Arriva una chiusura inaspettata per molti dei progetti umanitari nelle aree più povere del mondo – Epa/Tobias Hase
Un colpo improvviso e violento alla difesa della vita e alle attività caritative della Chiesa Cattolica nel pianeta. Non si può definire altrimenti la scelta del presidente Donald Trump di congelare per 90 giorni i fondi di Usaid con la motivazione di contrastare sprechi, corruzione e verificare la conformità con i “valori americani”. Quindi di smantellare l’ente che da 60 anni finanzia il 40% degli aiuti umanitari globali.
L’effetto è azzerare programmi sanitari salvavita contro Tbc, malaria, Hiv, le vaccinazioni neonatali, i parti assistiti, tagliare i pasti dei profughi e degli sfollati nei campi gestiti dalle organizzazioni legate all’Onu. E ancora, danneggiare l’accesso all‘istruzione di base, all’acqua potabile, ai servizi igienici. Il colpo più duro è stato per la Caritas statunitense, Catholic Relief Services (Crs), principale destinatario dei fondi dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. La metà del budget di 1,5 miliardi di dollari del Crs veniva da Usaid che teneva in piedi molte realtà cattoliche. Ora stanno saltando progetti sanitari, di emergenza e riabilitazione. In una durissima nota Caritas Internationalis ha condannato «il modo spietato e caotico» in cui la decisione è stata presa. Per l’organismo, che risponde alla Santa Sede, «chiudere Usaid metterà a rischio i servizi essenziali per centinaia di milioni di persone vulnerabili, minerà decenni di progressi nell’assistenza umanitaria e allo sviluppo, destabilizzerà le regioni che fanno affidamento su questo supporto cruciale e condannerà milioni di persone a una povertà disumanizzante o alla morte».
Tra le organizzazioni non profit cattoliche italiane più colpite dai tagli c’è Avsi. «Per noi – spiega il segretario generale Gianpaolo Silvestri – Usaid era di fatto il principale donatore con circa 17 milioni di euro, circa il 15% nel nostro bilancio. Finanziava 12 progetti ad Haiti, in Ecuador, Brasile, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Kenya e Somalia. Ora lasciamo circa 600 mila persone senza assistenza». Chi sono? «Rifugiati venezuelani in Ecuador e Brasile, ammalati di Aids, orfani ad Haiti, rifugiati congolesi in Uganda con i quali svolgiamo attività di tipo educativo e salvavita. Abbiamo dovuto cominciare le pratiche per lasciare a casa 400 persone, molti lavoravano con noi da anni». A tutto questo si aggiunge la confusione generata dal provvedimento.
«Hanno chiuso 5.800 progetti, ne hanno salvati 500, quindi il 95%. Poi ci hanno ripensato e sono arrivate le deroghe, però non stanno pagando. Ci hanno mandato i moduli per verificare che un progetto in Brasile sia in linea con quelli che chiamano i valori americani e abbiamo ricevuto tre lettere di chiusura di un progetto identiche firmate da tre persone diverse». Come attenuare le conseguenze? «Stiamo cercando di aiutare i beneficiari con progetti simili, però non è possibile per tutti. Abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi».

Aiuti dell’Usaid, in un campo profughi del Bangladesh – Reuters
Quello che Silvestri respinge sono le accuse di corruzione fatte dal miliardario Elon Musk, responsabile della revisione di spesa della nuova amministrazione, per cui solo il 5% dei progetti spendeva correttamente. «È inaccettabile – ribatte – la narrazione distorta per cui la cooperazione allo sviluppo è corrotta e inutile. Chi accusa ha l’onere della prova. Bisogna iniziare insieme una battaglia culturale e di comunicazione per dimostrare l’utilità della cooperazione con dati, esperienze, storie».
Dello tsunami Usaid ne hanno già risentito gli ospedali missionari o quelli gestiti da organizzazioni cattoliche come Cuamm, medici per l’Africa, che in Uganda ha finito i fondi all’improvviso. Lo conferma il direttore don Dante Carraro, al quale chiediamo se lo stop ai tagli votato dalla Corte suprema Usa tre giorni fa abbia cambiato qualcosa. «Lo stop dei giudici – spiega don Carraro al telefono dal Tigrai, dove sta avviando con la cooperazione italiana la ricostruzione degli ospedali distrutti dalla guerra civile – sembra riguardi i fondi già spesi e rendicontati da parte delle Ong a Usaid e che stiamo aspettando. Per i progetti in corso andiamo avanti a tranche. Quindi abbiamo fatto i lavori, li abbiamo rendicontati, la Corte suprema dice che ci devono finanziare per quanto abbiamo speso, ma resta il blocco rispetto alle spese di oggi e a quelle future. L’impatto più diretto lo abbiamo avuto in Uganda, in Karamoja, regione di un milione e mezzo di abitanti, dove avevamo due interventi finanziati direttamente da Usaid. È stato colpito il programma vaccinale, il trasporto in ospedale delle mamme incinte e la gestione del parto, compresa la possibilità di un cesareo e la trasfusione di sangue. Adesso ci sarà sicuramente una riduzione delle attività e del personale, altro grosso problema. Sprechi? Enti come Usaid sono macchine grosse. Ma si tratta allora di ragionare per ridurli e per efficientare la macchina. Dov’è la difesa della vita?».
Una Ong coinvolta in modo marginale è la bolognese Cefa, socia Focsiv, la federazione delle Ong cristiane italiane. «La decisione è stata violenta e inaspettata – afferma Alice Fanti, direttrice dell’Ong bolognese – e il disimpegno manda un pessimo segnale perché alcuni Paesi europei hanno cominciato a tagliare i fondi della cooperazione allo sviluppo per finanziare il riarmo. Ci vorrà tempo prima di avere consapevolezza dei danni consolidati. Noi non ne abbiamo subiti, è saltato un progetto ambientale che dovevamo ancora firmare. Riguardava l’agricoltura conservativa nella foresta amazzonica nell’Ecuador orientale. Significa attuare progetti che aiutano la rigenerazione della foresta e non devono essere predatori. Era molto interessante perché coinvolgeva solo comunità indigene. Probabilmente per questo era considerato uno spreco».
Anche il progetto contro la violenza di genere a Cuzco, in Perù, dell’Ong romana Apurimac era evidentemente considerato uno spreco. «È stato eliminato – spiega il direttore Vittorio Villa – un programma di salute mentale e inclusione sociale per vittime di violenza di genere in famiglia. Un taglio indiretto che ha riguardato il nostro partner locale Associazione Santa Rita che ha avuto notizia di sospensione di un progetto finanziato dalla Iaf (Inter American Foundation, di derivazione governativa). Hanno anche inviato una richiesta di rimborso entro 15 giorni della parte non spesa della prima rata di circa 40.000 dollari erogata a dicembre». Dovranno pagare un ente che ha chiuso i battenti. «E il taglio – conclude Villa – colpirà centinaia di donne».
Un messaggio contraddittorio da un presidente che ha appena istituito per decreto marzo mese della donna. Non è l’unica contraddizione in questa storia catastrofica. I quattro giudici della Corte Suprema Usa (che avrebbero dovuto prevedibilmente sostenere Trump, ndr) che hanno votato contro il blocco dei tagli di Usaid, passato per un solo voto, sono tutti cattolici dichiarati di nascita e formazione. Come è cattolico (convertito) il vicepresidente Vance, che ha attaccato volgarmente i vescovi americani dopo che la conferenza episcopale Usa ha intentato una causa contro l’amministrazione Trump per la brusca interruzione dei finanziamenti per reinsediare i rifugiati.
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