Il sistema criminale in Molise: l’espansione della Società Foggiana e gli allarmi ignorati per decenni

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L’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Campobasso, coordinata dal procuratore Nicola D’Angelo e dal sostituto procuratore Vittorio Gallucci, ha rivelato l’espansione della Società Foggiana in Molise, con un sistema di estorsioni, usura e narcotraffico, attraverso violenza e intimidazioni.

L’inchiesta, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di oltre 40 persone (con diversi omissis istituzionali), ha svelato una struttura criminale che opera(va) con una doppia strategia: controllo diretto del territorio attraverso minacce e ritorsioni, rete di affari illeciti, riciclaggio di denaro e infiltrazioni nell’economia locale.

IL RACKET DELLE ESTORSIONI

L’inchiesta della DDA di Campobasso ha rivelato un’estesa rete di estorsioni in Molise, confermando il ruolo sempre più presssante della Società Foggiana e di altre organizzazioni criminali. Gli episodi documentati mostrano un sistema consolidato e pericoloso in cui commercianti, imprenditori e professionisti sono stati sottoposti a continue richieste di denaro, con minacce e ritorsioni.

Ci troviamo di fronte a gentaglia senza scrupoli, che da anni ha annusato – con la complicità di molti schifosi del posto – l’affare in una Regione silente e omertosa. Dove molti continuano a negare la presenza di questi bastardi criminali assetati di soldi e di sangue. Resta un dato acclarato: questa gentaglia può essere sconfitta con la dignità di un intero popolo. Ma è necessaria la consapevolezza che, oggi, ancora non c’è. 

Campomarino: il commerciante costretto a pagare

L’episodio emblematico riguarda un commerciante di Campomarino, costretto a pagare somme di denaro sotto la minaccia di ritorsioni. Le intimidazioni facevano esplicito riferimento a “contatti napoletani” della criminalità organizzata, utilizzati per far comprendere alla vittima la pericolosità dei suoi estorsori​. La strategia adottata dai criminali prevedeva un approccio graduale: richiesta “amichevole”: l’imprenditore veniva avvicinato con la scusa di un favore o di un aiuto economico; pressioni: dopo il primo pagamento, la cifra richiesta aumentava progressivamente, accompagnata dalle minacce; intimidazioni: se la vittima tentava di opporsi, iniziavano gli atti intimidatori: visite di soggetti sconosciuti, richieste di incontri in luoghi isolati, danneggiamenti alla proprietà.

Il recupero crediti e le minacce

La criminalità organizzata impone(va) un sistema di recupero crediti, sfruttando la paura, per costringere le vittime a pagare. Un imprenditore dopo aver contratto un debito è stato avvicinato da soggetti legati alla criminalità foggiana, i quali minacciavano con la loro rozza arroganza:

“Se non paghi, domani non sai cosa può succederti”.

A un altro commerciante è stato detto, sempre da questi schifosi:

“Se vuoi continuare a lavorare qui, sai cosa devi fare.”

Il metodo delle minacce

Sono emersi diversi metodi utilizzati per piegare le vittime:

  • Minacce telefoniche e messaggi inquietanti: riferimenti a “incidenti” capitati ad altri imprenditori.
  • Visite notturne e atti vandalici: vetri rotti, porte incendiate, automobili danneggiate.
  • Aggressioni fisiche: un imprenditore è stato picchiato in pieno giorno per dare l’esempio. 

USURA: l’uso del debito come strumento di controllo

Molti commercianti sono finiti nel giro dell’usuraQuando non riuscivano a restituire il denaro, gli imprenditori venivano costretti a cedere parte della loro attività ai mafiosi, utilizzare i propri locali per il riciclaggio di denaro sporco, fornire informazioni sugli affari di altri commercianti per le nuove estorsioni. 

Le prove raccolte dimostrano che il racket delle estorsioni è una pratica diffusa in Molise, con forti legami con la criminalità organizzata pugliese e campana. Molte vittime scelgono il silenzio.

L’inchiesta della DDA di Campobasso ha rivelato un sistema di usura capillare, con tassi d’interesse che arrivavano al 20-30% mensile e metodi intimidatori (minacce di morte, incendi dolosi, ect.)

Il caso di Termoli

Un imprenditore si era rivolto a un gruppo di usurai legati alla criminalità foggiana per ottenere un prestito di 30 mila euro, con tassi d’interesse del 20%Dopo pochi mesi, con un debito raddoppiato, l’imprenditore non riuscendo a sostenere i pagamenti ha subito una serie di minacce: telefonate anonime (“Se non paghi, ti scaviamo la fossa”, atti vandalici (serrande imbrattate e scritte minacciose), auto incendiata davanti alla sua abitazione.

L’imprenditore, terrorizzato, ha cercato di vendere la sua attività per saldare il debito, ma ha ricevuto un’unica offerta, proveniente da un prestanome della criminalità, a un prezzo inferiore della metà del valore reale.

Sono bastardi fino al midollo.

“Trova i soldi o sparisci”

Un altro episodio riguarda un commerciante che si è rivolto agli usurai per un prestito di 10 mila euro. Dopo tre mesi, il debito era salito a 20 mila, e quando ha cercato di prendere tempo si è trovato davanti a due uomini incappucciati che lo hanno costretto a entrare in macchina, minacciandolo con un coltello.

“Se non trovi i soldi entro una settimana, sparisci da Termoli”.

L’uomo ha denunciato i fatti, ma pochi giorni dopo è stato aggredito mentre rientrava a casa.

Gli incendi come messaggi di morte

Un ristoratore di Termoli, con un debito di 50 mila euro, ha trovato il suo locale distrutto dalle fiamme. Il ristoratore ha negato di aver ricevuto minacce, segno evidente della paura di ritorsioni.

Un imprenditore edile, che non riusciva più a pagare il debito contratto con gli usurai, ha ricevuto una telefonata:

“Stanotte fai attenzione alla tua macchina”.

La mattina dopo la sua auto era stata completamente bruciata.

NARCOTRAFFICO: il ruolo centrale della mafia foggiana

L’indagine ha confermato che il Molise è diventato una piazza strategica per il traffico di droga. Operazioni come Round Trip e White Beach hanno evidenziato come i clan foggiani hanno, da tempo, organizzato un sistema di spaccio ben strutturato tra Foggia e Termoli. Uno degli episodi più significativi è legato all’operazione Casablanca, che il 3 giugno 2022 ha portato all’arresto di cinque pugliesi coinvolti in un traffico di cocaina e marijuana tra la provincia di Foggia e il Molise.

Tra i coinvolti, un esponente della criminalità di San Severo (FG), già indagato nell’inchiesta Rewind del 2010 e nuovamente arrestato nell’ambito dell’operazione Doppio Zero​.

Un’infiltrazione criminale già segnalata da anni, “Il Veleno del Molise” e la denuncia inascoltata

Già nel 2013, avevamo denunciato l’infiltrazione delle mafie in Molise con il libro Il Veleno del Molise. Attraverso documenti e testimonianze, è stato rivelato come la criminalità organizzata avesse già messo radici nella regione, infiltrandosi nell’imprenditoria, nelle istituzioni e nel settore degli appalti pubblici.

A confermare la gravità della situazione fu il magistrato Ferdinando Imposimato, che in un’intervista contenuta nel libro dichiarò:

“Il Molise non è affatto un’isola felice. Le mafie ci sono e si stanno rafforzando in silenzio, infiltrandosi nell’economia e nella politica”.

La copertina del mensile “il Ponte”, diretto da Paolo De Chiara, 2010.

La relazione della DIA: Molise, una terra di conquista

Nel 2022, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) ribadì l’allarme lanciato negli ultimi trent’anni. Il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Campobasso, Mario Pinelli, dichiarò che il basso numero di procedimenti penali non è un segnale di assenza della criminalità organizzata, ma anzi dimostra un’infiltrazione più sottile e difficile da rilevare.

Secondo la DIA, il Molise è oggi terreno di espansione per gruppi criminali provenienti dalla:

  • Campania (camorra), che opera nel Basso Molise, soprattutto nella zona di Venafro.
  • provincia di Foggia (Società Foggiana), che controlla il narcotraffico nella zona di Termoli.
Dalla Relazione della DIA, luglio-dicembre 2022

Il precedente storico: il caso Ragosta nel Nucleo Industriale di Pozzilli e Venafro

Negli anni Duemila, il Molise fu al centro di un’importante vicenda legata alla criminalità economica. Nel Nucleo Industriale di Pozzilli e Venafro, i fratelli Ragosta divennero protagonisti di un sistema imprenditoriale opaco, gestendo aziende come RER (Recuperi Ecologici e Riciclaggio) e FonderghisaLe indagini rivelarono che queste società erano coinvolte in attività illecite legate al riciclaggio di denaro e al traffico di rifiuti, con collegamenti con la camorra e altri gruppi criminali.

Tuttavia, nonostante le segnalazioni, l’infiltrazione nel tessuto economico-industriale non fu mai adeguatamente contrastata, permettendo alla criminalità organizzata di rafforzarsi nel Molise​.

Il Molise non è mai stato un’isola felice

Le inchieste della DDA di Campobasso, le operazioni della DIA, le denunce giornalistiche e giudiziarie hanno confermato che il Molise, da anni, è terra di conquista per la criminalità organizzata.

Gli allarmi sono stati lanciati più volte, dagli anni ‘90, nel 2000 con il caso Ragosta, nel 2013 con Il Veleno del Molise, e negli ultimi anni con le relazioni della DIA, le operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura. L’assenza di una reazione istituzionale (dove siedono soggetti vicini alla criminalità) ha permesso alle mafie di radicarsi in silenzio, con un controllo sempre più evidente.

Ora è arrivato il bivio: reagire o continuare a chiudere gli occhi di fronte a una realtà che non può più essere negata?

«Il Molise sembra un’isola beata, ma è una realtà mafiosissima, dove non c’è la lupara, dove non ammazzano, non ci sono crimini. C’è una mentalità mafiosa incredibile. Sono sconcertato dalle cose che ho visto in questa Regione. È una Regione in cui la mafia viene sublimata, gli vengono tolti tutti gli aspetti più spettacolari e resta la pura mentalità mafiosa»

Alberico Giostra

Continua…

 

L’immagine di copertina è tratta dalla rivista il Ponte, diretta da Paolo De Chiara, del 2010.




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