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L’emergenza sanitaria in Sardegna è il tema cardine del dodicesimo congresso regionale della FNP Cisl Pensionati – “Il coraggio della partecipazione. Responsabilità sociali e umanesimo del lavoro per rigenerare l’Italia e l’Europa” – in corso di svolgimento al T Hotel di Cagliari. Secondo i pensionati della Cisl la situazione drammatica della sanità sarda non è frutto del caso, ma conseguenza di scelte politiche degli ultimi 20 anni, che richiamano la responsabilità di tutte le giunte e di tutti i Consigli regionali succedutisi in questo arco di tempo. L’operato della giunta Todde in materia sanitaria è stato valutato come lacunoso e inadeguato. “Un concetto che abbiamo più volte ribadito e proposto alla giunta regionale e alla presidente Todde, lanciate invece in un piano di riordino generale – ha sottolineato Mimmo Contu, segretario regionale FNP Cisl Pensionati -. Stanno facendo esattamente il contrario di quanto indicato dalla stessa coalizione che governa la Regione nel programma elettorale. Lanciamo un appello all’unità di tutte le forze politiche per affrontare l’emergenza della sanità in Sardegna”.
“Viviamo in una società in continua evoluzione, dove la sanità e i servizi sociali devono adattarsi per rispondere alle esigenze di una popolazione che vive più a lungo e necessita di cure sempre più specializzate e accessibili – sottolinea Pier Luigi Ledda, segretario generale della Cisl Sardegna -. Per garantire un sistema equo ed efficiente, servono investimenti mirati e una migliore organizzazione dell’assistenza, affinché nessuno venga lasciato indietro. L’accesso ai servizi sanitari è sempre più diseguale, liste d’attesa ancora inaccettabili, prestazioni e prevenzione non adeguati, con molti cittadini costretti a spostarsi fuori regione per ricevere cure adeguate, a causa di una rete ospedaliera insufficiente e della crescente mobilità sanitaria passiva”.
Al congresso, presieduto da Alberto Farina, erano presenti, insieme a Mimmo Contu e Pier Luigi Ledda, Emilio Didonè, segretario generale nazionale della FNP Cisl; Roberto Pezzani, segretario nazionale FNP Cisl. Per i saluti istituzionali sono intervenuti Piero Comandini, presidente del Consiglio regionale e Massimo Zedda, sindaco di Cagliari.
Il congresso proseguirà domani, con l’elezione del nuovo segretario della FNP Cisl Pensionati.
LE PROPOSTE
La Cisl ha presentato una piattaforma programmatica, con proposte “essenziali per avviare una vera trasformazione del sistema sanitario regionale”. “Interventi concreti e una visione strategica di lungo periodo sono indispensabili per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini sardi e rispondere in modo efficace alle sfide del futuro” ha sottolineato ancora Contu.
Le proposte sono: incrementare le risorse e migliorare l’accesso alle cure; riformare la rete ospedaliera e la medicina territoriale; investire nella formazione e nel reclutamento del personale sanitario; la revisione dell’accordo Stato-Regione; innovazione e digitalizzazione del sistema sanitario e introduzione della telemedicina, implementando gli strumenti per migliorare l’accesso alle cure, soprattutto nelle aree più isolate.
I NUMERI DEL DISASTRO
Secondo i dati più recenti, la Sardegna si colloca al quart’ultimo posto tra le regioni italiane per efficienza e dotazione sanitaria. Sono solamente 2,8 i posti letto in specialità ad elevata assistenza ogni 10.000 abitanti: la regione è lontana dagli standard richiesti per rispondere alle emergenze e ai bisogni di cura più complessi. Appena l’1,7% degli anziani riceve assistenza domiciliare integrata e solo il 14,8%dei pazienti si dichiara poco o per niente soddisfatto dell’assistenza ospedaliera ricevuta. Il 12,3% dei sardi – la percentuale più alta in Italia – rinuncia alle prestazioni sanitarie a causa dell’inefficienza delle strutture, dei costi elevati e delle lunghe liste d’attesa. Il 40% dei medici sardi è insoddisfatto della propria condizione lavorativa, soprattutto a causa di carichi di lavoro eccessivi, carenza di risorse e scarse opportunità di crescita professionale. Molti sardi sono costretti a recarsi fuori dalla propria regione per ricevere cure adeguate, con conseguenti costi elevati per le famiglie e per il sistema sanitario regionale. Affrontando disagi personali e familiari, con un aggravamento delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari che penalizzano chi non può permettersi di spostarsi.
“Chi di dovere sapeva che ci sarebbe stato il massiccio pensionamento di medici, non solo di medicina generale, ma anche ospedalieri – sottolinea ancora Mimmo Contu -. Nonostante questa consapevolezza non si è fatto nulla per affrontare l’esodo. Il risultato è sotto gli occhi tutti: in centinaia di Comuni manca il medico di medicina generale. Su 1400 ambulatori di medicina generale, lo scorso ottobre 400 erano sguarniti”.
Gli anziani sono davvero la parte più fragile della società sarda. Occorre favorire l’integrazione sociosanitaria e che la Regione lavori ad un piano per l’invecchiamento attivo, attuando la riforma della non autosufficienza – conferma Ledda -. Possiamo e dobbiamo riaffermare il principio di equità del diritto alle cure e all’assistenza del nostro sistema pubblico universale, superando le disuguaglianze tra le diverse aree della Regione, ed evitando che le persone anziane coinvolte e i loro familiari siano spesso costrette ad affrontare oneri di compartecipazione al costo della retta insostenibili.
INVERNO DEMOGRAFICO.
In Sardegna la popolazione a dicembre 2024 era di un milione 570 mila persone. Il 28 per cento è formato da uomini e donne ultra 65 anni. Con un dato ancora più preoccupante: il numero dei bambini tra 0-4 anni è perfettamente uguale a quello degli anziani tra gli 85 e 89 anni: cioè, 40.000 persone. “In 20 anni abbiamo perso 60mila residenti – spiega Contu -. Siamo da 30 anni al di sotto della soglia di 1,3 figli per donna, quella che in demografia viene chiamata “a bassissima fecondità”, condizione in cui viene a mancare il ricambio tra generazioni”. “Un mondo sempre più precario, in cui i giovani fanno fatica ad adattarsi, anche vista la grande importanza che la cultura sarda pone sul raggiungere l’autonomia economica dalla propria famiglia d’origine, prima di considerare l’idea di creare un nuovo nucleo – conclude Contu -. Non basta avere un lavoro, ma esso deve garantire anche una certa fiducia circa il proprio futuro e sulle prospettive da offrire ai propri figli”.
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