di Erika Noschese
Sequestrati i conti del Consorzio Farmaceutico Intercomunale: il CdA pronto a dimettersi. Come anticipato ieri attraverso queste colonne, una nuova tragedia si abbatte sul Consorzio Farmaceutico Intercomunale (CFI), aggiungendosi ai tanti problemi già sulle spalle dei lavoratori a causa di una gestione definita scellerata. Per anni il consorzio è stato considerato una sorta di “bancomat personale” dell’ex presidente della Provincia di Salerno e sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri. A causa di tasse non pagate, nelle scorse ore l’Agenzia delle Riscossioni ha pignorato i conti correnti bancari. del CFI. La notizia è stata comunicata dal Consiglio di Amministrazione tramite una mail indirizzata, tra gli altri, al dirigente socio-sanitario e al presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, Maria Luisa Poppiti. Nella comunicazione al personale del consorzio si legge che la decisione dell’Agenzia di Riscossione di pignorare i conti correnti ha paralizzato “le attività economico-finanziarie dell’ente, creando serie difficoltà nell’erogazione del saldo delle retribuzioni relative al mese di febbraio, che dovranno essere pagate con i soldi in contanti incassati dalle farmacie”. Tuttavia, secondo fonti vicine alla vicenda, questa soluzione potrebbe risultare illecita e rischiare di aprire un ulteriore scenario giudiziario. I problemi del consorzio si accumulano, tra cui la vicenda legata all’ex dirigente Francesco Sorrentino, licenziato dopo aver causato ammanchi alle casse del Comune di Cava de’ Tirreni e sospeso durante il suo incarico a Capaccio Paestum. Sorrentino, noto per il suo legame con Alfieri, è stato al centro di scandali culminati con il licenziamento avvenuto poche settimane fa. Il CdA, intanto, ha dichiarato che i compensi saranno erogati in ordine alfabetico, a partire da venerdì 7 febbraio. Nella mail si legge anche: «Alla luce della delicata situazione economica che il Consorzio sta attraversando, al momento non è possibile contrattualizzare ulteriore personale. L’orario di lavoro di ognuno potrebbe raggiungere il massimo previsto dal CCNL. Pertanto, si dovranno rispettare i turni modulati dall’ufficio risorse umane e autorizzati dal direttore generale, tenendo conto delle ferie e dei permessi ma non delle giornate libere». Oltre al danno, quindi, anche la beffa per i lavoratori, che vedono il proprio stipendio dipendere da una modalità poco trasparente come l’ordine alfabetico, e devono rinunciare a benefici previsti dalla legge, come le giornate libere. Secondo le ultime indiscrezioni, il Consiglio di Amministrazione, composto dal presidente Fausto Vecchio e dai membri Mauro Gnazzo e Serena Landi, potrebbe rassegnare le dimissioni già nelle prossime ore, dichiarandosi impossibilitato a gestire una situazione che sembra destinata a peggiorare ulteriormente. Sempre in queste ore, dipendenti e sindacati avrebbero espresso le loro perplessità circa la situazione economico finanziaria in cui versa il Consorzio e potrebbero chiedere un incontro urgente già nella giornata di lunedì per chiarire cosa sta accadendo e quali soluzioni concrete si intendono mettere in campo. Dalle ultime notizie, pubblicate attraverso queste colonne, emergerebbe anche il ruolo di un consigliere comunale del Pd di Baronissi che, negli anni passati, avrebbe contattato Franco Alfieri per comunicargli l’interesse di alcune persone nell’acquisto delle farmacie comunali. Il bubbone del CFI poteva essere risolto, dunque, ricavandone denaro fresco, oltre a liberarsi della «zavorra» dei dipendenti (quelli dei punti vendita), dell’assedio dei creditori e di altre problematiche legate a una governance politica sgangherata, responsabile di un debito di circa venti milioni di euro. Un debito che, come sempre, sarà pagato dalla collettività. Tutto questo mentre i vari organi di controllo del territorio erano impegnati a moralizzare il mondo secondo altri precetti. Di quella vendita, poi, non se ne fece nulla, a causa delle perplessità di un dirigente coinvolto nella vicenda. Uno scandalo nello scandalo, una vicenda tutt’altro che limpida e lineare, che ricade sulle spalle dei lavoratori, costretti loro malgrado a subire un gioco politico al massacro. Protagonista di questa situazione è stato, per lungo tempo, un uomo solo al comando, almeno fino all’arresto del 4 ottobre scorso. La richiesta di liberazione è stata rigettata e le dimissioni sono arrivate poco dopo la sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 14 febbraio. Un’uscita di scena attesa dai cittadini di Capaccio Paestum e dagli amministratori del suo partito, il Pd, oggi fortemente spaccato.
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