto chi fosse, dove si fosse laureato e poi specializzato. Mi ha mandato il certificato di laurea, di specializzazione, i suoi dati anagrafici. Ho fatto controllare il tutto a un mio esperto consulente della cooperativa. Lui mi ha detto che era tutto in regola, per cui ho accettato la sua richiesta.»
«Ma lei è a conoscenza se i titoli di studio – laurea in Medicina e Chirurgia e specializzazione in Pediatria – acquisiti dal dottore in Libano ed in Grecia abbiano valore legale in Italia?»
Ci fu un attimo di pausa, e subito dopo Furio rispose:
«Sì… sì… Piuttosto, mi è solo sembrato curioso che il dottor Mustafà Rambaied mi avesse chiesto di essere assegnato all’ospedale di Randolfi. E quando gli ho detto che a giugno c’era un altro pediatra, ha chiesto comunque di venire in Italia e così gli ho proposto, in attesa di Randolfi, di andare a Marsegno. E lui ha accettato subito.»
«Mi scusi, signor Occorsi, ha chiesto per caso al dottore libanese per quale motivo volesse essere assegnato a Randolfi?»
«No… anzi, a noi fa piacere quando un medico chiede con precisione dove vuole essere assegnato ed anche quando vuole coprire l’incarico.»
«Va bene» risponde Giacinto. «Se dovessi avere ancora bisogno di lei, la richiamerò.»
«A disposizione.»
Le risposte, ancorché esaustive, una volta chiusa la comunicazione, ci lasciano perplessi. È come se sfuggisse qualcosa o, forse, ognuno dei coinvolti nascondesse altro.
«Andiamo dal dottor Viesti!»
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