Trump, “ho scritto a Khamenei per un accordo sul nucleare” – La Discussione

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Se la situazione in Medio Oriente rimane incandescente, tra scontri in Siria, crisi umanitaria a Gaza e il delicato equilibrio dei negoziati sul cessate il fuoco, le recenti dichiarazioni di Donald Trump riguardo il nucleare iraniano e il conflitto tra Israele e Hamas complicano ulteriormente le cose. Il presidente degli Stati Uniti ha rivelato di aver inviato una lettera alla guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, nel tentativo di riaprire un dialogo sul programma nucleare di Teheran. Parallelamente, gli Stati Uniti stanno negoziando con Hamas per la liberazione degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, una mossa che ha irritato il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

I negoziati con Iran e Hamas

In un’intervista a Fox Business, Donald Trump ha dichiarato di aver scritto direttamente ad Ali Khamenei per discutere un possibile accordo sul nucleare. “Preferisco trovare un’intesa con l’Iran piuttosto che adottare altre misure, ma Teheran non può avere armi nucleari”, ha affermato Trump, lasciando intendere che ci sarebbero “altre opzioni disponibili” nel caso in cui i negoziati non andassero a buon fine. Questa mossa rappresenta un cambio di strategia rispetto alla sua precedente amministrazione, che aveva ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA) e imposto dure sanzioni economiche all’Iran. La reazione di Teheran resta incerta, ma la questione nucleare rimane uno dei nodi centrali della politica estera statunitense. Parallelamente Trump ha confermato che la sua amministrazione sta “negoziando con Hamas” per ottenere la liberazione degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza. Tuttavia, ha precisato: “Non stiamo pagando nulla, stiamo solo cercando di aiutare Israele a riavere i suoi cittadini”. Secondo il Times of Israel, il premier israeliano Benjamin Netanyahu non sarebbe stato informato in anticipo di questi colloqui e avrebbe espresso il suo disappunto al governo americano. La fuga di notizie ha portato a uno stallo nei negoziati in corso a Doha, che miravano alla liberazione dell’ostaggio israelo-americano Edan Alexander e alla restituzione delle salme di altri quattro prigionieri con doppia cittadinanza.

Gaza, Siria e la posizione della Cina

Hamas ha diffuso un video che mostra un ostaggio israeliano vivo, mentre una delegazione del gruppo è partita per il Cairo per discutere una possibile tregua con le autorità egiziane. Tuttavia, il piano arabo per il futuro di Gaza, presentato attraverso l’Egitto, è stato bocciato dagli Stati Uniti perché “non soddisfa le aspettative del presidente”, secondo la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce. Nel frattempo, la Cina ha preso una posizione netta contro le strategie statunitensi per Gaza. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha chiesto un cessate il fuoco “duraturo e globale”, sottolineando che “Gaza appartiene ai palestinesi e cambiarne lo status con la forza non porterà pace, ma solo nuovo caos”.

In Siria, la situazione rimane drammatica: secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, gli scontri a Latakia hanno causato almeno 124 morti, tra cui appartenenti alla minoranza alawita e membri delle forze di sicurezza. L’UNHCR ha segnalato il ritorno di circa 1,2 milioni di siriani nelle loro case dalla caduta del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, con la maggior parte dei rimpatriati provenienti dalla Turchia.

Erdogan, l’Ue e le tensioni in Israele

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rilanciato la richiesta di riaprire i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea, chiedendo inoltre di essere incluso nei programmi di riarmo e difesa dell’UE. “Vogliamo la piena adesione e crediamo che la nostra partecipazione ai piani di sicurezza europei sia fondamentale”, ha dichiarato Erdogan. In Israele, intanto, si segnala l’imminente uscita di scena del portavoce dell’IDF, Daniel Hagari, che lascerà il suo incarico nelle prossime settimane. Sebbene la decisione sia stata ufficialmente presentata come “concordata”, alcune fonti suggeriscono che Hagari abbia avuto attriti con il ministro della Difesa Israel Katz, che non avrebbe sostenuto la sua promozione. A Gerusalemme, infine, il primo venerdì di Ramadan è stato segnato da rigide restrizioni all’accesso alla Spianata delle Moschee, con limitazioni per uomini sotto i 55 anni e donne sotto i 50. Il governo israeliano ha giustificato le misure per motivi di sicurezza, ma la decisione ha alimentato ulteriori tensioni nella città.

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