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La produzione ha rallentato del 3,2%. Il fatturato complessivo è diminuito in termini nominali del -3,1%, ma, considerando l’andamento dei prezzi industriali alla produzione, le vendite dell’industria manifatturiera regionale dovrebbero essersi ridotte in misura leggermente inferiore. Il fatturato estero è rimasto sostanzialmente stabile, -0,2%, con un recupero nell’ultimo trimestre e, in termini reali, considerando l’andamento dei prezzi industriali di beni destinati all’esportazione, dovrebbe essere leggermente aumentato. Gli ordini complessivi acquisiti dal settore industriale regionale durante il 2024 sono diminuiti del -2,9%, ma quelli dall’estero sono rimasti quasi invariati -0,3%.
I settori
La contrazione vissuta dall’industria regionale ha interessato quasi tutti i settori anche se con intensità diverse. Solo l’industria alimentare e delle bevande è cresciuta, aumentando la produzione del +1,8%, Il risultato più pesante del 2024 lo hanno subito le industrie della moda, con la produzione diminuita del -8%, valore che, se si eccettua il periodo pandemico, è il peggiore dal 2009.
L’industria della metallurgia e delle lavorazioni metalliche, che ha un’elevata presenza di imprese di subfornitura, ha risentito sensibilmente dell’arretramento dell’attività produttiva in Europa ed ha diminuito la produzione del -5,1%. Contrazione di poco inferiore, -3,9%, per l’attività produttiva dell’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto. La produzione della piccola industria del legno e del mobile è diminuita del -3,1%, dopo il rallentamento già subito nel 2023. Le “altre industrie”, che comprendono le industrie della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, cioè ceramica e vetro, hanno rallentato la produzione del -1,2%.
La dimensione delle imprese
Le imprese minori hanno subito un calo dell’attività medio del -4,3%, più che doppio rispetto a quello delle imprese medio-grandi per le quali mediamente è stato del -1,9%.
Aperture e cessazioni di imprese
È proseguito il processo di concentrazione aziendale delle industrie con un saldo delle dichiarazioni delle imprese registrate (dato da iscrizioni, cessazioni dichiarate e variazioni di attività) pari a -437 imprese (-0,95%), valore decisamente più contenuto rispetto ai saldi negativi che si registravano fino al 2020.
Se l’industria alimentare e delle bevande il 2024 ha chiuso diminuendo solo leggermente di numero (-39), è nelle industrie della moda che il saldo negativo è stato più pesante con -189 imprese (-3%). Diminuite anche le imprese dell’industria della ceramica, del vetro e dei materiali refrattari (-34, -2,2%). Piccolo segno positivo (+18 imprese, +0,2%) nell’importante comparto della metallurgia e dell’industria dei prodotti in metallo, che è il secondo per ampiezza della base imprenditoriale regionale con 10.872 imprese.
L’ampio aggregato, costituito da 11.030 imprese, delle industrie elettroniche, delle apparecchiature elettriche, dei macchinari e apparecchiature, degli autoveicoli e rimorchi, degli altri mezzi di trasporto e della riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature, ha riportato un saldo solo lievemente negativo (-64 imprese, -0,6%). Scomponendolo esso è il risultato dell’aumento delle imprese nell’industria della riparazione e manutenzione di macchine (+118 unità, +2,9%) e della diminuzione del fondamentale ed ampio settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature nca (-120 imprese, -2,9%). L’industria del legno e del mobile ha ridotto di 70 unità la base imprenditoriale (-2%). Le altre industrie manifatturiere si sono ridotte di -78 unità, diminuendo la base imprenditoriale del -1,3%.
Previsioni
L’economia regionale nel 2025 dovrebbe crescere del +0,6%, allo stesso ritmo quindi del 2024.
A contribuire alla crescita del Pil nel 2025 le stime di aumento dell’occupazione (+0,7%), una lieve accelerazione dei consumi (+0,9%) e le esportazioni (+2,2%), valore quest’ultimo che dovrà essere aggiornato alla luce della nuova politica dei dazi doganali al momento in fase di profonda trasformazione.
Nel 2025 il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto regionale dovrebbe subire solo un ulteriore lievissimo arretramento (-0,1%).
Tali stime emergono dall’esame dell’ufficio studi di Unioncamere Emilia-Romagna sulle previsioni macroeconomiche per l’Emilia-Romagna elaborate a gennaio 2025 sulla base degli “Scenari per le economie locali” elaborati da Prometeia.
Valerio Veronesi, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna: «Questi numeri ed analisi sono una mappa che porta a navigare nella nuova realtà che stiamo vivendo. Non possiamo affrontare questo nuovo viaggio con incertezza e disorientamento. Non possiamo permettere che la distanza fra le piccole imprese e le grandi diventi incolmabile, perché la loro sinergia è l’energia competitiva della nostra economia e della nostra identità. Cinque i punti cardinali da impostare immediatamente: investimenti, anche con la tempestiva rivisitazione del 5.0, abbassamento dei costi energetici, partecipazione dei giovani alla vita delle imprese, sostegno al mercato interno. Per questo è sempre di più fondamentale il ruolo strategico di sintesi dei corpi intermedi. Rispetto alle nuove politiche doganali le aziende non possono essere lasciate sole e le piccole imprese non possono essere isolate dal sistema istituzionale e creditizio».
Secondo l’analisi della Research Department di Intesa Sanpaolo, anche nella parte finale del 2024, il mercato del credito alle imprese ha registrato una domanda debole, nonostante la riduzione dei tassi di interesse. La carenza di domanda resta attribuibile al ricorso all’autofinanziamento e al contesto di incertezza che incide sulle decisioni di investimento. I dati di fine 2024 mostrano che i prestiti alle imprese sono rimasti in riduzione in Emilia-Romagna del -4,7% a dicembre, in linea con la media dei primi 9 mesi dell’anno. Guardando più in dettaglio ai macrosettori, l’andamento dei prestiti all’industria è risultato analogo, con un -4,8% a dicembre come in media annua. Il bilancio dell’intero 2024 conferma un calo più contenuto dei prestiti all’industria dell’Emilia-Romagna rispetto al sistema nazionale (-4,8% e -6,6% rispettivamente in media annua).
È proseguita la ripresa dei prestiti alle famiglie consumatrici, tornati in crescita nel secondo semestre, fino a segnare un +1,1% a dicembre, da un minimo di -0,9% a marzo dello scorso anno. La svolta è sostenuta dal calo dei tassi d’interesse e dalla ripartenza delle compravendite residenziali. In Emilia-Romagna lo stock di mutui casa ha invertito il trend, segnando una crescita dello 0,7% anno su anno a settembre, dal minimo del +0,3% raggiunto a metà 2024 a seguito della stretta monetaria del 2022-23. L’andamento è in linea con quello nazionale, confermando una variazione leggermente più robusta. La tendenza dei mutui è coerente con la ripresa delle compravendite di abitazioni, in atto dal secondo trimestre 2024 e in accelerazione nel quarto trimestre anche in Emilia-Romagna (+8,2% a/a in linea con il +7,6% a livello nazionale).
Il minore ricorso al credito da parte delle imprese va letto alla luce della persistenza di un elevato grado di liquidità che ha sostenuto l’autofinanziamento, a fronte del clima di incertezza. I depositi bancari delle imprese dell’Emilia-Romagna sono rimasti stabili nel 2024, su un livello storicamente elevato, assicurando la disponibilità di un ampio cuscinetto di liquidità: fatto 100 il volume dei prestiti, i depositi delle imprese dell’Emilia-Romagna sono risultati pari al 75% in media nel 2024 raggiungendo l’81% nell’ultimo bimestre, con una continua crescita rispetto al 69% dei due anni precedenti. Si tratta di quote ben più alte a confronto con il passato (24% nel 2012), che confermano il rafforzamento finanziario conseguito nel tempo.
Alessandra Florio, Direttrice Regionale Emilia-Romagna e Marche Intesa Sanpaolo: «Il sentiero dello sviluppo passa dagli investimenti e, anche grazie al dialogo costante con gli imprenditori e le associazioni di categoria, il nostro Gruppo sostiene con risorse e strumenti le progettualità e la storica attenzione all’innovazione del tessuto produttivo regionale. Solo nel 2024, come Direzione Regionale, abbiamo erogato alle imprese dell’Emilia-Romagna 1,15 miliardi di euro, che raggiungono i 2 miliardi di euro comprendendo privati e famiglie.
Oggi – ha rimarcato la Florio – le soluzioni innovative e la consulenza specializzata fanno la differenza nell’evoluzione delle nostre aziende, che si muovono in scenari mutevoli e che sono impegnate in molteplici transizioni. Non a caso alla base dell’accordo recentemente siglato tra il Gruppo e Confindustria mettiamo a disposizione 200 miliardi di euro fino al 2028 per sostenere la crescita e la competitività del tessuto imprenditoriale nazionale attraverso, tra l’altro, gli investimenti in ricerca, valorizzazione delle filiere, modelli produttivi evoluti e processi di transizione sostenibile in linea con Transizione 5.0. Asset su cui le imprese emiliano-romagnole si distinguono nel panorama nazionale».
L’indagine di Confindustria Emilia-Romagna relativa alle previsioni per il primo semestre 2025 registra un andamento molto cauto di aspettative da parte dell’industria. Il clima è di moderato ottimismo nelle imprese di medio-grandi dimensioni, mentre quelle piccole mostrano maggiore difficoltà.
La produzione è attesa in aumento dal 30% degli imprenditori, con un saldo positivo tra ottimisti e pessimisti di quasi 14 punti. Il 32% delle imprese prevede ordini totali in aumento. Più misurate le attese circa gli ordini esteri, attesi in crescita solo dal 25% degli imprenditori. Un’azienda su quattro prevede nel semestre in corso un aumento dell’occupazione e il 70% una situazione stazionaria.
Circa la dimensione d’impresa si evidenzia una forte differenza tra piccole e medio-grandi aziende, con prospettive meno favorevoli da parte di quelle di minori dimensioni. Il 58% delle piccole imprese si attende un andamento stazionario della produzione, con un saldo negativo tra ottimisti e pessimisti pari a -1 punto. Più orientate all’ottimismo le imprese di medio-grandi dimensioni: il 49% delle grandi aziende si attende un aumento della produzione, il 36% un aumento degli ordini e il 26% di quelli esteri, mentre il 25% delle aziende di medie dimensioni prevede un incremento della produzione, il 27% degli ordini e il 17% di quelli dall’estero.
Rispetto ai settori merceologici le previsioni sono positive per produzione e ordini nei settori alimentare, legno, carta/stampa e, in minore misura, chimica/farmaceutica e meccanica. Aspettative negative nei settori tessile/abbigliamento, ceramica, metallurgia, macchine elettroniche e automotive.
In generale le prospettive per i prossimi mesi sono fortemente condizionate dalle incertezze e dalle dinamiche geopolitiche, a partire dal rischio dei dazi, e da fattori comuni nell’area euro come la debolezza della domanda internazionale, la recessione dell’industria dovuta al calo della domanda dei beni durevoli, con la crisi di settori strategici come l’automotive, e l’aumento dei costi dell’energia.
«In un contesto generale così complesso – dichiara la Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Annalisa Sassi – occorre l’impegno di tutti per alimentare un clima di fiducia, indispensabile per le imprese per far ripartire gli investimenti. L’industria è fondamentale per il futuro, per lo sviluppo, per la crescita economica e per il lavoro. Oggi è sempre più difficile fare impresa: gli adempimenti burocratici drenano tempo e risorse umane e finanziarie, mentre l’obiettivo deve essere liberare risorse per investimenti, ricerca, innovazione. Per competere alla pari con la concorrenza globale abbiamo bisogno di un’Europa che riporti l’industria al centro, con maggiore sostegno e minori vincoli regolatori. Le recenti proposte sul nuovo Clean Industrial Act e sul Piano di Azione per l’automotive non sembrano andare in questa direzione, come pure gli oneri (ETS) legati allo sforamento delle emissioni di CO2 che penalizzano le imprese europee rispetto ai concorrenti internazionali, anche a causa delle speculazioni sui mercati.
Quando la situazione internazionale si stabilizzerà – prosegue la Presidente – avremo certamente un impulso alla crescita. Nel frattempo le imprese devono sviluppare e innovare la propria offerta, cercare nuove opportunità nei mercati più vicini e più stabili innovando e se necessario ripensando i propri prodotti. L’innovazione, anche radicale, può venire in particolare dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, tentando di cogliere occasioni offerte dai momenti di cambiamento. Allo stesso tempo possono esserci nuove opportunità anche su mercati lontani e non ancora presidiati: penso all’Asia, in particolare l’India e il Sud est asiatico, il Vietnam, le Filippine, il Giappone dove avremo anche l’occasione dell’EXPO, sino all’Australia e al Sud America e all’Africa, un continente su cui c’è tanto lavoro da fare per far conoscere il Made in Italy. Naturalmente nella prospettiva che i nostri principali mercati di riferimento, dagli USA alla Germania, oggi complessi per ragioni differenti, possano ricominciare a contribuire alla crescita delle nostre esportazioni.
Tornando al nostro Paese, per favorire la crescita si possono mettere in campo a costo zero diversi interventi di semplificazione a livello nazionale e regionale, da quelli ambientali a quelli legati all’attuazione delle misure di agevolazione come Industria 5.0. In Emilia-Romagna – conclude la Presidente – per incrementare la produzione e l’autoconsumo di energia dobbiamo consentire a tutte le aziende di investire in modo rapido e semplificato nella produzione di fonti rinnovabili. Rispetto al bilancio regionale, l’aumento dell’Irap è un intervento molto duro, che appare in contrasto con la visione di un’Emilia-Romagna manifatturiera che vuole attrarre nuove imprese. Per la competitività del nostro territorio sono fondamentali un sistema sanitario e di welfare moderno, efficiente ed organizzato, come anche un trasporto pubblico all’altezza di una regione avanzata. Vorremmo però, a fronte di un incremento così importante del carico fiscale, condividere obiettivi e strategie con cui utilizzare queste risorse, affinché la manovra sia un vero investimento sul futuro della società regionale e non solo la copertura di spesa corrente».
Alla rilevazione hanno partecipato 351 imprese dell’Emilia-Romagna appartenenti ai settori manifatturiero e servizi, per un totale di circa 39 mila addetti, un fatturato complessivo di circa 13 miliardi di euro.
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