ANCONA Se l’intento era quello di rubare la scena agli alleati ingombranti di Forza Italia, la Lega ci è riuscita perfettamente (sulla consapevolezza il dubbio resta). Ieri, mentre il vicepremier, ministro degli Esteri e segretario nazionale degli azzurri Antonio Tajani arringava i suoi alla Mole – presente il governatore Acquaroli – in una delle tappe del tour italiano verso il congresso del Ppe in Spagna ad aprile, a due chilometri di distanza in linea d’aria il gotha marchigiano del Carroccio serrava le fila del partito alla Loggia dei Mercanti (stesso giorno, stessa ora) e fissava la road map per le Regionali.
Seduti al tavolo dei relatori – di fronte ad una platea non esattamente da finale di Champions – la segretaria regionale Giorgia Latini, i suoi luogotenenti Mirco Carloni e Mauro Lucentini, e l’ex senatore Armando Siri, già sottosegretario alle Infrastrutture nel governo giallo-verde e vicino al leader Matteo Salvini, autorevole inviato dal partito nazionale per dare peso all’evento.
L’intervento choc
E proprio Siri si è reso protagonista di una bordata all’indirizzo di Acquaroli tale da portarlo alla ribalta dell’affollata giornata politica dorica. «Riflettevo prima con Giorgia – l’incipit dell’intemerata che ha tirato in ballo proprio la segretaria Latini – abbiamo un presidente di Regione bravissimo, ma che nessuno conosce. A livello nazionale non lo conosce nessuno». Sembrava la fine, era solo l’inizio. L’intervento dell’esponente nazionale della Lega è diventato un crescendo da mani nei capelli: «Se sei un presidente di Regione e sai che tra un anno c’è la campagna elettorale, comincia ad occupare tutti gli spazi possibili e immaginabili per andare a raccontare le cose. Perché quando sei sul nazionale, l’induzione che tu porti al cittadino del territorio è una trasfigurazione del prestigio di quel territorio», il virtuosismo dialettico.
Siri ne ha per tutti, pure per chi cura l’immagine di Acquaroli: «Si chiama comunicazione, bisogna studiare. Bisogna occuparsene e sapere con chi si sta parlando.
Chi sono i tuoi consulenti?». Poi il parallelismo che fa male: «Ricci va in televisione», riferimento al competitor in pectore del Pd che tra i difetti non annovera la capacità comunicativa. Il senatore leghista ha lasciato poi il meglio per ultimo. «Sento dire, in maniera strisciante, che è dura: così abbiamo già perso. Cambiamo il nostro stato d’animo e ancora una volta cambieremo la storia di questa regione. Se invece vengo qua e incontro dirigenti di partito che sono forieri di lamentele e disagi, come posso pensare che questo stato d’animo possa essere attrattore di motivazione e fiducia? Serve entusiasmo».
Un pensiero – va detto – che viene condiviso in maniera «strisciante», per dirla con Siri, anche da pezzi da 90 della maggioranza. Tra le fila del centrodestra si respira più timore che entusiasmo, e questo non fa bene agli animi. Ma un conto è sussurrarlo tra compagni di squadra nello spogliatoio, un conto è urlarlo urbi et orbi ad un evento di partito proprio in vista delle Regionali.
«Dobbiamo farci valere anche nella nostra coalizione – ha rincarato la dose il deputato leghista Carloni – la Lega ha una classe dirigente da mettere in campo e un’idea chiara su come governare questa regione». E dire che Carloni è, con il commissario alla Ricostruzione Castelli e mr Wolf Bugaro, uno dei più stretti consigliori di Acquaroli. Nel caos, ha tentato di smorzare i toni la segretaria Latini, interprete suo malgrado dello scomodo ruolo di vaso di coccio tra i vasi di ferro: «Continuiamo a collaborare con gli alleati in modo leale e corretto». E sulla sovrapposizione con la kermesse di Forza Italia, ha tenuto a ricordare che l’appuntamento della Lega di ieri – durante il quale sono stati presentati i 30 responsabili regionali di dipartimento – era stato calendarizzato prima. Un rapporto, quello tra leghisti e azzurri made in Marche, deterioratosi dopo la cannibalizzazione dei secondi ai danni dei primi e l’acme raggiunto con lo scippo di 3 consiglieri regionali prima delle Europee. Tra l’ironico e il disarmato, Acquaroli ormai ripete spesso: «Non mi devo difendere dall’opposizione, le protezioni devo indossarle con i miei». Come dargli torto.
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