I fenomeni meteo estremi, come le alluvioni, che un tempo venivano considerati eventi rari, sono ormai un problema ricorrente che colpisce diverse regioni, spesso con impatti devastanti sulle comunità e sulle infrastrutture. Questi eventi, un tempo catalogati come eccezionali e con una frequenza decennale, sono diventati sempre più comuni, mettendo a dura prova la capacità di risposta e la gestione del rischio idrogeologico da parte dei territori.
Alcuni dati sconcertanti
In Italia, così come in molte altre nazioni, la frequenza e l’intensità dei fenomeni meteorologici estremi sono aumentate in modo significativo. Il numero di eventi estremi, come le precipitazioni intense, è salito alle stelle. Solo nel 2023, infatti, sono stati registrati oltre 2.360 eventi di questo tipo, segno di una tendenza preoccupante che sta modificando il panorama delle calamità naturali. Questo scenario richiede una riflessione urgente sulle politiche di prevenzione e sulla gestione dei rischi associati ai disastri naturali.
Le regioni italiane che un tempo erano meno vulnerabili a tali eventi stanno vivendo un aumento significativo di alluvioni e inondazioni. L’area del Basso Piemonte, per esempio, ha visto un incremento delle alluvioni significative, con una cadenza che è passata da eventi ogni dieci anni a fenomeni che si verificano con maggiore frequenza, soprattutto dal 2010 in poi. Questo riflette una tendenza globale che coinvolge numerosi Paesi, con un aumento delle alluvioni che interessa anche altri Stati europei come Germania, Austria, Repubblica Ceca e Romania.
La colpa dei cambiamenti climatici
Un fattore determinante in questa evoluzione è senza dubbio il riscaldamento globale. Le temperature globali sono aumentate significativamente negli ultimi decenni e, in Italia, questo riscaldamento è stato anche superiore alla media mondiale. Le temperature medie italiane sono salite di oltre 3°C rispetto ai valori pre-industriali, un dato che ha comportato un cambiamento radicale nei modelli meteorologici. L’aria più calda trattiene una quantità maggiore di umidità, che viene poi rilasciata sotto forma di precipitazioni intense e violente.
Questo aumento della temperatura non solo intensifica i fenomeni atmosferici, ma incrementa anche la quantità di umidità che l’atmosfera può contenere, portando a piogge torrenziali che accumulano volumi di acqua mai visti prima. Le precipitazioni molto concentrate nel tempo, in particolare in brevi periodi, mettono sotto stress le infrastrutture e le capacità di drenaggio del suolo, favorendo il verificarsi di alluvioni. L’intensificazione di questi fenomeni è una delle conseguenze dirette del cambiamento climatico, e non solo in Italia, ma in molte altre parti del mondo.
Incubo dissesto idrogeologico
Questa nuova realtà ha cambiato anche la percezione del rischio idrogeologico. Le aree che un tempo non erano considerate vulnerabili a disastri naturali di tale portata ora si trovano a fare i conti con alluvioni e inondazioni. La frequenza degli eventi alluvionali è aumentata del 30% a livello globale, e se le temperature continueranno a salire di altri 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali, si prevede che la probabilità di eventi estremi possa crescere fino al 50%. In uno scenario di aumento di 2°C, tale probabilità potrebbe arrivare a toccare addirittura il 70%.
Le conseguenze di questa tendenza sono drammatiche non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Le alluvioni danneggiano gravemente le infrastrutture esistenti, distruggono case e attività commerciali, e causano disagi enormi alle persone che vivono nelle zone colpite. Inoltre, gli effetti di queste calamità si ripercuotono anche sulle economie locali e nazionali, con la perdita di produzione, la riduzione delle attività turistiche e l’aumento dei costi di ricostruzione.
Le politiche che servono
Per far fronte a questa crescente minaccia, è necessario un cambiamento radicale nelle politiche di prevenzione e nella gestione delle catastrofi naturali. Non si tratta più di un problema circoscritto a specifiche aree vulnerabili, ma di una questione globale che riguarda l’intero pianeta. In Italia, come in altri Paesi, le politiche di gestione del rischio devono evolversi, passando da una logica di emergenza a una di prevenzione e adattamento.
La gestione delle acque, ad esempio, deve essere rinnovata per far fronte ai crescenti volumi di acqua che spesso superano la capacità di assorbimento del suolo e delle reti idrauliche urbane. È necessario sviluppare soluzioni innovative per la raccolta e il drenaggio delle acque piovane, e l’adattamento delle città alle nuove sfide climatiche deve passare anche attraverso la valorizzazione delle risorse naturali. Le aree boschive, ad esempio, svolgono un ruolo fondamentale nella protezione contro frane e alluvioni, e la loro tutela è quindi essenziale.
Stop consumo di suolo
Inoltre, per affrontare il cambiamento climatico in modo efficace, è cruciale ridurre il consumo di suolo e adottare una pianificazione urbanistica che rispetti i principi di sostenibilità. Le nuove costruzioni dovrebbero evitare le aree a rischio alluvionale, privilegiando invece il recupero e la riqualificazione delle zone già urbanizzate, dove è possibile intervenire senza occupare nuovi spazi naturali.
Il cambiamento climatico richiede una risposta immediata e strutturata, poiché gli eventi estremi stanno diventando parte della normalità. L’adattamento alle nuove condizioni climatiche è una sfida che non può più essere rimandata. Gli eventi meteo estremi corrono e lo fanno con agghiacciante fretta!
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