“A fine gennaio siamo riusciti a mettere in contatto fra loro, in soli 15 minuti, due strutture sanitarie e far arrivare, in tempi impensabili prima, il sangue che serviva. Noi abbiamo sempre creduto che una macchina come la nostra potesse aiutare un sacco di persone”. Da Bagnoli a Napoli fino all’isola di Procida, in appena un quarto d’ora, sembra impossibile. Si è riusciti grazie a un drone ideato da due giovani ingegneri che hanno reso il loro sogno un lavoro. Ma ci sono voluti anni e tanta perseveranza. Per raccontare questa storia di innovazione e intraprendenza, mista a un po’ di sana visionaria follia, bisogna andare indietro a più di quindici anni fa. Quando erano ancora adolescenti.
L’idea vincente durante l’adolescenza
“Come ci è venuta l’idea? Guardando in su, è inevitabile quando si nasce e si cresce tra le montagne. Noi già siamo in alto, ma tutto ciò che ci circonda lo è ancora di più”, racconta sorridendo Matthias Moroder che con il fratello più grande Moritz lavora da anni a questi droni dalle caratteristiche uniche. “A pensarci oggi – aggiunge – sembra una cosa da matti immaginare due ragazzi di quassù inventarsi una cosa così, farla funzionare e addirittura commercializzarla”. E senza rinunciare a vivere dove sono cresciuti: “Che – dicono – è il posto dove vogliamo stare”.
Moritz e Matthias hanno 32 e 29 anni (nella foto vicino al titolo), ma fin da giovanissimi si sono posti un obiettivo: quello di costruire una macchina telecomandata che potesse trasportare, anche nei luoghi più impervi e quasi a ogni condizione, ciò che serve ma che sarebbe molto difficile far arrivare a destinazione. Loro sono nati e cresciuti a Ortisei, in Val Gardena, circondati dalle Dolomiti. “Una località piccola, ma c’è tutto quello che la natura può offrire – aggiungono Moritz e Matthias – anche come forma di ostacolo. Un conto è arrampicarsi fino a una cima per guardare il panorama, un altro è doverci portare qualcosa o addirittura andare a soccorrere qualcuno. Ci vuole sempre un elicottero, il che comporta dei rischi e un notevole impatto sull’ambiente. Aspetto molto caro a chi è cresciuto qui”.
L’inizio in cucina, poi nel garage della nonna
“L’estate soprattutto, dalle nostre parti, di elicotteri se ne sono sempre visti tantissimi, già quando eravamo ragazzini – va avanti Matthias – e più ne vedevamo, più ci convincevamo che dovevamo perseguire la nostra idea, trovare un’alternativa”. Un’adolescenza passata tra libri e natura, con il padre che lavora in un’azienda informatica e la madre insegnante.
I genitori hanno talmente assecondato l’idea dei figli da cedere loro la cucina, perché potessero costruire il prototipo da loro progettato. Dopo qualche mese, interviene la nonna che mette loro a disposizione il garage. Un luogo simbolo, se si parla d’invenzioni che stanno segnando la nostra epoca. “Era l’unico posto dove potevamo trovare lo spazio che ci serviva per costruire il nostro primo prototipo di drone. Lo abbiamo assemblato lì. Da cucina a garage il passaggio in fondo non è stato così difficile”. Quando l’idea ha cominciato a diventare concreta, con il loro primo drone sperimentale pronto sono andati alla ricerca di finanziatori e hanno partecipato ai bandi europei che promuovevano innovazione e ambiente.
Il primo trasporto in alta quota: erano uova
“Il primo trasporto l’abbiamo fatto quasi dieci anni fa, facendo arrivare in un rifugio d’alta montagna dei viveri, non sapevamo cosa in particolare. Com’è andata? È passato tanto tempo ma lo ricordiamo bene, quando il drone è atterrato in cima abbiamo scoperto con sorpresa che quelle che stavamo trasportando erano uova. E sono arrivate tutte intatte”. Così nel 2015 fondano la FlyingBasket, che ora ha sede a Bolzano ed ha appena compiuto dieci anni. “Visto gli spazi che ci servono non potevamo rimanere a Ortisei”. Il garage non bastava più.
La società è cresciuta talmente nel corso degli anni che è riuscita a ottenere da Enac i permessi per volare. Ma i droni dei fratelli Moroder le imprese più eclatanti le hanno compiute fuori dai nostri confini. A Salamanca, nella regione di Coquimbo in Cile, li hanno chiamati per far svolgere con i loro droni la bobina di un cavo elettrico posizionandola sui tralicci che salgono da 250 fino a 600 metri. Questo per diversi chilometri. In Danimarca lo scorso agosto hanno consegnato colli per un peso totale di 5,4 tonnellate in un parco eolico rimasto in attività.
Il progetto di soccorso con la Protezione civile
La missione prevedeva l’invio di attrezzature dalla nave appoggio alle turbine di Orsted. Il lavoro che si era sempre svolto con l’utilizzo d’imbarcazioni e uomini che venivano impiegati per giorni, se non settimane, è stato invece portato a termine in una sola giornata lavorativa. “Uno dei nostri obiettivi è anche l’impegno per l’abbattimento delle emissioni. Muovere grosse imbarcazioni ha un costo notevole dal punto di vista ambientale, così invece viene azzerato questo tipo di problema”, sottolinea Moritz con una certa soddisfazione.
L’esperienza di gennaio a Napoli, con il trasporto di materiale sanitario che è uno dei fattori che ha inciso nella loro idea iniziale, ha aperto nuove strade: “Nel mese di marzo cominceremo a collaborare con la Protezione civile di Bolzano. Non possiamo dare molti dettagli al momento, ma immaginate che contributo può dare un drone con queste caratteristiche, al soccorso alpino”.
Così la passione per i droni è diventata un lavoro
Ci facciamo spiegare perché sono così particolari e performanti, i loro droni. Praticamente sono droni elefante. “Hanno la capacità di trasportare fino a 100 chili, ma il nostro nuovo prototipo già è in grado di trasportarne fino a 200”. Il peso del drone è invece mediamente poco meno del doppio di ciò che può trasportare. “Siamo partiti noi due e oggi qui lavoriamo in venticinque. C’è tanto da fare e non meno importante è la formazione per coloro che poi li devono manovrare, i droni”.
In altezza, solo teoricamente perché le regole aeronautiche non lo consentono, riescono raggiungere i 5 mila metri. Ma sopra i 3 mila è vietato andare. “Sono in Cina i nostri competitor, ma possiamo dire che nessuno ha sviluppato un drone con le capacità e le caratteristiche che hanno i nostri”, sostengono Moritz e Matthias. Eppure non c’è ancora grande concorrenza, non sono tante le aziende che offrono un prodotto e un servizio così. “Noi siamo certi che in poco tempo le aziende acquisteranno droni con queste caratteristiche. Le possibilità d’impiego sono così tante che chissà quante ne ignoriamo anche noi. Ma la strada è già tracciata”. E si può essere competitivi a livello mondiale anche restando in Alto Adige? “Oggi come oggi non è indispensabile dove si ha la propria sede ma come ci si pone rispetto a un mercato che è realmente globalizzato”.
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