Dallo Ius soli ai licenziamenti: tutti gli ordini esecutivi di Trump che i giudici hanno già bocciato. Ma lui tira dritto: ecco qual è la strategia

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Una delle ultime direttive di Donald Trump è quella relativa al Public Service Loan Forgiveness (PSLF), il programma che consente di cancellare una parte del debito studentesco per coloro che si impiegano nell’amministrazione pubblica o in gruppi no profit. Lo aveva firmato George W. Bush nel 2007, con un ampio consenso tra democratici e repubblicani. Trump, con un ordine esecutivo, ha stabilito che non possono goderne coloro che lavorano in organizzazioni che presentano “propositi sostanzialmente illegali”. Escluse quindi le organizzazioni che sostengono i diritti degli immigrati illegali, quelle a favore dell’assistenza sanitaria per la transizione di genere dei minori, quelle che appoggiano il “terrorismo” (definizione che i funzionari dell’amministrazione hanno utilizzato per le proteste anti-Israele), o con una tradizione di protesta civile, dal blocco del traffico automobilistico alla violazione dello spazio pubblico.

Il piano “illegale” e il ruolo dei tribunali
Il debito studentesco pesa su circa 43 milioni di americani. Molti di questi potrebbero quindi essere esclusi dai piani di rientro del loro debito nei confronti del governo. “Un piano illegale, un attacco alla libertà di espressione”, ha definito la mossa di Trump lo Student Debt Crisis Center, che annuncia ricorso ai tribunali. In effetti, l’ordine esecutivo prende di mira alcune organizzazioni sulla base delle idee professate, cosa che è contraria al Primo Emendamento. Probabile che un tribunale blocchi l’ordine di Trump, che però avrà altri modi per colpire il Public Service Loan Forgiveness. Per esempio, trasferirne il controllo dal Dipartimento all’Educazione, che lo gestisce attualmente, al Dipartimento al Tesoro, o a quello al Commercio, o alla Small Business Administration. Il “Project 2025”, il manifesto ideologico della Heritage Foundation cui questa amministrazione si ispira, chiede la cancellazione del programma. Trump non può farlo. Per farlo, ci vuole un voto del Congresso e al Congresso non ci sono i voti sufficienti. Quello che può fare è indebolirlo, svuotarlo, in modo da renderlo sostanzialmente inutile.

Forzare e accentrare il potere: la strategia
È una strategia che il presidente sta utilizzando in altri settori. Diversi suoi ordini esecutivi sono chiaramente anticostituzionali. Non hanno retto – e non reggeranno – il vaglio delle corti. L’obiettivo finale non sta tanto però nella loro attuazione. Trump li emana sostanzialmente per due ragioni. Da un lato, forzare i limiti del potere esecutivo. Dall’altro, rafforzare i contorni ideologici della sua presidenza. Anche se i tribunali li bloccano, Trump con gli ordini esecutivi ha indicato la direzione, messo sotto stress le istituzioni, fatto un passo ulteriore nell’accentramento dei poteri nelle sue mani. Ci penserà poi la politica a smantellare nella sostanza ciò che lui ha identificato come gli obiettivi da colpire. Una lista delle direttive trumpiane sinora bloccate è comunque utile, perché dà il senso della vastità e profondità dell’azione della nuova amministrazione. Con l’avvertenza, appunto, che un ordine bloccato può comunque essere riattivato da un’altra corte. E che il blocco di un ordine non significa automaticamente il tramonto dei fini politici che l’hanno motivato.

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Il licenziamento dei federali
“Palese violazione” della legge federale è stato considerato il licenziamento da parte di Trump di un membro del National Labor Relations Board, Gwynne Wilcox. Un’ingiunzione a reintegrare Cathy Harris, parte del Merit Systems Protection Board che protegge i dipendenti federali, è stata emessa da un altro tribunale. E Hampton Dellinger, licenziato dal suo posto di direttore dell’Office of Special Counsel, aveva vinto un primo round in tribunale, ottenendo il reintegro. Alla fine ha però accettato il licenziamento, rifiutando il peso emotivo e finanziario di una causa legale che sarebbe probabilmente arrivata alla Casa Bianca.

I fondi governativi congelati
Dopo una serie di sentenze delle corti federali, la Corte Suprema, 5 contro 4, ha stabilito che l’amministrazione non ha il diritto di bloccare fondi per la cooperazione internazionale già erogati dal Congresso, al quale spetta, in ultima analisi, il potere di spesa. Si tratta di una sconfitta legale pesante per l’amministrazione ma che comunque non sospende gli sforzi per smantellare lo USAID e bloccare futuri stanziamenti per le attività umanitarie internazionali.

Lo Ius soli
Sono innumerevoli le sentenze, dalla Virginia a Washington DC dal Maryland allo Stato di Washington, che stabiliscono l’incostituzionalità dell’ordine esecutivo con cui Trump ha dichiarato la cancellazione della cittadinanza per diritto di nascita. Si tratta peraltro di una tra le misure prese in queste prime settimane di governo con il più alto tasso ideologico, ma senza reali possibilità di attuazione. Lo ius soli è garantito dal 14esimo Emendamento e la sua abolizione prevede un complesso iter tra Congresso e Assemblee statali. Trump e i repubblicani non hanno i numeri per portarlo a termine. Ma possono appunto esibire l’ordine, bocciato dai tribunali, come prova del loro essere “duri” in tema di immigrazione.

Ammissione dei rifugiati
Un giudice federale di Seattle, Jamal Whitehead, ha bloccato l’ordine di Trump che sospendeva per tre mese le ammissioni dei rifugiati, sostenendo che gli Stati Uniti “sono inondati da livelli record di immigrazione”. La decisione del tribunale è stata giustificata con un richiamo alla “volontà del Congresso”, che ha istituito i programmi per i richiedenti asilo che ora Trump non può abolire.

Accesso del DOGE ai dati privati
Diversi tribunali hanno messo in discussione il diritto del Department of Government Efficiency (DOGE), diretto da Elon Musk, di impadronirsi dei dati sensibili dei cittadini americani. Il 21 febbraio è stato proibito a funzionari del DOGE di accedere ai dati del Dipartimento al Tesoro. Tre giorni dopo, il 24 febbraio, è stato vietato l’accesso ai file custoditi dall’Office of Personnel Management e dal Department of Education, compresi i dati sui prestiti agli studenti. L’amministrazione ha fatto ricorso contro le decisioni.

Diversity, equity and inclusion
Una corte distrettuale del Maryland ha emesso un’ingiunzione preliminare che blocca l’ordine che mette al bando “l’illegale DEI” dal governo degli Stati Uniti. Si tratterebbe secondo la corte di una decisione incostituzionale, perché troppo vaga – quali programmi governativi rientrano nella categoria del DEI? – e perché contraria al free speech. Anche in questo caso, si tratta di decisioni temporanee, che potranno essere riviste nel futuro in un senso favorevole all’amministrazione. DEI è comunque termine in cui il mondo trumpiano concentra tutto il male possibile. Quando, alcuni giorni fa, Amy Coney Barrett – la giudice della Corte Suprema, nominata al suo posto da Trump e che sta dando più di un segnale di opposizione al nuovo corso dell’amministrazione – ha preso posizione contro il blocco dei fondi dello USAID, l’insulto che più spesso sui social le è stato lanciato dai sostenitori del MAGA è stato: “Sei pagata dal DEI”.

Diritti transgender
Diverse sentenze hanno bloccato gli ordini esecutivi che prevedono di incarcerare donne transgender nelle prigioni maschili e annullare l’assistenza sanitaria per l’affermazione di genere dei minori. L’assistenza è stata però ripristinata solo nei quattro Stati che hanno intentato la causa: Colorado, Minnesota, Oregon e Washington.

Licenziamento dei lavoratori in prova
Il 27 febbraio un giudice ha ordinato all’Office of Personnel Management di revocare temporaneamente un suo promemoria che esortava una serie di agenzie e dipartimenti, tra cui quello della Difesa, di licenziare decine di lavoratori in prova. Nella sentenza si legge che l’Office “non ha alcuna autorità, in base a nessuna legge nella storia dell’universo, di assumere o licenziare i dipendenti di un’altra agenzia”.

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Come detto più volte, la mappa delle “sconfitte” di Trump sin qui offerta è comunque temporanea. Contenziosi legali sono in corso su tutto: cambiamenti climatici, licenziamenti in massa dei dipendenti federali, informazioni provviste dall’amministrazione sui siti federali, rimborsi sanitari, tasse sul traffico, immigrazione – dalla sospensione ai finanziamenti per i reinsediamenti dei rifugiati alle restrizioni al diritto d’asilo alle “città santuario” all’ingresso degli ufficiali dell’immigrazione nei luoghi di culto. Le “sconfitte” potrebbero insomma diventare vittorie. Per questo, diventa essenziale il ruolo della Corte Suprema. Le sentenze della Corte, nei prossimi mesi, potrebbero mettere un punto fermo, pro o contro, le politiche di Donald Trump.



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