Futura Expo, oggi la conferenza delle Camere di commercio

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Il modello di sviluppo italiano, basato sulla piccola impresa diffusa, sta cambiando. Le piccole imprese, che rappresentano numericamente la grande maggioranza del nostro sistema produttivo (97,4%) e più della metà dell’occupazione privata (53,8), hanno perso peso in termini di fatturato a vantaggio delle medie e grandi aziende. E’ quanto emerso nel corso della Conferenza nazionale delle Camere di commercio “Verso il futuro”, in corso a Brescia nell’ambito di FuturaExpo.

Questa dinamica suggerisce che il Paese si trovi all’interno di un processo di spostamento della produzione di valore dalle imprese più piccole a quelle più grandi. In questo nuovo scenario aumenta l’importanza del ruolo delle Camere di commercio che hanno nella platea delle piccole imprese il proprio riferimento principale.

Le complessità di questa fase storica rischiano di penalizzare fortemente le Pmi del nostro Paese e richiedono perciò a tutte le istituzioni di moltiplicare gli sforzi”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Le Camere di commercio, che sono presenti su tutto il territorio nazionale, possono aiutare a ridurre gli impatti negativi delle turbolenze sui mercati internazionali. Fare sintesi e mettere in rete le diverse realtà (organizzazioni, università, centri di formazione e ricerca, luoghi di innovazione e finanza) è una caratteristica del sistema camerale, che per sua natura è un recettore di esigenze e bisogni degli imprenditori da portare all’attenzione dei decisori politici e all’opinione pubblica. Sono istituzioni vicine alle imprese e per questo possono raggiungere più facilmente le piccole realtà imprenditoriali”.

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 Due diversi studi, realizzati dal Censis e da Fondazione Magna Carta, hanno tracciato alcune linee di sviluppo per le Camere di commercio del futuro.

Interpellati dal Censis, i vertici delle Camere di commercio hanno individuato due temi chiave dell’attività delle Camere.

In primo luogo, l’innovazione. L’obiettivo del Sistema camerale è rendere l’innovazione accessibile ed efficace per le piccole e medie imprese, permettendo loro di ottimizzare i processi e incrementare la produttività. Un aspetto dirimente, considerando che una delle debolezze strutturali per la competitività dell’impresa italiana è il basso tasso di investimenti in ricerca e sviluppo. Tra il 2012 e il 2020 questi ultimi sono cresciuti costantemente in rapporto al Pil sia per il totale dell’economia, sia per le imprese, aumentati entrambi dello 0,2%. Dalla pandemia, si assiste invece a una flessione degli investimenti che ritornano, in rapporto al Pil, ai livelli raggiunti nel 2016. Questo andamento non è stato però lo stesso per le diverse dimensioni di impresa. Nel periodo pre-pandemico, le PMI hanno visto una crescita in termini reali costante e a un tasso maggiore rispetto alla grande impresa (dai 900 milioni di euro del 2012 ai 2,7 miliardi del 2019, +200%). Alta la crescita degli investimenti anche nelle aziende medie (+97,5%, da circa un miliardo mezzo a 3 miliardi di euro). Anche gli investimenti delle grandi aziende sono cresciuti, ma con un andamento meno costante e con una variazione reale tra il 2012 e il 2019 del 21,4%, essendo passati dai 7,5 ai 9,1 miliardi. Dalla pandemia in poi, tuttavia, mentre gli investimenti delle grandi imprese hanno continuato a crescere sino a superare i 10 miliardi nel 2022 (+8,8% tra il 2019 e il 2022), quelli delle piccole sono scesi a 1,6 miliardi nel 2022 (-41,4% tra il 2019 e il 2022), e le medie li hanno ridotti a 2,2 miliardi (-27,9% tra il 2019 e il 2022). Rimane da comprendere se dopo il 2022 gli investimenti delle PMI siano ritornati a crescere, dice il Censis. Di fatto, però, nel 2024 le imprese con meno di 50 addetti hanno previsto una contrazione degli investimenti del 7,5% e le imprese fino a 200 addetti una contrazione del 4,2%, mentre per le imprese con oltre 500 dipendenti è atteso un aumento degli investimenti del 7%.

Il secondo cantiere di lavoro individuato riguarda invece il potenziale ruolo delle Camere di commercio come facilitatori nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Le analisi mostrano che, mediamente, la carenza di personale è stata identificata dalle imprese come uno dei fattori a più alto impatto sulla competitività. Lo ritiene il 24% delle piccole imprese, il 26% delle medie e il 20% delle grandi.

L’attuale sistema di gestione del mercato del lavoro, frammentato tra diverse istituzioni e gestito dalle Regioni, potrebbe essere ottimizzato attraverso un maggior coinvolgimento delle Camere. Queste potrebbero fungere da ponte tra le esigenze concrete delle imprese e l’offerta di lavoro, includendo anche l’aspetto fondamentale della formazione professionale, necessaria per allineare le competenze dei lavoratori alle richieste del mercato. Il valore aggiunto deriverebbe dalla capacità delle Camere di basarsi su richieste concrete delle imprese, superando un approccio puramente statistico o algoritmico nella ricerca del matching tra domanda e offerta di lavoro.

Rafforzare il ruolo delle Camere di Commercio nella gestione dei fondi pubblici, nella pianificazione degli investimenti e nel sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, rendendole un hub strategico per la crescita dei territori, l’attrazione degli investimenti e la “doppia transizione” digitale ed ecologica. Sono i principali obiettivi della ricerca Magna Carta, “Sussidiarietà applicata: il ruolo delle Camere di Commercio”, curata dai giuristi Mario Esposito e Francesca Piergentili e presentata oggi nell’ambito della Conferenza Nazionale delle Camere di Commercio.

Lo studio propone un modello di governance fondato sulla sussidiarietà e sull’autonomia funzionale degli organismi camerali, per rafforzare il legame con le istituzioni europee e i mercati globali, rendendo il sistema economico italiano più dinamico e competitivo.

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