PALERMO – Il giovane boss e la moglie hanno deciso di separarsi. Affrontano le conseguenze dirette (familiari ed economiche) che ne derivano. E pure quelle indirette.
Non si può continuare ad avere un occhio di riguardo nella riscossione del pizzo per un ex parente. Niente esenzione o sconti al titolare di un’attività del settore alimentare nel quartiere Villa Tasca. La tassa mafiosa va pagata per intero ora che è diventato l’ex cognato di un boss di Pagliarelli detenuto.
Storie di una mafia che cambia. Non ci sono più né i boss, né i matrimoni indissolubili di una volta. Le mogli, per fortuna, si sono emancipate. E allora le cronache carcerarie, dove un tempo faceva notizia il matrimonio in cella, si riempiono di storie di divorzi.
Alcune donne provano a voltare pagina. Rinunciano persino allo stipendio garantito in quanto mogli di… . Fino a quando i mariti erano liberi si sono goduti insieme i soldi sporchi, senza farsi troppe domande o accogliendo la stessa mentalità mafiosa da cui ora vogliono affrancarsi.
Ci sono dei casi limite. Nella zona di Bagheria una donna ha convissuto per anni con un mafioso. Quando lo hanno arrestato ha deciso di lasciarlo. Troppo pesante la vita con un compagno detenuto. Si è rifatta una vita con un’altra persona che, però, subito dopo è finita in carcere. Non è stata una decisione precipitosa la sua. La donna ha atteso la decisione del Tribunale del Riesame e quando la misura cautelare è stata confermata ha deciso di troncare anche la nuova relazione.
La fine di un matrimonio si porta dietro accese liti. “… è una vergogna quello che hai combinato, che io neanche dovrei essere qua a parlare. Perché io me ne vado da qua… non abbiamo niente da dire. I soldi non me li vuoi dare. Va bene… a posto”, diceva un mafioso di Palermo centro, arrestato nel blitz dei 181 delle scorse settimane. Per sanare la frattura (in ballo c’erano i soldi della vendita di una casa e una collezione di orologi) dovette intervenire Francolino Spadaro, boss della Kalsa.
Nel cuore della vecchia Palermo saltò fuori che il figlio di un mafioso che conta aveva tradito la moglie, imparentata a sua volta con qualcun altro che ha voce in capitolo e pretendeva che l’onta venisse lavata. Lui era andato via di casa appena lei ha scoperto la relazione extraconiugale: “… è troppo scaltra nei telefonini è andata a trovare il profilo falso”. Il marito “è scappato, bianco come la carta velina”.
Di chi era la colpa? Della ragazza “naturalmente”, così dicevano tradendo una visione arcaica del rapporto uomo-donna. La bollavano come rovina famiglie, si era messa in mezzo fra moglie e marito. Convocarono un parente dell’amante, “questa grandissima… falla andare via dal lavoro…”. La punizione arrivò pure per lui, ma riservata restò la causa. Lo picchiarono tanto forte che “il sangue sghiddava da tutte le parti”.
Ci sono donne che hanno atteso anni prima di decidere che restare la moglie di un ergastolano era troppo gravoso. Le trasferte per i colloqui nel supercarcere del Nord Italia erano diventate un calvario. A volte gli arresti rappresentano una liberazione per le donne che hanno un motivo palese per dire addio a mafiosi che infrangono le regole d’onore (?).
Quando nel 2007 arrestarono il boss di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo, aveva con sé il decalogo del perfetto mafioso. Tra i punti specifici si leggeva: “Si deve portare rispetto alla moglie”; “Non può entrare in Cosa nostra chi ha tradimenti sentimentali in famiglia”, e “chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali”.
Francesco Colletti, boss di Villabate che prima di pentirsi aveva partecipato alla riunione della cupola del 2018, faceva riferimento a “una cosa scritta che ti farò leggere… la prima di tutti c’è scritto questo… che non ne puoi avere ingazzamenti (relazioni extraconiugali ndr)”. Che almeno si salvi l’apparenza, però. “ “No – continuava Colletti – non è che la c’è scritto che uno non può scopare (rideva ndr), non si deve fare sapere”.
Se contasse davvero rispettare certe regole in tanti sarebbero già stati messi alla porta di Cosa Nostra. Sono lontani i tempi della fedeltà, nella gioia e nel dolore, di donne come Ninetta Bagarella. Ci sono eccezioni attuali che confermano la regola.
Come nel caso di Teresa Marino che ha seguito, nella buona e nella cattiva sorte, il marito Tommaso Lo Presti. In passato lo ha aiutato anche nelle faccende mafiose fino a farsi arrestare. La notte dell’ultimo blitz era in prima fila davanti alla caserma del comando provinciale dei carabinieri ad aspettare che il marito venisse trasferito in carcere per un saluto veloce dietro il vetro della gazzella.
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