8 Marzo, la lezione di Agnese Pini a Tipicità: “Donne, democrazia e diritti vanno avanti insieme. Le parole hanno un peso”

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FERMO – L’8 marzo il mondo dell’informazione delle Marche lo vive all’interno del Fermo Forum e lo fa con un’ospite di eccezione, Agnese Pini, direttrice QN. Il suo intervento, dopo i saluti di sindaco e prefetto di Fermo, apre la riflessione attorno al ruolo delle donne e il peso della parola. A lei è affidata la lectioo durante l’assemblea regionale dell’ordine dei giornalisti.

“Questo non è un 8 marzo qualunque, si inserisce in un contesto che preoccupa tutti. Dobbiamo tenere vivo il nostro mestiere a livello di attenzione perché è in crisi la democrazia. E questo centra con l’8 marzo, la strada di ogni diritto ha combaciato con la stagione della democrazia in cui siamo ancora immersi. I nostri 80 anni coincidono con quelli in cui le donne hanno pian piano aumentato i diritti. Fino al ‘47 non votavano, ed è questo che rende cittadine” spiega la Pini.

“Donne, diritti e democrazia vanno avanti insieme” è un claim che ripete più volte nel suo intervento.  “Democrazia è informazione, che è in crisi quanto il sistema. Purtroppo, l’informazione nel suo complesso arranca, non c’è informazione libera senza democrazia e non c’è democrazia senza informazione libera. Quando pensiamo agli 80 anni di pace e progresso, anche economico, dobbiamo riflettere sul percorso che abbiamo davanti. C’è un diagramma che dimostra come il calo delle vendite delle copie dei giornali, iniziato nel 2004, vada di pari passo con la crisi delle democrazie dell’occidente. Pensiamo alla Romania dove hanno inficiato le elezioni per le fake news veicolate attraverso il sistema dei social network. E parliamo di Europa” prosegue.

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La crisi dell’informazione ha più di una motivazione. “Il primo è un modello industriale che non regge, sono state poco capaci le imprese editoriali a trasformarsi, servivano molti soldi per farlo mentre ancora si tende alla riforma caricando solo i lavoratori”.

C’è poi un problema culturale nel rapporto sistema di informazione e social network. Si sovrappongono i due aspetti, che non dovrebbero invece incrociarsi. E questo, riprende Agnese Pini, è pericoloso. “La differenza principale è che i social sono un sistema che si fonda sull’opinione, pollice o cuoricino. L’opinione, che è cheap, non chiede particolari riflessioni. Tutto questo non ha niente a che vedere con l’informazione. Sembrerebbe un concetto banale, ma non così. L’informazione è costosa, l’opinione non costa. Mandare un inviato di guerra a Kiev o aprire una redazione a Fermo (che proprio sotto la sua direzione è stata chiusa, ndr) è costoso. Scrivere la prima cosa che ci viene in mente, non costa niente. Cogliere la differenza è fondamentale”.

Che si cerchi il cheap è ormai evidente. “Uscendo dalla carta stampata e dai social, guardando la televisione, i programmi più trasmessi, e quindi visti, sono i talk di opinione. Il motivo è che non costano niente. Mettere dieci persone attorno a un tavolo a chiacchierare non costa. Se mandi un inviato a Gaza o a Fermo, costa molto. L’informazione e i diritti sono costosi”.

I diritti restano quindi fragili in un’epoca di democrazia in crisi. “L’informazione è fondamentale per il suo sviluppo, insieme hanno come base il linguaggio e la parola. La rivoluzione per i diritti delle donne, che è stata pacifica, si è giocata sule parole. Quando viene sminuito il valore del linguaggio da parte delle donne stesse, mi fa male. Non è costume o leggerezza usare alcune parole, le donne hanno rivoluzionato i diritti parlando. Le parole possono moltissimo quando parliamo di temi come questo”.

Cita due esempi di ‘parole’ che stanno minando il sistema democratico. Il primo arriva dall’Argentina, dove sono stati sdoganati epiteti irripetibili per descrivere le persone disabili. Il secondo dall’America, dove la responsabile sicurezza di Trump, una specie di ministro degli Esteri, ha parlato dei migranti come sacchi di immondizia.

“E questo crea il linguaggio comune, se lo fa lei possono farlo tutti. Capite come una parola cambia il modo in cui guardiamo le cose. Noi facciamo esistere la realtà con le parole. Per questo il giornalismo ha, tra tanti limiti e difficoltà, un ruolo centrale. Pensate a ‘femminicidio’. Nel 2007 questa parola non esisteva, non si usava. È stato faticoso usarla, le parole nuove sono complesse da utilizzare, quando le parole creano dibattito fanno paura. Si diceva è ‘troppo lunga, non mi piace’. Ma le parole non si scelgono per qualità si suono, ma per senso. Le parole sono politiche e sono creatrici. Nella Bibbia la prima cosa che Dio chiede è di dare un nome al creato, le cose esistono nel momento in cui si chiamano”.

In questo le donne hanno un ruolo chiave. “Molte parole hanno una matrice patriarcale, ma ce ne è una che è donna: madrelingua. Perché la parola ha una forza creatrice, come una madre. È femminile il potere del linguaggio ed è bello che le battaglie dele donne si sono giocate sui termini più che sulla violenza. E non è un caso che quando si vanno a intaccare i diritti e le democrazie si parta dalle parole” conclude la direttrice di QN.

Raffaele Vitali

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